IL BILANCIO SOCIALE: UN’OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE CHE ...



UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO

FACOLTA’ DI SOCIOLOGIA

Corso di laurea in sociologia

TESI DI RICERCA

IL BILANCIO SOCIALE: UN’OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE CHE SCOMMETTONO SUL TERRITORIO

Relatore:

prof. Antonio Scaglia

Autore:

dott. Stefano Marcora

Trento, marzo 2001

IL BILANCIO SOCIALE: UN’OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE CHE SCOMMETTONO SUL TERRITORIO

1. Perché il Bilancio Sociale nelle imprese?

2. I percorsi della rendicontazione sociale

3. Propositi del Bilancio Sociale

1. La comunicazione e la promozione

2. Strumento programmatorio e gestionale

3. Mezzo di partecipazione e di organizzazione interna all’impresa

4. Metodo di strategia sociale rivolto alle comunità locali

5. Conclusioni del capitolo

4. La pratica ed i procedimenti

1. La redazione del Bilancio Sociale

2. I metodi

3. I modelli di Social and ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR)

4. Conclusioni del capitolo

5. Gli standard internazionali di Responsabilità sociale e le interviste

1. Le società e gli standard internazionali

2. Interviste in profondità a professionisti che redigono la contabilità sociale

6. Il Bilancio Sociale nelle tipologie d’impresa nonprofit, profit e nella pubblica amministrazione: le esperienze

7. Le molteplici sfide del Bilancio Sociale

Appendici: gli standards internazionali SA8000 e AA1000

1. Perché il Bilancio Sociale nelle imprese?

Il concetto di Sviluppo sostenibile, presentato al mondo intero nel 1987 dal Rapporto Brundtland nell’ambito delle Nazioni Unite, focalizzava le aree di intervento su tre aspetti principali: economico, sociale (demografico) e ambientale (risorse naturali).

Le teorie sullo sviluppo sostenibile in questi anni stanno lentamente passando dalle pratiche di eco-efficienza e di salvaguardia dei sistemi naturali ed urbani ad incentrare le proprie risorse sulla società intesa come popolazione insediata in un territorio che condivide una o più culture. Convogliando e allargando la propria attenzione verso il Sistema sociale, il concetto e la pratica della sostenibilità trova il suo nesso principale, trova la chiave di volta che ingloba gli elementi tra loro. In uno dei temi cardine dello sviluppo sostenibile, la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni, il sistema società appare più che mai centrale per il suo ruolo di generatore di soluzioni compatibili con il futuro prossimo.

L’attenzione sistematica delle imprese agli impatti sociali creati dall’attività produttiva viene implementato almeno venti anni prima del Rapporto Brundtland, e precisamente dagli anni ’60 del secolo passato. In questo periodo, anche a seguito delle numerose pressioni e stimoli provenienti dall’esterno, le imprese elaborarono nuove risposte come maggiori garanzie sociali e di rappresentanza dei lavoratori. Le aziende si responsabilizzavano verso tutti gli impatti collaterali che la loro attività produttiva generava come i costi sociali, le spese sostenute dalla società che non offrivano benefici diretti a quest’ultima. Operazioni di bonifica ambientale a carico della comunità locale, come la depurazione delle acque inquinate da industrie o le spese sanitarie causate da emissioni dannose per la salute erano costi sociali o esternalità di cui le imprese cominciavano a farsi carico.

Si andava sviluppando quella che oggi viene chiamata la Responsabilità sociale delle imprese, una forma di apprendimento volontaria e spesso indotta dall’esterno, che porta ad un significativo livello di trasparenza e capacità di rispondere attivamente agli stimoli provenienti dall’esterno. Si tratta di un processo dinamico fatto proprio dal management di un’impresa profit o nonprofit che tende a rivedere e a sviluppare quei valori latenti presenti nell’azienda che producono socialità.

Anche la Business Ethics sta conseguendo un livello di sviluppo mai raggiunto. In un mondo in cui i rapporti sociali sono in continua evoluzione, dove alla globalizzazione succedono risposte localiste e identitarie, dove la cultura dell’apparenza e della comunicazione conquistano ruoli primari, un numero sempre maggiore di imprese si rende consapevole che per attraversare con successo le sfide dell’oggi nella conquista del domani devono attuare politiche di attenzione verso le comunità locali.

Passando all’ambito della comunicazione, cresce esponenzialmente la consapevolezza della funzione che l’impresa svolge nel campo sociale.

La comunicazione aziendale è sempre più destinata a superare il circuito riduttivo della comunicazione parcellizzata. Le varie attività informative tendono infatti ad essere realizzate e controllate in un’ottica di comunicazione integrale, dove non esiste più una serie di comunicazioni indipendenti tra loro e utilizzate solo in determinati momenti. Pensiamo ai rapporti approssimati e spesso schizofrenici delle imprese con i cosiddetti gruppi di pressione quali media, associazioni, comitati di cittadini, clienti, concorrenti, istituzioni pubbliche. Senza una programmazione appropriata della comunicazione integrale, l’immagine della singola azienda rischia di depauperarsi e soprattutto di lasciare ad altri un prolifico rapporto con il territorio.

L’incremento delle informazioni in quantità e qualità che l’impresa decide di trasmettere rende anche il tradizionale strumento del bilancio economico finanziario insufficiente. I bilanci ordinari, seppur arricchiti con dati e note collaterali, manifestano appieno i loro limiti. Oggi è necessario soddisfare la crescente domanda di informazioni anche sui riflessi sociali che derivano dall’attività svolta. Si avverte ormai la necessità di individuare nuovi strumenti che si adattino meglio alle esigenze particolari della comunicazione.

Quali sono, in sintesi, gli elementi che rilevano i nuovi orizzonti del cambiamento:

• l’impresa si autopercepisce come soggetto che sta nella società. Questa consapevolezza di partecipare alla vita sociale e di svolgere un ruolo attivo nelle interazioni con le diverse entità che compongono le comunità, nasce anche da una volontà di confronto sul territorio. Un efficace immagine metaforica è quella della Rete nella quale sono interconnessi disparati soggetti: il nodo-impresa costituisce un punto attraverso il quale transitano scambi di diverso genere. Nella rete l’impresa immette input economici, tecnologici ma spesso anche culturali, di attenzione verso l’ambiente, socializzanti e morali. La vera sfida dell’impresa dell’oggi è in primo luogo la capacità di instaurare relazioni permanenti con gli altri nodi della rete, in seconda battuta quella di capire i cambiamenti che avvengono nel sistema-rete. L’azienda che vuole rimanere punto di snodo focale dovrà curare maggiormente la comunicazione e differenziare gli scambi che non possono più limitarsi alle relazioni con i soggetti con cui tradizionalmente si confrontava (ad esempio i fornitori o i dipendenti), ma interagire con la società intera. Questo porta a:

• la componente economica si fonde con forza nella componente sociale. Non si parla più di dualismo tra ciò che riguarda la società e gli interessi particolari di un’organizzazione. Il rapporto che si instaura tra economia e territorio passa dalla indifferenza ad una consapevole reciprocità: entrambi apportano qualcosa all’altro con vantaggio per ambedue. Le nuove soglie della rendicontazione sociale e strategica integrano nella Triple bottom line i tre elementi focali dell’azienda: conto economico-finanziario e informazioni di natura ambientale e sociale, dando vita ad un unico documento che interessa tutti gli aspetti dell’impresa;

• la funzione dello Stato quale principale erogatore di benessere sociale si restringe a favore di altre figure. Il declino della sfera pubblica nel Welfare state favorisce e dà impulso al ruolo delle imprese nonprofit quali soggetti emergenti nel svolgere un ruolo sociale; anche le imprese forprofit guadagnano nuovi ruoli come attori sociali, consapevoli della loro responsabilità e soprattutto delle opportunità che si possono dispiegare davanti a loro;

• il fattore etico assume un ruolo centrale nell’ambito dell’impresa. Oggi non è più sufficiente offrire un bene o un servizio di qualità ad un prezzo concorrenziale; il consumatore/utente richiede alle aziende informazioni sempre più dettagliare riguardo alla provenienza, al rispetto delle normative, alla trasparenza dei processi, le finalità di un processo. Ne sono esempio i molteplici marchi di garanzia sviluppati nel nord Europa e nati per offrire una qualità globale del prodotto. Anche il successo di beni ecocompatibili proposti dalla grande distribuzione confermano questa tendenza. Le performance sollecitate da parte degli utenti nei confronti dell’impresa vanno progressivamente al di là degli ambiti implicati direttamente nell’acquisto e nel consumo di prodotti e servizi. La business ethic diviene un capitolo strategico nei processi di programmazione all’interno delle ditte, una qualità, un plusvalore, che apporta efficacia alla competizione aziendale. Questi processi di cambio avvicinano la realtà delle imprese che hanno come scopo principale il profitto alle specificità tipiche del mondo del nonprofit.

A queste quattro componenti se ne aggiunge un quinto:

• le imprese progressivamente prendono coscienza che la valutazione delle loro performances non è sufficientemente illustrata dal bilancio economico-finanziario. Il bilancio ordinario è lo strumento pubblico che relaziona l’andamento delle imprese, in esso vengono palesate le molte realtà presenti all’interno delle aziende; queste informazioni però si riferiscono prettamente alla sfera dell’impresa e dicono poco sul complesso mondo la circonda. Lo scopo primario della contabilità ordinaria è quello di riferire nel modo più chiaro possibile l’utile di competenza del periodo amministrativo ed il capitale netto di funzionamento ad esso strettamente legato. Il quadro che offre il bilancio economico è quindi orientato alla misurazione dell’utile e a fornire essenziali valutazioni di orientamento di mercato. Il riferimento principe del bilancio ordinario è il mercato. In questo sistema aziendale che raccoglie informazioni provenienti da rilevazioni contabili non vengono prese in considerazione fenomeni come i rapporti con le forze di lavoro, la qualità della vita, le relazioni con l’ambiente interno ed esterno. Ci sono beni e risorse che l’impresa utilizza e che mai verranno indicate nel bilancio di esercizio. Il livello di soddisfazione degli azionisti, dei soci, dei lavoratori, dei differenti pubblici, viene espresso solo in termini economici ma non si dice nulla sulla partecipazione diretta o indiretta al governo finanziario dell’impresa, sulla stabilità dei loro investimenti e più in generale su tutte le attese di ordine sociale e psicologico.

Simon Zadek (1997), uno dei maggiori esperti in tema di Responsabilità sociale, ingloba le ragioni del cambiamento sopra esposte in quello che chiama Triangolo razionale. Secondo Zadek esistono tre motivazioni principali, sovrapposte tra loro e intimamente legate, che giustificano questo cambio di mentalità e di azione da parte delle imprese:

1. la pressione esterna della società

2. il cambiamento culturale che ha radici nella globalizzazione

3. la gestione degli stakeholders

La pressione esterna è connessa a quel complesso e articolato arcipelago formato da singoli cittadini, organizzazioni non governative, mezzi di comunicazione, gruppi, associazioni, comitati e legislazioni nazionali o sovranazionali che spingono le imprese ad una maggiore trasparenza della propria condotta ed al miglioramento delle proprie relazioni con i loro pubblici.

Il cambiamento culturale delle imprese ha forti collegamenti con la globalizzazione dei mercati. In questi anni stiamo assistendo ad una serie di modifiche dell’assetto delle compagnie con un forte dominio a livello internazionale dei gruppi transnazionali che effettuano alleanze strategiche per aumentare il potere di influenza e il conseguente ampliamento del mercato per i loro prodotti o servizi. Legata a questa globalizzazione del mercato, si sta sviluppando da parte delle imprese una maggiore coscienza che le questioni che riguardano l’etica, la società e l’ambiente devono essere imprescindibilmente affrontate.

Il terzo elemento del Triangolo razionale proposto da Simon Zadek (1997) è la gestione degli stakeholders. Questa componente di cambiamento si lega con forza alle altre due precedenti motivazioni. La coordinazione dei detentori di interesse nell’impresa (stakeholders) diviene un elemento strategico per la gestione e la conduzione efficace dell’azienda. Tutti i gruppi di coloro che indirettamente od indirettamente hanno a che fare con l’impresa, oltre ad apportare stimoli e contenuti, devono essere considerati con sempre maggiore attenzione da parte della dirigenza di una compagnia.

Il Triangolo razionale proposto da

Simon Zadek (1997)

Gli elementi risultanti dai paragrafi iniziali pongono all’attenzione una serie di questioni che emergono in modo preponderante e che saranno oggetto d’analisi in questo lavoro:

Come considerare gli effetti sociali dell'attività di un'organizzazione? Come restare nel mercato ed essere competitivi socialmente? Come fornire beni e servizi offrendo quella necessaria trasparenza agli utenti/consumatori/soci? Perché coinvolgere i pubblici detentori di interesse?

Le questioni sopra riportate definiscono l’aspetto dominante di questo lavoro di ricerca: il Bilancio Sociale nelle imprese è utilizzato principalmente come strumento di strategia commerciale e di comunicazione, oppure le aziende lo implementano perché credono nell’importanza della Responsabilità sociale? In altre parole, la rendicontazione sociale è puramente un atto di marketing, oppure è qualche cosa di più che nasce da una reale volontà di coinvolgere gli stakeholders nella crescita dell’impresa?

Queste domande focali costituiranno da filo conduttore durante tutto lo scritto per convergere verso gli ultimi tre capitoli dove vengono analizzate in dettaglio. Nel capitolo 5 si è cercato di fare emergere queste contraddizioni interne alla pratica della rendicontazione sociale, esaminando i modelli considerati più significativi dalle organizzazioni che, da anni, si impegnano nell’introdurre sistemi di comparazione e di verifica della Responsabilità sociale nelle imprese; a seguito vengono realizzate le interviste in profondità a professionisti che hanno esperienze dirette in tema di Bilanci Sociali per le organizzazioni profit, nonprofit e pubbliche. In maniera analoga si è proceduto nel capitolo 6 analizzando profondamente le realtà più significanti di valutazione sociale in Italia e nel mondo per tipologia di vocazione aziendale. Il capitolo conclusivo si propone di tirare le somme sull’utilizzo strumentale o sociale della Responsabilità sociale da parte delle imprese, analizzando le interviste qualitative strutturate e le pratiche di rendicontazione sociale nelle imprese.

2. I percorsi della rendicontazione sociale

Il problema dell’economia eticamente sensibile è una questione che viene da lontano. Sin dalla metà del secolo passato si cominciarono a gettare le basi per una possibile mediazione tra etica ed economia. La prima implica il richiamo ad una serie di valori e di comportamenti di ordine morale, quelli che vengono chiamati principi superiori, mentre l’economia mira all’efficienza, alla massimizzazione del profitto provocato dalla trasformazione di un bene od un servizio.

Sviluppo delle imprese e conservazione dell’ambiente, profitto e diritti dei lavoratori, efficienza e giustizia distributiva sono binomi che spesso nei decenni passati sono entrati in contraddizione tra loro provocando non pochi sommovimenti. I conflitti sindacali, le conquiste da parte della classe lavoratrice, lo sviluppo dei movimenti ecologisti, la creazione di corporazioni imprenditoriali, la valutazione dei costi sociali delle industrie e del loro impatto sul territorio, sono tutti pezzi di storia anche dei giorni nostri che testimonia l’apparente dualismo tra etica ed economia.

Nell’ evoluzione delle imprese progressivamente si tentò di individuare un ragionevole compromesso tra etica ed economia introducendo i primi bilanci economici riclassificati attraverso il calcolo del valore aggiunto, poi si introdussero i bilanci socio-ambientali.

Il valore aggiunto

Dopo la fine della seconda guerra mondiale nel mondo anglosassone si svilupparono i primi calcoli del valore aggiunto. Imprese come la Ford, la United Steel, la Vauxhall implementarono la riclassificazione del bilancio economico finanziario con lo scopo principale del miglioramento delle relazioni con i propri dipendenti.

Il valore aggiunto rappresenta la ricchezza creata dalle imprese. Esso si ottiene quando il valore dei beni e servizi prodotti supera quello dei beni e servizi acquisiti; indica la vitalità e la capacità di generare nuova ricchezza da parte di un azienda.

L’utile effettivo apportato dalle aziende è correlato al benessere sociale. Secondo Trabucchi (1975) il valore aggiunto rappresenta “il contributo dell’impresa alla prosperità sociale”; egli afferma inoltre che proprio la capacità di aggiungere valore alle risorse acquisite dall’ambiente costituisce “la prova e la giustificazione della responsabilità dell’impresa”. Tuttavia perché si abbia una correlazione positiva tra benessere dell’impresa e benessere sociale è necessario che la ricchezza prodotta dalle imprese sia distribuita tra coloro che hanno partecipato a crearla. La realizzazione di un risultato reddituale positivo e la conoscenza della sua destinazione mettono in grado l’azienda di soddisfare le attese economiche e sociali al suo interno e all’esterno.

Nei paesi anglosassoni ed in Germania si utilizza ancora oggi frequentemente lo strumento del valore aggiunto all’interno del bilancio d’esercizio. La riclassificazione dei dati e dei valori presenti nel bilancio economico finanziario interessa voci come le vendite (clienti), i salari e stipendi (dipendenti), gli utili, le riserve, gli ammortamenti. Questa riclassificazione del bilancio, con la ripartizione del valore aggiunto, permette di informare e di esporre con chiarezza la distribuzione della ricchezza prodotta dall’impresa che viene suddivisa sotto forma di remunerazioni di varia specie a coloro che ad essa sono legati da relazioni istituzionali. È un procedimento che si inserisce nella maggiore volontà da parte delle imprese di presentare dati trasparenti ai propri pubblici di riferimento.

Il modello tedesco utilizza il calcolo del valore aggiunto all’interno della metodologia proposta dal gruppo di lavoro Sozialbilanz-Praxis. Questo sistema fa riferimento ad un contenuto più ampio, articolato in tre parti: il resoconto sociale, il calcolo del valore aggiunto e la contabilità sociale. Nel resoconto sociale vengono indicate le informazioni riguardanti il rapporto con i dipendenti e le relazioni impresa-territorio. Il calcolo del valore aggiunto dell’impresa è il bene ridistribuibile tra i portatori di interesse dell’azienda e viene considerato come contributo alla formazione del reddito nazionale. Nella contabilità sociale vengono calcolati e quantificati i costi ed i vantaggi di origine sociale ed ambientale.

Il calcolo del valore aggiunto poco però spiega sui reali impatti dell’azienda sulla società e sull’ambiente, siano essi positivi che negativi. Infatti la riclassificazione del bilancio economico nulla illustra riguardo ai costi sostenuti dalla società in seguito alle conseguenze derivanti dall’attività produttiva di un azienda; parallelamente nulla si conosce sui benefici sociali che si riassumono nel miglioramento della qualità della vita per il territorio. Le informazioni offerte dal valore aggiunto non permettono di individuare il grado di soddisfazione dei clienti/utenti, non esplicitano le attese e le proposte dei fornitori, poco spiegano sulla qualità dei beni e servizi offerti, sull’immagine esterna che si è creata l’impresa.

Il valore aggiunto comunque ha svolto e svolge un ruolo sostanziale perché ha permesso lo sviluppo di sistemi contabili che tengono in considerazione alcune variabili di trasparenza e di comunicazione da parte dell’impresa. Il valore aggiunto spesso è utilizzato come primo gradino per la redazione del Bilancio Sociale o come sua integrazione. Un altro valore positivo del bilancio riclassificato viene dal fatto che, essendo per alcuni paesi uno strumento consolidato nel tempo, è implementato anche quando la situazione politica tende ad emarginare le tematiche poste in essere dal Bilancio Sociale.

Il codice etico d’impresa

Il codice etico delle imprese nasce con l’intento di cercare di standardizzare l’insieme delle tensioni morali delle organizzazioni e di rendere compatibile il binomio sviluppo e rispetto per il territorio inteso in senso ampio. In altre parole il codice permette di organizzare una serie di norme che si da volontariamente l’impresa per migliorare i suoi rapporti con l’ambiente e con i pubblici cui deve fare riferimento.

All’interno delle aziende il codice etico ha lo scopo di regolare le pratiche dove sono coinvolti le forze di lavoro, gli azionisti, i soci, i clienti/utenti; in generale tutti quelli che sono considerati i portatori di interesse nell’impresa. Spazio non residuale è quasi sempre riservato al territorio ed alle comunità locali.

Nel concreto la compagnia, dopo aver definito una serie di valori rappresentativi specifici di se stessa, si dota volontariamente di una serie di norme che hanno come fondamento (Ranghieri, 1998):

- disciplinare la responsabilità sociale nei confronti dei diversi pubblici;

- regolare i rapporti di lavoro, i rapporti con i clienti, con la concorrenza e con le istituzioni;

- tutela delle minoranze, pari opportunità per le donne, ai portatori di handicap, e agli invalidi;

- maggiore sensibilità nell’attuare politiche per l’ambiente, la ricerca e lo sviluppo sostenibile;

- contrastare le pratiche di corruzione e conflitti d’interesse aumentando il grado di conformità alla legge;

- implementare i rapporti con la comunità locale anche attraverso contributi sociali e attività culturali;

- verifica periodica dell’attuazione del codice etico in tutte le sue forme.

Le caratteristiche fondanti del codice nascono dalla partecipazione dei dipendenti alla sua definizione, facilitando di conseguenza anche la loro adesione volontaria. Anche la commissione che lo elabora dovrebbe essere costituita da membri di tutte le categorie di portatori d’interesse nell’azienda.

In Italia gli esempi di codice etico sono ancora parzialmente estesi. Secondo una datata ricerca della Asfor risalente al 1989 che intervistava 200 dirigenti d’azienda, circa il 20 per cento delle aziende nazionali possedeva un codice etico. Di queste buona parte erano imprese estere che utilizzavano il codice proveniente dalla casa madre.

La fondazione Eni Enrico Mattei ha elaborato una serie di linee guida che definiscono un percorso generale per la creazione del codice etico. Si tratta di principi, regole e contenuti che interessano una serie di argomenti che vanno dall’aspetto economico all’ambiente, alla sicurezza dei dipendenti.

Secondo S.C.S. Consulting (), una società di consulenza italiana, i passi per attuare il codice di responsabilità dell’azienda sono:

• Verifica dell'esistenza o costruzione ad hoc di atti formali o dichiarazioni che definiscono la missione o il campo valoriale tipico dell'impresa ( per quanto riguarda questo passo non esiste la differenza tra la costruzione del Codice e l'impianto del Bilancio Sociale).

• Determinazione dei criteri di comportamento considerati emblematici e riassuntivi e costruzione di una bozza di riferimento.

• Diffusione del codice in bozza all'interno dell'organizzazione come momento di discussione sui principi, obiettivi e stili dell'organizzazione. Successiva correzione, precisazione e varo formale.

• Identificazione delle procedure attuative e delle istituzioni interne o esterne con il compito di garantire la diffusione e il rispetto del codice.

• Impostazione del piano di comunicazione e del sistema informativo adatto a valutare gli effetti della introduzione e applicazione del codice.

A livello internazionale spicca la lunga esperienza dell’organizzazione nonprofit statunitense Ethics Resource Center e quella della più recente Ethics in Action.

L’Ethics Resource Center (ERC, ) è nata nel 1977 con lo scopo di promuovere comportamenti etici negli individui e nelle istituzioni. Il loro lavoro si sviluppa con la diffusione del codice etico per le imprese, con pubblicazioni di documenti educativi tesi alla promozione di un comportamento etico e con il conferimento di attestati annuali d’onore in etica. Ogni anno ERC diffonde una mappatura aggiornata delle imprese nazionali che adottano norme etiche al loro interno.

Sempre nel continente americano, è di notevole interesse il lavoro compiuto dalla canadese EthicScan (). L’organizzazione si concentra sulla ricerca e la valutazione delle performances etiche, ambientali e sociali delle maggiori 1.500 imprese operanti in Canada, pubblicando periodicamente un documento informativo sulle performances di queste aziende. Come nel caso di Council of Economic Priorities (CEP) negli Stati Uniti, EthicScan edita una guida al consumo etico sui prodotti venduti nei supermercati canadesi; nella guida, l’organizzazione presenta al consumatore delle schede informative relative a più di cento imprese produttrici. EthicScan Canada valuta le imprese sulla base di dieci indicatori: etica d’impresa, occupazione e pari opportunità, relazioni con le comunità locali, valorizzazione delle risorse umane, partecipazioni agli utili da parte dei dipendenti, trasparenza dell’informazione offerta, relazioni industriali e sicurezza sul lavoro, management ambientale, performances ambientali e relazioni internazionali.

Ethics in Action () è un’organizzazione canadese creata a Vancouver che monitora la responsabilità sociale delle imprese con la convinzione che la sostenibilità ambientale e sociale misurata a lungo termine è l’elemento di forza della qualità della vita presente e futura. La sostenibilità socio-ambientale, secondo Ethics in Action, la si può raffigurare come un puzzle nel quale sono inseriti diversi costituenti:

➢ protezione ambientale;

➢ business ethics e codice etico;

➢ sviluppo delle comunità attraverso la mutualità;

➢ relazioni internazionali nel diffondere standard sociali, etici e ambientali;

➢ regolamentazione dei rapporti di lavoro e integrità morale;

➢ responsabilità fiscale e valutazioni delle performance etiche delle imprese.

Ethics in Action conferisce annualmente degli Awards alle imprese e a individui che si sono distinti nell’implementazione della responsabilità sociale. Il programma delle premiazioni nasce con l’intento che: “Esempi di etica in azione devono essere celebrati, imitati e utilizzati per educare singoli ed imprese. Ethics in Action vuole dimostrare che le organizzazioni e il pubblico che fa loro riferimento possono condividere i profitti invece di competere per essi.”

Con molte analogie rispetto al codice etico, secondo Bureau Veritas Quality International (), nasce nel 1991 negli Stati Uniti il primo Codice di condotta (Code of conduct). Venne introdotto dalla compagnia Levi’s in seguito a pressioni esterne di opinione pubblica per migliorare e rendere trasparenti le filiere di produzione, soprattutto quelle provenienti da Terzo mondo. Il codice può essere di provenienza esterna o costituito all’interno dell’impresa; generalmente riguarda il rispetto dei diritti umani. Consiste in una serie di criteri che cercano di combinare pratiche sociali con operazioni economiche di mercato. Le aziende che si danno un proprio codice di condotta aumentano la fiducia da parte dei propri clienti/utenti e migliorano le performances generali.

Nell’attualità esistono centinaia di tipologie di codici di condotta che si adattano alle molteplici specificità produttive, culturali, merceologiche delle imprese sparse per il mondo intero. Esso è uno dei metodi più utilizzati dalle compagnie transnazionali per avere assicurazioni del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori da parte delle filiali dislocate nei paesi in via di sviluppo.

L’esigenza di un cambiamento caratterizzato sui valori etici e morali è stata percepita anche dal mondo finanziario: alcuni istituti di credito e società finanziarie da poco si stanno dotando di strumenti appropriati per far fronte alla domanda di solidarietà proveniente dalla società civile. L’esempio italiano di credito totalmente dedicato alla crescente domanda di finanza solidale è quello della Banca popolare etica. La Banca etica nasce nel 1998 con sede a Padova; alla sua costituzione contava 13.000 soci e oltre 13 miliardi di capitale sociale. La cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, il settore dei beni culturali e della animazione culturale ed il settore ambientale sono gli ambiti prioritari in cui opera la Banca etica.

Tuttavia, nonostante il crescente sviluppo del privato sociale e alle loro richieste di un sistema finanziario più etico, nel complesso non si può ancora parlare di una vera e propria rete di credito etico. Le aziende faticano ancora ad accedere all’universo etico per diverse ragioni: diffidenza verso le nuove realtà creditizie, network ancora troppo poco sviluppato, precedenza rivolta al mondo nonprofit.

Il codice etico è utilizzato molto frequentemente nella redazione del Bilancio Sociale. L’insieme delle norme comportamentali ad indirizzo etico contenute nel codice etico hanno lo scopo definire i comportamenti degli attori che si relazionano con l’impresa. Il codice, la carta dei valori o lo statuto dell’impresa contribuiscono a formare quell’impalcatura valoriale su cui si costruirà il Bilancio Sociale.

Introduzione ai bilanci sociali

La diffusione del Bilancio Sociale nelle imprese dei paesi occidentali avviene in modo lento e discontinuo, con varianti anche significative, per cui pare più appropriato parlare di bilanci sociali usando il plurale.

Il calcolo del valore aggiunto, come abbiamo visto, muove i suoi primi passi dopo la fine della seconda guerra mondiale; negli anni ’50 del secolo passato nasce la presa di coscienza da parte di alcune imprese che per la misurazione delle performances globali di un’azienda le pur interessanti informazioni fornite dal bilancio riclassificato non sono sufficienti.

In questi anni i cambiamenti sociali e industriali sono poliedrici: l’affermazione definitiva del welfare state nelle società occidentali, la diffusione di una mentalità con maggiore rispetto per l’ambiente, l’espansione e la globalizzazione dell’industria, lo sviluppo di movimenti organizzati.

I gruppi di pressione, da una parte, e le aziende di maggiore portata, dall’altra, sollecitano e percepiscono la necessità di una rendicontazione dei risultati in termini di responsabilità sociale. Tale responsabilità implica sicuramente dei maggiori doveri da parte delle imprese nei confronti del territorio, della comunità, dei dipendenti, ma, altra faccia della medaglia, permette di ottenere maggiori informazioni utili alla strategia dell’impresa.

Negli anni settanta del ventesimo secolo si sviluppa soprattutto nei paesi anglofoni la pratica dell’informazione sociale da parte delle imprese; nel 1977 in Francia diviene obbligo per legge l’elaborazione del Bilancio Sociale legato al rapporto di lavoro per le aziende.

L’American Accounting Association nel 1976 individua sei modi di attuare il Bilancio Sociale:

1. contabilità e valutazione dell’impatto dei programmi di responsabilità delle imprese: implica la valutazione dell’impatto in seguito a stanziamenti per programmi sociali;

2. contabilità delle risorse umane: calcolo del valore del capitale umano;

3. misurazione dei costi sociali selezionati: valutazione relativa a specifici investimenti sociali;

4. misurazione del completo impatto di un organizzazione sulla società: valutazione dell’impatto globale di un impresa sita in un determinato territorio;

5. rendiconto sociale: rendiconto degli interventi attuati nei punti 1 e 4;

6. contabilità e rendicontazione per programmi pubblici.

I molteplici tentativi di redazione dei primi bilanci sociali dettero origine a disparati approcci (Rusconi, 1988), come il bilancio a spese sociali che elenca unicamente le varie tipologie di realizzazioni nell’ambito del sociale e gli adempimenti contrattuali con i dipendenti da parte delle imprese. Un altro approccio è quello dell’analisi dei programmi dove le aziende verificano gli effetti dei loro programmi sul territorio, implementando un uso strategico che valuta i livelli di efficacia ed efficienza di settori definiti. L’inventario sociale si collega facilmente al bilancio d’esercizio in quanto mira a fornire informazioni come statistiche, considerazioni generali, inchieste sulla vita dell’azienda. Il total impact reporting (Matheus, 1993) aveva lo scopo di tradurre numericamente tutte le interazioni sociali di un’azienda, una specie di valutazione monetaria dei costi sociali provocati o voluti dall’impresa. Questo modello, leggermente modificato, venne utilizzato dalla Deutsche Shell nel 1975.

Tutte queste esperienze erano determinate dal carattere volontario delle imprese che si facevano carico della formulazione e dell’implementazione del rapporto sociale. Tranne che nel caso della Francia dove per determinate imprese il Bilancio Sociale era obbligatorio, nel resto del mondo viaggiava sotto il segno della spontaneità attuativa.

Proprio questa assenza si stimolo esterno determinò l’allentamento dell’interesse verso i bilanci sociali degli anni ’80. Le imprese valutavano oneroso il costo per la redazione e la realizzazione del rapporto sociale e avvertivano la sua introduzione solo in termini di aumento delle spese dovute ai costi sociali. Esternalità che peraltro non venivano ravvisate nel bilancio economico finanziario. Altre aziende non accettavano il Bilancio Sociale semplicemente perché veniva percepito come un’ingerenza da parte della società verso la loro proprietà privata.

Dal 1990 in poi cominciò il risveglio dell’interesse nei confronti delle pratiche di rendicontazione socio-ambientale. I motivi di questa ripresa sono imputabili al crescente peso delle problematiche ambientali e a quelle della sostenibilità dello sviluppo.

Il successivo capitolo cerca di riassumere le cause che crearono le condizioni per l’affermazione del Bilancio Sociale nelle imprese.

I fattori che determinarono l’avvento del Bilancio Sociale

La maggioranza degli analisti concorda nell’individuare due fattori primari nell’avvento del Bilancio Sociale per le imprese (Viviani, 1999):

- la diffusione della teoria degli stakeholders nel mondo delle imprese;

- la ricerca di nuove formulazioni dei sistemi contabili per renderli più trasparenti e leggibili.

Altri autori includono a questi due elementi all’interno de:

- la teoria sistemica dell’impresa.

Teoria sistemica. La teoria sistemica annette l’impresa e la società in un'unica visione d’insieme in quanto le loro relazioni dirette ed indirette sono osservabili meglio congiuntamente. Questa teoria, richiamata anche dagli studi di economia aziendale, definisce sistema un insieme di elementi legati da vincoli e da relazioni di complementarietà.

La teoria sistemica considera l’impresa come un sistema sociale aperto (Masini, 1979) che effettua interrelazioni con l’ambiente, ricevendo e inviando informazioni. L’impresa esce dallo stereotipo di soggetto economico unitario che risponde alle sollecitazioni in modo deterministico, ma interagisce come un sistema aperto. Nel sistema azienda agiscono una serie di figure interne le quali apportano una serie di aspettative congiuntamente ai pubblici esterni che, volontariamente od involontariamente, partecipano a questa interazione. Quindi appare necessario considerare che la distinzione tra soggetti interni ed esterni tende a sfumare.

L’impresa essendo parte integrante di questo sistema diviene uno dei fulcri, o dei nodi, dove transitano le aspettative e gli stimoli dei diversi elementi che combinano la società. Passando attraverso il sistema azienda questi input modificano e vengono modificati dal nodo-sistema. All’interno di questo paradigma si sviluppa la responsabilità dell’impresa verso gli stakeholders.

La teoria degli stakeholders. Il termine nasce da una ricerca pubblicata nel 1963 dallo Stanford research institute negli Stati Uniti dove si denominavano stakeholders i gruppi senza il cui appoggio un organizzazione non è in grado di sopravvivere.

Simile alla parola stockholder, azionista, per stakeholders si intendono i gruppi che influenzano e vengono influenzati dalle attività dell’impresa; questa reciprocità può dipendere o meno dal volere degli stakeholders stessi. Tradotto letteralmente dall’inglese significa portatore di interesse (da “stake”, posta, scommessa) che quindi include una serie disparata di pubblici come gli azionisti, i clienti, i soci, gli utenti/clienti, i finanziatori, i dipendenti, i concorrenti, le istituzioni e la società in generale. Tutte queste figure hanno nei confronti dell’azienda una serie di aspettative e interessi di diversa natura con cui l’impresa si deve confrontare.

Uno studio di Freeman e Reed (1983) identifica due tipologie di portatori di interessi: coloro che hanno a che fare in qualche modo con l’impresa (concetto ampio) e coloro che dipendono direttamente dalla sopravvivenza dell’impresa (concetto ristretto). In genere si conviene con il concetto ampio di stakeholders per il chiaro motivo che anche i gruppi esterni l’impresa hanno potere di influenzarla avendo uno “stake”, una posta, nei confronti di quest’ultima.

Gli stakeholders, nell’ambito degli studi di strategie aziendali che si svilupparono con forza negli anni ‘70, allargano la percezione all’interno dell’impresa: l’azienda non può più limitare i suoi piani strategici ai dipendenti o ai clienti per mantenere il rapporto efficacia-efficienza necessario alla sua sopravvivenza.

Secondo la teoria degli stakeholders si individuano due diversi approcci. Nel primo è la società che si pone da tramite nel rapporto portatore di interesse-azienda. In questo modo l’impresa si sente vincolata a diffondete informazioni e dati sull’attività svolta.

Il secondo approccio vede l’impresa che di propria iniziativa cerca un rapporto costruttivo con i diversi pubblici di riferimento identificando gli interlocutori.

Come possiamo vedere dallo schema sotto riportato, con il tempo si è articolata una mappa degli stakeholders che contempla la suddivisione dei pubblici che coinvolgono e vengono coinvolti dall’impresa.

Gli stakeholders sono suddivisi in tre gruppi, secondo la prossimità all’impresa, in:

➢ stakeholders secondari che rappresentano la comunità nel senso più amplio che va dagli enti privati all’ambito internazionale, passando per i gruppi di pressione;

➢ stakeholders primari esterni sono gruppi d’interesse che hanno a che fare direttamente con l’impresa, ma dall’esterno;

➢ stakeholders primari interni i soci, i lavoratori, il volontari per le imprese nonprofit, sono coloro che detengono una posta (stake) all’interno della struttura aziendale.

Stakeholders secondari

Comunità nazionale Comunità

e internazionale europea

Stakeholders primari

esterni

Opinione Comunità locale Governo

Pubblica Erario Enti Locali

Sindacati Donatori

Assicurazioni Stakeholders

Gruppi primari interni Partner

di pressione Banche Soci Enti pubblici e

dipendenti Imprese profit Locali

Partiti Banche etiche Soci lavoratori partner o

Volontari sponsor Organi di controllo

Mass media Fornitori

Clienti Enti religiosi

Scuole e università Consorzi Enti nonprofit

Federazioni partner Fondi d’investimento

Enti nonprofit concorrenti profit

Concorrenti nonprofit e pubblici

Mappa degli stakeholders dell’impresa (tratta da “La qualità nell’impresa sociale”)

Appare evidente dalla mappa degli stakeholders la molteplicità dei pubblici che si confrontano con l’impresa, di conseguenza strutturata dovrà essere la strategia per comunicare, ricevere stimoli, sapersi presentare e soprattutto confrontarsi con il variegato universo che attornia il nodo-impresa.

Nella Legitimacy theory (Lindblom,1994) gli stakeholders e l’azienda si confrontano sulla base dei valori. Come sappiamo i valori sono ideali durevoli ed astratti che riguardano sia la condotta attuale che gli scopi dell’esistenza. I valori, a differenza dei bisogni sono frutto di una scelta libera e responsabile. Secondo la teoria della legittimazione, se i valori degli stakeholders combaciano con quelli dell’impresa aumentano le probabilità di successo a lungo periodo per quest’ultima.

Il Bilancio Sociale ha l’obbiettivo di legittimare il ruolo dell’azienda nella società mettendo in primo piano il rapporto con gli stakeholders. Le strategie aziendali indicano che quando un’impresa si trova minacciata dall’esterno, e quindi a rischio di crollo delle proprie performance, può ricorrere a:

1. distrarre l’attenzione degli stakeholders;

2. tentare di proiettare le cause della delegittimazione su altri motivi;

3. educare i propri stakeholders con lo scopo di responsabilizzarli e rendere partecipi del processo produttivo i pubblici vicini all’azienda;

4. cercare di modificare le aspettative degli stakeholders riguardo le proprie performance.

Queste quattro strategie vengono attuate nella loro completezza se incorporate nella globalità del Bilancio Sociale.

Come abbiamo visto gli stakeholders rappresentano i diversi pubblici che direttamente o indirettamente hanno a che fare con l’impresa, anche senza rivestire interessi di tipo commerciale; questi interessi apportati dagli stakeholders sono dei più disparati. Non si può parlare quindi di un blocco compatto di aspettative nei confronti dell’azienda, ma di una multivariata tipologia di interessi e ogni categoria di stakeholders ne apporta una differente.

Con un netto anticipo rispetto all’evoluzione della rendicontazione sociale, la teoria degli stakeholders mette in discussione il rapporto dell’azienda con il mondo esterno, destrutturando la sensazione di impresa vista come unità a sé stante ed autarchica. È il concetto stesso di partecipazione all’universo aziendale messo in discussione che non è più unicamente legato alla contrattazione sul lavoro nel binomio sindacato-azienda ma aperto a tutti gli interlocutori presenti nella società.

Tipologie di rendicontazione sociale e definizioni

Molteplici sono le configurazioni di rendicontazione sociale che sono andate definendosi negli anni. Il Bilancio Sociale si presenta spesso sotto le spoglie di diverse terminologie che possono indicare il livello di approfondimento raggiunto dal rapporto, le modalità usate per il procedimento, oppure la precisazione dello stesso significato.

Vaccari (1998) ne individua quattro classi:

Rapporto sociale. Il rapporto sociale è un lavoro che sviluppa parzialmente lo “stato sociale” ed i propositi dell’impresa, relazionandone la condizione e l’implementazione dei programmi sociali. Si tratta di un documento modesto contenente un insieme di notizie d’interesse per l’azienda destinato prevalentemente ad uso esterno per la comunicazione.

Bilancio di responsabilità sociale. In questo bilancio si da rilievo alla politica e agli impegni della compagnia nei confronti degli stakeholders attraverso un processo organizzativo che in seguito valuterà i risultati ottenuti.

Bilancio Sociale. Il Bilancio Sociale è uno strumento gestionale integrativo del bilancio d’esercizio che ha lo scopo di conoscenza e di valutazione in merito all’aspetto sociale dell’attività di un impresa. Al suo interno si fraziona in una serie di bilanci che valutano le distinte utilità per gli stakeholders.

Bilancio Sociale cooperativo. È specifico delle organizzazioni cooperative inserendo al suo interno le caratteristiche peculiari delle imprese nonprofit.

In inglese ed a livello internazionale si incontrano diverse terminologie relative alla rendicontazione sociale che spesso presentano tratti analoghi o addirittura significano la stessa cosa:

social report;

social account;

social balance;

intellectual capital;

intellectual balance;

ethical audit;

social audit.

In generale nelle procedure di rendicontazione sociale sono di comune accordo i seguenti termini che spiegano anche sulle modalità di redazione:

• Report (rapporto). È il rapporto sociale, inteso come procedura blanda eseguita dall’impresa che focalizza solo particolari questioni.

• Balance/Account (bilancio/resoconto-rendicontazione). Il sistema di procedura e di sistematicità di valutazione d’impatto sociale viene cooptato dal bilancio d’esercizio, tenendo quest’ultimo come base elaborativa.

• Audit (revisione, certificazione). Implica una redazione del Bilancio Sociale completa con la verifica esterna da parte di società specializzate o da singoli esperti nominati dall’impresa.

Social account e Social audit è la distinzione principale proposta da Pestoff (1996) per porre chiarezza all’interno delle molteplici terminologie. Il Social account è inteso comunemente come resoconto delle performance sociali dell’azienda e si realizza utilizzando gli stessi sistemi con cui si appronta il bilancio finanziario. A volte il Social account è utilizzato per indicare anche il rapporto sociale.

Il Social audit è il Bilancio Sociale comprendente la verifica esterna da parte di una società di revisione che ne attesta l’autenticità. Un altro significato che prende è quello di un rapporto sociale realizzato da un ente o un’organizzazione esterna.

3. Propositi del Bilancio Sociale

In questo capitolo della ricerca esamineremo le varie utilità che si producono per le imprese e per la società attraverso la realizzazione del Bilancio Sociale.

Occorre preventivamente segnalare che il Bilancio Sociale non è la panacea di tutti i mali: se un’azienda o una cooperativa o un’associazione è condotta male o è in passivo, certo questo tipo di rendicontazione porterà ben poco alleviamento. Inoltre il lavoro di costruzione del Bilancio Sociale potrebbe sollecitare l’emersione di una serie di problemi di ordine organizzativo, dinamico e strutturale all’interno dell’organizzazione. Quando si procede nell’implementazione del Bilancio Sociale un proposito è quello di far emergere i nodi relazionali e le difficoltà nello scambio tra organizzazione e stakeholders per meglio conoscere la mappa delle relazioni.

Il Bilancio Sociale è destinato a quelle imprese che godono di buona salute ed ha lo scopo di migliorare ulteriormente le loro performance, aumentando la conoscenza su quello che sta loro attorno. La comprensione approfondita delle realtà che attorniano il sistema aperto dell’impresa permette l’implementazione di strategie indirizzate ai diversi pubblici. Il Bilancio Sociale non deve limitarsi ai risultati positivi dell’organizzazione, ma dovrebbe fare uno sforzo per analizzare gli elementi critici e negativi, anche se spesso questo approccio suscita resistenze da parte del management.

L’attuazione del Bilancio Sociale permette di fornire informazioni di natura sociale che si integrano a quelle economiche per attuare politiche attive verso gli stakeholders.

Il Bilancio Sociale è un sistema di rendicontazione del contenuto di socialità presente nell'attività di un'organizzazione, ovvero l’analisi degli elementi per i quali gli interlocutori e la società possono nutrire fiducia nell'impresa. Si tratta quindi di uno strumento di gestione della fiducia nei confronti di chi riceve il prodotto o il servizio dell’impresa, ovvero gli utenti consumatori, i fruitori e degli stakeholders secondari (comunità internazionale, gruppi di pressione, enti locali, concorrenti, istituzioni). È infine strumento di gestione di fiducia con gli stakeholders primari interni (dipendenti, fornitori, clienti, soci). In questo senso potremmo impropriamente definirlo come un modo per evidenziare le specificità di buon comportamento, di buone regole e di gestione delle risorse umane.

1. La comunicazione e la promozione

Acquisendo una definizione di Luciano Gallino (1989) sul concetto di comunicazione, possiamo scrivere: “Per comunicazione si intende tanto un trasferimento di informazioni codificate da un soggetto ad un altro, tramite un processo bilaterale di emissione, trasmissione, ricezione ed interpretazione, quanto una relazione sociale nella quale due o più soggetti arrivano a condividere particolari significati”.

Nell’ambito della comunicazione d’impresa si possono attuare i seguenti comportamenti (Ranghieri, 1998):

• comunicazione di reazione, quando l’impresa si trova a dover gestire una serie di pressioni provenienti dall’esterno che la obbligano a replicare. Si tratta di una risposta d’emergenza e spesso con risultati contrastanti;

• comunicazione di risposta, nel caso cui l’azienda sia obbligata a dover rendere conto del proprio operato alle istituzioni. Questo tipo di comunicazione non avviene in situazioni critiche, fornisce solo risposte a chi gliele pone e non riesce a sanare gli eventuali conflitti presenti;

• comunicazione preventiva/propositiva, dove l’impresa, volontariamente e senza l’intervento di fattori esterni di pressione, attua una comunicazione rivolta ai diversi pubblici con lo scopo di informare e di promuoversi.

Il Bilancio Sociale lavora sulla comunicazione propositiva dell’impresa, convinto che chi comunica:

✓ beneficia di un migliore rapporto con gli stakeholders;

✓ riduce i conflitti esterni ed interni all’azienda;

✓ sostiene minori costi (il gigante farmaceutico Baxter afferma che la comunicazione socio-ambientale gli ha permesso di ridurre sensibilmente i costi sui conflitti innescati dai gruppi di pressione); e

✓ si crea un’immagine più favorevole.

La funzione comunicativa si realizza attraverso diverse modalità: presentando agli stakeholders una serie di informazioni sull’attività dell’azienda, mettendosi a disposizione dei clienti, consumatori e utenti per eventuali richieste o critiche, aumentando in generale la trasparenza dell’impresa. Questi comportamenti prevedono una periodicità nella proposizione dell’informazione che varia in base ai destinatari e all’organizzazione dell’azienda. La ciclicità nel comunicare è importante per definire la serietà dell’impresa ed il mezzo principe è la pubblicazione annuale del Bilancio o del Rapporto Sociale.

Il tipo di comunicazione varia in base ai destinatari: esiste una comunicazione interna, diretta ai dipendenti ed una esterna, riservata alla società. Nel primo caso si tratterà di informazione relativa all’ambiente e alle condizioni di lavoro; gli strumenti per diffondere questo livello di comunicazione possono essere, oltre alla documentazione ufficiale interna sia su carta che in rete intranet, presentazioni all’interno di periodici aziendali, opuscoli specifici, così come presentazioni multimediali o corsi di formazione interna. Nel caso della comunicazione esterna, verranno interessati argomenti quali il rispetto per l’ambiente o le attività sociali, attraverso opuscoli, pubblicità, articoli e dichiarazioni a mezzo stampa.

Oltre i propositi di comunicazione ed informazione, il Bilancio Sociale si rivela strumento di relazioni pubbliche (public-relations) e di consenso. La sua redazione porta con maggiore facilità al consenso degli stakeholders, in quanto questi ultimi diventano partecipi di un processo fondamentale di sviluppo, l’impresa. Anche le relazioni pubbliche diventano essenziali per le aziende che vogliono rimanere nel mercato mantenendo un’immagine positiva di fronte ai diversi pubblici.

Alcuni autori fanno notare che le pubbliche relazioni ed in generale la comunicazione può venire pilotata secondo le esigenze dell’azienda, curando parzialmente il dovere di completezza e di veridicità. Questo può verificarsi se l’impresa attua la comunicazione come unica scelta di rapporto con il territorio, slegandola dal Bilancio Sociale e trasformandola in atto di public-relations. Data la forte simbiosi del bilancio economico con quello sociale e della completezza illustrativa di quest’ultimo, diventa materialmente arduo proporre agli stakeholders un’informazione distorta.

Il Bilancio Sociale ha lo scopo di unificare tutti i tipi di comunicazione sopra esposti presentandoli in un rapporto completo che esamina nel profondo le relazioni dell’impresa con tutti gli stakeholders.

La comunicazione d’impresa implementata dallo strumento del Bilancio Sociale riuscirà a migliorare il rapporto degli stakeholders con l’organizzazione portando vantaggi ad entrambi.

2. Strumento programmatorio e gestionale

Tutte le imprese attuano, o dovrebbero attuare, la programmazione a breve, medio e lungo termine. Il Bilancio Sociale realizzato di pari passo con il bilancio economico amplia le prospettive offerte da quest’ultimo: le performance dell’impresa viene valutata a tutto campo esaminando dalle variabili della produzione, al rendimento, alle variabili sociali che impattano nell’azienda. Il processo programmatorio si fa dunque più ricco di elementi e diventa più completo, aggiungendo ai costi-benefici socio-economici considerazioni sul piano qualitativo, che tendono ad abbracciare l’intera attività aziendale (Rusconi, 1988).

La gestione globale dell’impresa, di qualunque genere sia, profit, nonprofit o pubblica, implica l’utilizzo razionale delle risorse che dispone, mantenendo una minore staticità nell’ambito decisionale che evita traumi legati all’evolversi del mercato dei beni e dei servizi.

La gestione complessiva di tutte le ricchezze che l’impresa dispone è facilitata dall’implementazione del Bilancio Sociale. Quest’ultimo permette di testare il clima sociale in cui l’azienda opera e intesse relazioni di vario tipo. Gestione dell’ambiente sociale vuol dire comprendere i rapporti con i clienti, le relazioni con i concorrenti, i rapporti con i gruppi di pressione esterna (associazioni, media, comitati, istituzioni, clienti) ed interna (sindacati, gruppi autonomi organizzati di lavoratori) all’azienda. Gestione significa anche monitorare e quantificare le relazioni con i diversi stakeholders nel tempo, valutando le azioni ed i cambiamenti significativi avvenuti.

3. Mezzo di partecipazione e di organizzazione interna all’impresa

Il Bilancio Sociale migliora l’organizzazione dell’azienda perché migliora i rapporti con i propri dipendenti; con un gruppo di lavoratori motivati, responsabilizzati e partecipi delle scelte, l’impresa aumenterà anche la capacità produttiva e la volontà da parte dei lavoratori di spendersi meglio nel luogo di lavoro. Miglioria organizzativa significa spesso aumento dell’efficienza e riduzione dei rischi del processo di produzione e distribuzione dei beni/servizi. Questa revisione permette di eliminare gli elementi farraginosi dell’aspetto organizzativo dell’impresa. Le aziende organizzate e responsabili del proprio agire tendono a diminuire gli incidenti sul lavoro.

Favorire la partecipazione interna all’impresa diminuisce i rischi di conflitti sindacali, avvantaggia la maggiore qualità dei prodotti offerta e, in generale, migliora il clima interno all’azienda. Oltre alla riduzione dei costi legati alla conflittualità interna, l’impresa può beneficiare di una maggiore disponibilità alla flessibilità lavorativa dei dipendenti.

La partecipazione dei pubblici esterni nell’impresa può favorire l’apporto di nuove idee, di migliori strategie verso la concorrenza e una costituzione di una qualità migliore del bene/servizio prodotto. I sondaggi applicati a determinate fasce di pubblico da parte delle imprese per monitorare i loro consumi e le loro scelte, sono un esempio incompleto, e spesso al di fuori di ogni criterio programmatorio, di partecipazione esterna voluta dall’impresa.

Un’azienda sensibile alla partecipazione e ai meccanismi di democrazia interna è inoltre maggiormente capace di attrarre professionalità qualificate sul mercato del lavoro perché offre un clima sociale migliore.

4. Metodo di strategia sociale rivolto alle comunità locali

Come abbiamo spiegato in precedenza, il Bilancio Sociale si rivolge ai diversi stakeholders che, indipendentemente dalla loro volontà, influenzano o sono influenzati dall’attività dell’impresa. Uno degli stakeholders esterni più rappresentativi è raggruppato nella comunità locale.

Il luogo fisico-geografico dove risiede la comunità delle persone e l’impresa si trasforma in luogo simbolico delle interazioni tra sistemi. La qualità dei rapporti tra il sistema azienda ed il sistema comunità assume valenze di tipo positivo come l’incremento economico indotto, la possibilità di impiego per gli abitanti, l’aumento della ricchezza collettiva, beneficio di nuovi beni e servizi, il contributo attivo alla vita sociale attraverso borse di studio, sponsorizzazione di iniziative benefiche e culturali, collaborazione con le istituzioni, elargizioni di donazioni a scopo sociale.

Le interrelazioni hanno anche valenza negativa: costi sociali provocati dall’impatto della compagnia attraverso la distruzione del patrimonio ambientale, inquinamento delle acque, acustico, elettromagnetico, atmosferico, sfruttamento delle risorse naturali, localizzazione ed ampliamento di nuovi impianti industriali a rischio, instaurazione di conflitti con gruppi di pressione locali e generale peggioramento della qualità della vita.

Lo scopo del Bilancio Sociale è quello di fornire informazioni di natura sociale che si integrano con quelle di natura economico-finanziaria offerte dal bilancio d’esercizio. Questo ruolo di conoscenza e di valutazione dell’aspetto sociale dell’impresa svolto dal Bilancio Sociale fornisce al management ed al consiglio di amministrazione uno strumento di prim’ordine per decifrare il clima esterno e per elaborare strategie appropriate. Conoscenza della realtà locale, valutazione dell’impatto dell’azienda sul territorio, elaborazione di azioni pragmatiche per affinare e migliorare il rapporto con l’esterno, divengono mosse essenziali per l’impresa dell’oggi. I gruppi di pressione in particolare, possono causare non pochi disagi di ordine economico all’azienda che cura in modo approssimativo i rapporti con gli stakeholders. Il Bilancio Sociale in senso generale può contribuire a migliorare l’etica d’impresa e con essa la sua immagine di fronte alla collettività.

5. Conclusioni del capitolo

La misurazione dell’attività dell’impresa vista sotto la luce dei propositi del Bilancio Sociale allarga enormemente la percezione sulle opportunità e sulle sfide che si possono aprire per le imprese che si affacciano sul nuovo secolo. Come vedremo nel prossimo capitolo, la redazione del Bilancio Sociale può essere eseguita per conseguire diversi scopi anche se l’obiettivo generale permane la misurazione globale delle performance dell’impresa.

Il Bilancio Sociale è uno strumento ex post che non va confuso con l’implementazione di particolari scelte di politica economica. Le imprese che adottano il Bilancio Sociale traggono vantaggi sia dal punto di vista del loro sistema di comunicazione, sia da quello delle scelte operative e gestionali condivise.

All’interno della comunità scientifica che studia ed elabora il rapporto, la rendicontazione e la revisione sociale, spesso viene sostenuto che nel nonprofit la costruzione del Bilancio Sociale rafforza la democrazia, la partecipazione, mentre per le aziende che hanno fine di lucro si tratta esclusivamente di una attività di marketing e di cosmesi.

Le scienze sociali insegnano che le generalizzazioni propongono verità dietro cui si celano grossolane imprecisioni. Viene difficile affermare che le aziende profit facciano un uso unicamente strumentale della rendicontazione sociale ed il nonprofit implementi solamente la questione partecipativa. Probabilmente si tratta di una questione di maggiore enfasi data ad un aspetto piuttosto che ad un altro: le imprese profit privilegiano l’aspetto strategico-comunicativo, mentre quelle nonprofit danno maggiore rilievo alla trasparenza interna. Con il Bilancio Sociale entrambe beneficiano degli elementi di affermazione e di maggiore visibilità dell’organizzazione e delle sue attività.

Il Bilancio Sociale può diventare un utile strumento anche per avvicinare le imprese che hanno fine di lucro con quelle che non l’hanno, attraverso le sponsorizzazioni sociali. Le prime troverebbero soggetti sicuri e trasparenti nel nonprofit che realizza la valutazione sociale e, nel contempo, il nonprofit sarebbe tutelato da eventuali scelte strumentali o scarsamente etiche esaminando il Bilancio Sociale delle aziende profit.

In generale, la rendicontazione sociale dovrebbe produrre una serie di considerazioni, di valori, di giudizi che possono servire per riprogettare, pianificare e definire le politiche all’interno dell’azienda. Il Bilancio Sociale è tutto questo: un processo che interviene sui comportamenti generali della organizzazione per tentare di realizzare gli obiettivi etico-strategici contenuti nel progetto di impresa (mission).

Per concludere il capitolo possiamo convenire con Viviani (1999) il quale afferma che esiste uno scopo tra tutti che sta a monte: è l’accertamento della verità. Il Bilancio Sociale permette di eseguire un’istantanea della vera impresa, delle sue autentiche performance, dei suoi veri rapporti con gli stakeholders conducendo un esame di fattori che possono rivelarsi utili al fine di confrontare valori e interessi che non necessariamente coincidono.

4. La pratica ed i procedimenti

Una premessa viene obbligatoria inserendo la distinzione proposta da Viviani (1999) nel differenziare due stili di redazione del Bilancio Sociale. Il primo, denominato libera interpretazione, vede l’autonomia da parte dell’azienda durante tutto il processo di costituzione del Bilancio Sociale. Quest’ultimo, in tutti suoi procedimenti di conoscenza, valutazione ed elaborazione, non prevede l’apporto dei pubblici esterni: è l’impresa che si misura da sola, traendo le conclusioni nei suoi rapporti con gli stakeholders. Il metodo viene così ad assomigliare al rapporto sociale o ad un atto di pubbliche relazioni, dove vengono elencate le azioni e l’impegno dell’azienda verso gli stakeholders.

La seconda distinzione, la diligente descrizione, parte da presupposti opposti rispetto al primo paradigma: il Bilancio Sociale nasce dalle osservazioni e dai giudizi degli stakeholders sull’impresa. È l’azienda che accetta di confrontarsi con i suoi pubblici per capire e per calibrare la proprie performance sui risultati dell’analisi sociale, traendone vantaggio dall’interazione.

Mentre la prima modalità si limita ad elencare i benefici apportati dai programmi socio-ambientali dell’azienda, la diligente descrizione cerca di penetrare nel profondo dei rapporti con gli stakeholders esterni ed interni all’impresa ricavando plusvalore.

4.1. La redazione del Bilancio Sociale

L’impresa decide di implementare la rendicontazione sociale perché stimolata dall’esterno o per propria volontà. La redazione del Bilancio Sociale può essere interna, esterna o un mix di entrambe.

Redazione interna. È l’azienda che sviluppa al suo interno il Bilancio Sociale. In questo caso può essere un gruppo di lavoro composto da una serie di figure interne all’impresa, nominate ad hoc, che fanno da tramite ai diversi settori dell’azienda, oppure da un delegato per ogni settore.

Molto dipende dalla grandezza dell’impresa: se è di piccole dimensioni è molto probabile che il gruppo di lavoro sia composto dai dirigenti e da rappresentanti altre figure come proprietari, soci e lavoratori. Se si tratta di una grossa azienda potrà essere incaricato un determinato dipartimento, come quello delle pubbliche relazioni o della direzione marketing, che funzionerà da coordinatore per tutti i settori. In altri casi in questo gruppo di lavoro faranno parte anche i principali dirigenti.

Redazione esterna. Con la redazione esterna l’impresa fa uso di risorse esteriori. Per questo scopo viene nominata una società di consulenza esterna o sono incaricati degli esperti che realizzeranno il Bilancio Sociale; nelle diverse fasi la società sottoporrà il proprio lavoro alla dirigenza dell’impresa. Questo sistema comporta la disponibilità dell’impresa a fornire tutti i dati richiesti al gruppo di lavoro esterno il cui operato sarà autonomo.

Si ricorre alla redazione esterna quando l’impresa non possiede figure professionali capaci di organizzare questo tipo di rendicontazione sociale, oppure nel caso che si desideri che il lavoro venga prodotto all’esterno senza interessare il management direttamente.

Redazione combinata. Si tratta di un mix tra le prime due tipologie di redazione. L’impresa chiede l’intervento di esperti esterni che lavoreranno in parallelo con la dirigenza o, nel caso della grossa industria, con il gruppo di lavoro definito internamente.

La redazione combinata può prevedere la supervisione dall’esterno o la partecipazione interna. Nel primo caso la società interviene per esaminare il lavoro creato dall’impresa, mentre nel secondo gli esperti esterni svolgono il compito di costruire il Bilancio Sociale con il contributo interno. In entrambi i casi il gruppo di lavoro dell’azienda viene formato alla creazione del Bilancio Sociale.

Come per la redazione esterna, la società composta da esperti può fornire la certificazione a lavoro compiuto.

2. I metodi

È molto importante la conoscenza su quella che potremmo indicare una linea generale di procedimento alla realizzazione del Bilancio Sociale. Si parla di linea generale in quanto i metodi usati nella rendicontazione sociale variano in modo sensibile secondo i contesti culturali, la tipologia e la funzione dell’impresa e alle scuole di pensiero.

Come per ogni metodologia, al suo interno si delineano una serie di fasi che andiamo elencando:

1. definizione dello sfondo etico e della missione;

2. identificazione e consultazione degli stakeholders;

3. organizzazione del piano dei conti e operatività degli obiettivi (accounting);

4. verifica o valutazione delle procedure (assessement);

5. revisione e certificazione esterna (auditing);

6. presentazione e pubblicizzazione.

I primi due punti avvengono in contemporanea data l’inscindibilità del processo iniziale: la definizione degli obiettivi dipende in larga parte dagli stakeholders che sono portatori di interesse nell’azienda.

In buona parte delle tipologie di rendicontazione sociale, le imprese eludono l’implementazione di procedure di valutazione e certificazione esterna, passando direttamente alla fase di pubblicizzazione. In questi ultimi anni le imprese stanno comprendendo l’importanza dell’assessement e dell’auditing. Nella fase di consultazione degli stakeholders, in alcuni casi questi possono essere interessati parzialmente alla procedura di partecipazione: i vertici dell’impresa, una volta ottenute le informazioni necessarie dai suoi pubblici, costruiscono il rapporto sociale in modo autonomo.

Definizione dello sfondo etico e della missione

Una volta che l’impresa decide di intraprendere la sfida posta dal Bilancio Sociale, per prima cosa deve individuare uno sfondo valoriale attraverso il quale definire gli obiettivi della missione sociale.

Abbiamo visto che nella teoria sistemica l’impresa si colloca in una rete. L’impresa riceve e invia input di interazione con la società e gli stakeholders in essa presenti. L’azienda condiziona ed è condizionata dal mondo che l’avvolge. In questo reticolo ogni impresa, sia essa senza fine di lucro, che pubblica, che di profitto, possiede un impalcatura valoriale su cui poggia consapevolmente od inconsapevolmente le sue fondamenta.

Lo sfondo etico può essere individuato attraverso la rilettura dello statuto dell’impresa, ricercato attraverso stimoli posti dagli stakeholders, derivato da altre fonti come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, nonché utilizzando il codice etico dell’impresa.

Confindustria e alcune organizzazioni cooperative hanno redatto delle “carte dei valori” e “statuti etici” che possono svolgere un ruolo importante per lo scopo di individuazione dello sfondo etico racchiuso nell’obiettivo generale. Le aziende potranno trarre elementi validi da questi documenti etici, modificandoli in maniera opportuna. In altri casi l’impresa raggiungerà lo scopo autonomamente, generando lo sfondo etico da una serie di valori tipici della stessa.

Non necessariamente l’estensione del codice etico e quella del Bilancio Sociale coincidono (il codice etico può dare enfasi unicamente a particolari aspetti, per esempio le condizioni di lavoro interne, mentre il Bilancio Sociale comprende la valutazione dell’impatto ambientale delle attività), ma certamente quanto più un’organizzazione lavora sul codice etico, tanto meno l’elaborazione del Bilancio Sociale risulterà pesante. La differenza principale tra codice etico e Bilancio Sociale è che il primo è soprattutto un’insieme di regole e norme comportamentali che riguardano l’azienda nei confronti dell’ambiente e degli stakeholders, mentre il Bilancio Sociale riguarda la politica sociale dell’impresa e la sua volontà di trovare legittimazione per migliorare le proprie performances. Lo sfondo etico partecipa attivamente nel definire la base valoriale che costituirà una linea di riferimento per gli aspetti più pragmatici e procedurali affrontati nei passi successivi della redazione del Bilancio Sociale.

Una volta definito lo sfondo etico si passa alla missione sociale. La missione (mission) si propone principalmente di:

• contestualizzare lo sfondo etico nelle specificità dell’impresa;

• dare senso ai contenuti etici.

Il gruppo di lavoro può optare per sintetizzare la missione in un unica frase (obiettivo generale) che in seguito verrà sviluppata in una serie di punti operativi, oppure presentare direttamente in una serie di articoli specifici.

La missione diventa in questo modo un documento articolato che riassume i propositi strategici dell’organizzazione, una carta d’intenti generali che dovranno essere concretizzati con lo sviluppo del successivo piano dei conti. La missione è l’insieme dei principi per i quali l’azienda opera; essa è differente dallo statuto o dal codice etico, anche se deriva da questi ultimi data la sua funzionalità alle esigenze dell’impresa.

Partendo da queste basi si può facilmente comprendere come il Bilancio Sociale diventi uno strumento fondamentale per sondare in profondità l’essenza dell’impresa e delle sue motivazioni che la costituiscono soggetto sociale. Tornando al capitolo precedente che esaminava gli scopi della valutazione sociale, la missione diventa uno strumento di verifica istituzionale e la base per l’elaborazione delle strategie dell’impresa.

Il compito di redarre gli articoli della missione spetta al gruppo di lavoro definito dall’impresa. Questo deve lavorare sullo sfondo etico per renderlo compatibile con le esigenze e le strategia dell’azienda. Il gruppo di lavoro, che può essere interno, esterno o composto da esperti interni ed esterni all’impresa, si riunisce inizialmente per definire un piano globale di lavoro. Negli incontri successivi il compito si sviluppa seguendo due linee conseguenti: i termini ed i contenuti con cui presentare la missione.

Per termini della missione si intendono le parole che si utilizzano per presentare la missione nei suoi articoli. È importante che il gruppo di lavoro ricerchi i termini più appropriati per darne la necessaria enfasi. La scrittura della missione è un momento importante per individuare le azioni ed i propositi essenziali per l’impresa, cercando di tradurli il più possibile in un linguaggio comprensibile ed innovativo (Viviani, 1999). Il gruppo di lavoro cercherà di produrre per ogni singolo articolo della missione i concetti, le metafore, i valori simbolici ed enfatici necessari a dare risalto dovuto. Questo compito implica un confronto all’interno dell’azienda che ‘ripensa se stessa’, che cerca una necessaria sintesi tra obiettivi e parole essenziali, tra sintesi e rilevanza.

Facendo un esempio, appare molto più significativo un articolo di missione che esprime: “Privilegiare la soddisfazione del cliente riguardo i prezzi, alla qualità delle prestazioni, alla qualità del servizio” rispetto ad un: “Impegno a studiare strategie per incrementare la convenienza dei prezzi, delle prestazioni e dei servizi al pubblico”. Il secondo modello di articolo, a parità di significati, appare più tecnico, più amorfo, meno personalizzato se confrontato con il primo. Nel secondo modello di articolo il termine “impegno” implica la possibilità di un’azione, non il suo necessario compimento. Anche le parole date hanno un diverso significato enfatico: “soddisfazione” oppure “convenienza”, “cliente” o “pubblico”, esprimono cariche semantiche di differente peso.

I contenuti della missione sociale sono molto importanti perché esprimono l’identità dell’impresa. Secondo Viviani (1999), la missione nei suoi articoli deve palesare almeno cinque tipi di concetti focali dell’impresa:

gli interessi prevalenti o costitutivi;

le relazioni interne;

le relazioni con gli stakeholders esterni;

i rapporti con l’ambiente sociale e con l’ambiente naturale;

la specificità, la personalità e la creatività dell’impresa.

Tutti questi concetti solitamente vengono inclusi negli articoli della missione del Bilancio Sociale. Essi rappresentano gli intenti e la peculiarità dell’organizzazione che vuole maggiormente conoscere se stessa e guardare dove sta andando.

I contenuti della missione vengono suddivisi per area tematica in diversi articoli. Ogni articolo presenta un intento, un obbiettivo che l’impresa si propone di compiere.

Per concretizzare questa fase si utilizzerà l’esempio di missione tratta dal rapporto socio-ambientale dell’azienda pluriservizi emiliana AGAC, specializzata nella gestione di servizi di acqua ed energia. Questo consorzio costituito da 45 comuni con una popolazione di più di 400.000 abitanti, dal 1996 redige il Bilancio socio-ambientale.

Il primo articolo della missione di AGAC, tratta dal rapporto socio ambientale del 1998 recita:

Articolo 1. Fornire alle comunità locali i servizi energetico-ambientali indispensabili, con l’impegno a utilizzare le risorse naturali con la massima cura e a migliorare la qualità della vita dei cittadini di oggi e di domani.

L’enfasi nell’articolo numero uno viene data alle caratteristiche essenziali dell’impresa: la sua vocazione, la ragione per cui opera, i suoi interessi prevalenti. Queste sono caratteristiche generalizzabili che possono essere individuate in molte valutazioni sociali. Nell’esempio di articolo sopra riportato si individua la sintesi, la radice e la specificità vocazionale dell’impresa. Le parole sono curate con un accento moderatamente enfatico e non mancano i riferimenti valoriali ed etici.

Per arrivare alla scrittura del primo articolo, quasi sempre il principale, il gruppo incaricato di preparare il Bilancio Sociale, ricercando i termini appropriati, cerca anche l’essenza pura dell’impresa; in poche riunioni si passa dalla storia dell’azienda, alla sua realtà, alle sfide del futuro. L’impresa così facendo realizza un ritorno al passato guardando al presente ed al futuro, compiendo un’operazione estremamente significativa.

Nel secondo articolo di AGAC leggiamo:

Articolo 2. Rispettare i principi di democrazia e responsabilità, intesi come concorso d’ognuno (Comuni, utenti, imprese fornitrici, dipendenti) alle scelte più efficaci, per corrispondere ai bisogni dei singoli e della collettività.

In questo articolo la missione guarda con un occhio di riguardo agli stakeholders primari e secondari, auspicando la loro partecipazione alle scelte con l’intento di migliorare la democrazia interna all’azienda. Questa partecipazione ha lo scopo aggiuntivo di dare plusvalore esterno, ossia di migliorare la qualità dei servizi.

Passando ai successivi due articoli della missione contenuta nel rapporto socio ambientale di AGAC si arriva alle questioni che riguardano l’impresa, i suoi rapporti con il mercato e con gli utenti:

Articolo 3. Coniugare l’interesse sociale alle regole del mercato, concepite come essenzialità del servizio, efficienza, sviluppo.

Articolo 4. Qualificare il servizio tramite lo sviluppo dell’impresa, l’innovazione, l’ampliamento del mercato di riferimento, l’attenzione continua verso i bisogni degli utenti.

L’ultimo articolo si concentra sulle scelte ecocompatibili, portando l’attenzione sull’impegno di AGAC nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali:

Articolo 5. Garantire il miglioramento dell’ambiente e offrire a tutti informazioni e stimoli per il miglior uso delle risorse naturali.

In alcuni bilanci sociali l’ultimo articolo ha lo scopo di riassumere in un’unica frase gli intenti dell’azienda che produce il Bilancio Sociale. Una specie di compendio finale che ribadisce gli intenti generali dell’impresa. Nel caso preso ad esempio, AGAC decide di puntare sull’ambiente e sulla sostenibilità ambientale, evitando le ridondanze dell’epilogo riassuntivo.

Il gruppo di lavoro formula al suo interno diverse bozze-prova di articolo prima di arrivare alla giusta calibratura tra contenuti e parole.

Nel caso delle grandi aziende dove la dirigenza non prende parte direttamente all’opera del gruppo di lavoro, prima di diventare effettivi, gli articoli della missione vengono sottoposti ai livelli più alti della gerarchia. A questi si aggiungeranno delle motivazioni illustranti il percorso che ha portato alla formulazione e alla strutturazione della missione.

Lo sfondo etico e la missione (mission) sono le basi fondanti da cui parte la costruzione del Bilancio Sociale. Sono gli obbiettivi generali su cui si fonderà tutto il lavoro di conoscenza, valutazione ed elaborazione delle performance dell’impresa.

Questi obiettivi non possono diventare realistici senza una corretta identificazione dei pubblici che sono portatori di interessi nell’azienda, gli stakeholders.

Identificazione e consultazione degli stakeholders

Questa fase è intimamente legata alla prima. Senza una mappa degli stakeholders e la loro consultazione è molto difficile preparare degli articoli della missione convincenti e realistici.

Ogni impresa, dalla più remota alla più urbanizzata, dalla multinazionale alla piccola associazione d’ambito provinciale, possiede degli stakeholders di riferimento che sono influenzati e influenzano il suo agire.

Il Bilancio Sociale a questo punto procede con la mappatura dettagliata di chi sono gli interlocutori primari e secondari dell’impresa.

Lo schema a cerchi concentrici presentato nel capitolo due rappresenta i possibili soggetti che hanno a che fare con l’azienda. Essi appartengono alle più disparate tipologie di gruppi sociali, istituzioni, singole persone. Il compito del gruppo di lavoro dell’impresa è di definire quali sono i suoi stakeholders e, all’interno di questi, stabilire i livelli di significatività per ogni gruppo.

Vaccari (1998) parla di stakeholder management, una teoria proposta da Freeman in Strategic management che intende riclassificare le pratiche di Bilancio Sociale. In questa teoria si sostiene che è avvenuto un mutamento nella percezione del ruolo degli stakeholders: da pura forza lavoro fattore della produzione, i portatori d’interesse sono divenuti centrali per la gestione globale dell’impresa. Questa visione trova analogie con la Responsabilità sociale delle imprese che comporta il riconoscimento da parte di chi governa l’azienda del ruolo degli interlocutori sociali.

Lo stakeholder management implica come primo aspetto la mappatura dei pubblici che direttamente od indirettamente hanno a che fare con l’impresa. Ogni gruppo di stakeholders riveste un interesse ben preciso per il management: gli stakeholders primari interni come i soci, i dipendenti e i volontari sono altro rispetto a quelli primari esterni come i partner, i fornitori, gli utenti i clienti gli enti locali, i sindacati. I gruppi di pressione, i media, la comunità nazionale ed europea, i concorrenti, l’opinione pubblica vengono considerati come stakeholders secondari.

Il secondo aspetto dello stakeholder management prevede la definizione dei metodi che dovranno portare all’estinzione del presunto dualismo etica-economia. Secondo Freeman (1984), l’impresa può attuare le seguenti strategie generali nei confronti degli stakeholders:

offensiva;

del mantenimento dello status quo;

difensiva;

del cambiamento.

Le prime due offrono bassi rischi di conflittualità, mentre la strategia difensiva e di cambiamento portano ad alte possibilità di conflitto. L’offensività ed il cambiamento aumentano le probabilità di cooperazione con gli stakeholders, al contrario delle altre due.

Lo stakeholder management implica anche l’analisi del comportamento dei pubblici di riferimento, in particolare si concentra sulle possibilità di cooperazione e sugli eventuali rischi di conflitto con l’impresa. Una volta determinato il comportamento degli stakeholders, l’organizzazione attuerà delle strategie ritenute più opportune (offensive, difensive, innovative nelle regole o di consolidamento) e dei programmi specifici per condurle.

Nei rapporti sociali e nei bilanci sociali la consultazione degli stakeholders riveste un ruolo di peso perché è nell’interesse dell’azienda focalizzare quali sono le esigenze e gli stimoli offerti dai clienti, dagli utenti, dai fornitori, dai dipendenti, ecc…

Riprendendo il capitolo introduttivo di questo lavoro, all’impresa conviene capire le esigenze degli stakeholders perché solo così può migliorare il clima al suo interno e attuare strategie più competitive.

Il gruppo di lavoro in questa fase del Bilancio Sociale, oltre ad identificare gli stakeholders peculiari dell’impresa, deve effettuare un passaggio piuttosto delicato: la consultazione di questi ultimi.

Insieme alla redazione del piano dei conti (vedi paragrafo successivo) che fornisce l’aspetto numerico-quantitativo, l’identificazione e la consultazione dei pubblici permette di scendere in profondità nelle prospettive qualitative.

In certi modelli di costruzione del Bilancio Sociale, soprattutto nel passato, si valutava svantaggiosa e superflua l’elaborazione delle aspettative degli stakeholders, fidandosi prevalentemente dell’esperienza e dei consigli dei gruppo dirigente. Ora è più facile capire che se si desidera ottenere un Bilancio Sociale che rispecchi gli interessi e gli impulsi degli stakeholders, è necessario affrontare la pratica della consultazione. Abbiamo visto nel primo capitolo che la valutazione dell’opinione dei portatori di interesse non è fine a se stessa. Essa è intimamente legata alle performance dell’impresa: un’organizzazione che non prende meticolosamente in esame le proprie relazioni con il sistema-rete-società rischia lentamente di isolarsi in un’afasia pericolosa.

La consultazione viene effettuata mirando verso particolari fasce di pubblico come i clienti/utenti o i dipendenti, misurando il loro grado di soddisfazione. Le modalità con cui vengono interpellati gli stakeholders sono molteplici, anche se i metodi più diffusi sono due: il questionario (l’intervista) ed i focus groups.

Il questionario standardizzato è un metodo d’indagine utilizzato nella sociologia quantitativa. Esso è impiegato comunemente dagli istituti statistica, come nella ricerca scientifica. Viene utilizzato per i sondaggi d’opinione e nell’ambito dell’inchiesta campionaria per studiare la relazione esistente tra variabili.

Il questionario standardizzato consiste nel raccogliere informazioni ponendo agli interlocutori delle domande predefinite a risposte chiuse. È uno strumento molto utilizzato e può essere facilmente distribuito al segmento di pubblico da cui si desidera ricevere delle informazioni. Una volta terminata la fase della compilazione delle domande e delle risposte, implica un minor dispendio di energie nella codifica dei risultati (Corbetta, 1999).

Il questionario può essere somministrato agli stakeholders il diversi modi: l’intervista telefonica, il questionario autocompilato e l’intervista faccia a faccia. Questi strumenti d’indagine sulle aspettative e sulle tendenze degli stakeholders sono impiegati singolarmente o contemporaneamente a seconda delle tipologie di pubblico. Il più comune è quello autocompilato, dove vengono poste delle domande che il singolo stakeholder dovrà compilare. Facendo un esempio, un’azienda od un ente nonprofit può distribuire i questionari ai suoi lavoratori o ai propri utenti/clienti attraverso degli incaricati che introdurranno le ragioni dell’inchiesta.

Nell’ambito della sociologia qualitativa, ossia quella sociologia che mira più all’interazione fisica tra studioso e studiato, il questionario standardizzato viene abbandonato in favore di un’intervista (questionario) più libera. L’intervista qualitativa può essere strutturata, semistrutturata e non-strutturata, a seconda che le domande siano uguali per tutti, sia costituita una traccia di domande o che non esista nessuna preimpostazione dell’intervista. In tutti questi casi le risposte sono libere e possono variare a seconda dei casi; in definitiva hanno lo scopo di “far parlare più ampliamente” il soggetto della ricerca, accedendo maggiormente alla sua prospettiva.

I focus groups sono gruppi di stakeholders selezionati a cui si pongono domande determinanti la redazione del Bilancio Sociale. Questa procedura risiede sempre nell’ambito della ricerca qualitativa e parte da un gruppo di persone con esperienze analoghe. Degli intervistatori preparati del/dal gruppo di lavoro dirigono la discussione in modo da far emergere le reazioni emotive, le esigenze del gruppo, in particolare focalizzando sugli obiettivi della missione e sugli aspetti più importanti del Bilancio Sociale.

Le esperienze sparse nel mondo ci dicono che per individuare le aspettative degli stakeholders le imprese attuano disparati metodi di consultazione come discussioni e interviste ad osservatori privilegiati, a opinion leader, ai media, attraverso forum e dibattiti con i dipendenti.

Organizzazione del piano dei conti e operatività degli obiettivi

In questo processo l’impresa rende operativi gli articoli della sua missione sociale.

Gli obiettivi ed il loro contenuto etico evidenziati nella missione sono troppo generali per le esigenze della compagnia che vuole implementare il Bilancio Sociale. Solo attraverso un processo di operativizzazione degli articoli (obiettivi) si potrà arrivare a risultati concreti: in questa fase di costruzione del Bilancio Sociale entra in azione il piano dei conti.

Per ogni articolo della missione si costruisce un piano dei conti; in poche parole si tratta di prendere ogni segmento della missione e di suddividerlo in altrettanti segmenti operativi.

Secondo Viviani (1999), il piano dei conti del Bilancio Sociale è: “Il più importante momento di sintesi tra aspetti concettuali, interpretativi e procedurali. Anche in questa fase deve continuare il processo di pattuizione tra i partecipanti al lavoro ma, mentre per la fissazione della missione si doveva convenire in generale sui valori, ora bisogna mettersi d’accordo su quali siano i campi dove i valori si manifestano; quali le azioni che spiegano quei valori, quali pesi per misurare quelle azioni.” È un passaggio dalla teoria dell’etica alla concretizzazione di quest’ultima nella prassi dell’impresa.

Prima di addentrarsi nella rendicontazione, è necessaria la conoscenza degli Indicatori di performance dell’azienda. Indici internazionali come quelli fissati dalle Nazioni Unite sullo sviluppo umano o sull’economia sostenibile, sono utili solo marginalmente per le specificità dell’azienda che costruisce il Bilancio Sociale. Nella valutazione sociale si utilizzano tre gruppi di indicatori (Vaccari, 1998):

➢ indicatori interni

➢ indicatori di benchmarking

➢ indicatori derivanti da survey

La prima serie di indicatori è la più utilizzata da parte delle imprese e riguarda dati sintetizzati dal bilancio ordinario e raffrontati con dati interni sugli stakeholders, sul clima interno e informazioni generali. Gli indicatori di benchmarking riguardano misurazioni e comparazioni effettuate dall’impresa all’esterno e confrontati con dati economici interni. Informazioni e dati numerici sulle aspettative degli stakeholders provenienti da questionari o focus group sono gli indicatori provenienti da survey. L’utilizzo di tutti gli indicatori elencati permette di calibrare ulteriormente l’aspetto quantitativo del piano dei conti con una serie di dati ed informazioni qualitative. La scelta degli indicatori facilita l’avanzamento del processo di costruzione del Bilancio Sociale perché appronta una serie di informazioni che indirizzeranno la scelta degli stanziamenti sociali dell’impresa.

A questo punto della redazione del Bilancio Sociale il gruppo di lavoro si trova a rendere quantificabili i propositi enunciati nei diversi passi esposti dalla missione sociale sommandoli con gli indicatori di performance. Si tratta di avvicinare ad ogni singolo articolo della missione l’elemento numerico e propositivo corredato da una descrizione.

Riprendendo l’esempio del rapporto socio ambientale di AGAC, il primo articolo della missione enunciava: Fornire alle comunità locali i servizi energetico-ambientali indispensabili, con l’impegno a utilizzare le risorse naturali con la massima cura e a migliorare la qualità della vita dei cittadini di oggi e di domani.

Il piano dei conti fraziona l’articolo uno in una serie di sottopropositi o livelli che mirano ad aumentare il rapporto tra utenza effettiva e potenziale nei diversi servizi offerti. L’introduzione riporta: “Tanto maggiore è il livello dell’indice e tanto maggiore è la capacità dell’azienda di fornire i servizi indispensabili.”

A questo punto si elencano i servizi offerti da AGAC, corredati da tabella numerica e relativa esplicazione. Nell’ordine incontriamo:

SERVIZIO GAS

Soddisfacimento utenza potenziale del servizio gas

| 1997 |1998 |

|Soddisfacimento utenza potenziale |77% |78% |

SERVIZIO TELERISCALDAMENTO

Soddisfacimento utenza potenziale del servizio teleriscaldamento

| 1997 |1998 |

|Soddisfacimento utenza potenziale |40% |45% |

SERVIZIO ACQUA

Soddisfacimento utenza potenziale del servizio acqua

| 1997 |1998 |

|Soddisfacimento utenza potenziale |93% |93% |

SERVIZIO DEPURAZIONE

Soddisfacimento utenza potenziale del servizio depurazione e fognatura

| 1997 |1998 |

|Servizio fognatura |81% |81% |

|Servizio depurazione |74% |76% |

SERVIZIO IGIENE AMBIENTALE

Incidenza della raccolta differenziata dei rifiuti

| 1997 |1998 |

|Raccolta differenziata |18,41% |26,43% |

|Kg raccolta diff. per abitante |97 |147 |

|Kg raccolta indifferenziata per ab. |431 |409 |

(da: rapporto socio ambientale AGAC 1998)

I sottopropositi derivanti dal primo articolo della missione sociale di AGAC, oltre a produrre cinque differenti tipologie di elementi statistici enucleati nelle tabelle, sono corredati ciascuno da un testo esplicativo.

Ad esempio, nel paragrafo del Servizio Depurazione viene scritto:

Il servizio fognatura raggiunge, a livello provinciale, una percentuale dell’81% di popolazione servita; le aree che mostrano i valori più elevati sono, naturalmente, quelle con una maggiore densità abitativa. Con la media del 76% della popolazione residente, la provincia di Reggio Emilia è una delle più depurate d’Italia; il capoluogo raggiunge l’82% di popolazione depurata.

Il testo ha lo scopo di chiarire, possibilmente in poche righe, il miglioramento di performance e la strada che si è compiuta per raggiungerle. L’aspetto descrittivo ha inoltre il compito di ricordare lo sfondo etico del Bilancio Sociale con l’intento di dare plusvalore all’ermetismo dei numeri.

Al termine del capitolo del piano dei conti relativo al primo articolo di AGAC, viene inserito un commento generale, una specie di riassunto che spiega le modalità eseguite nel rendere operativo l’articolo. In esso vengono indicate le motivazioni che hanno portato alle scelte di miglioria dei servizi offerti.

L’esempio sopra descritto rappresenta la cosiddetta “punta dell’iceberg” del piano dei conti; al suo interno vengono evidenziati prettamente i miglioramenti di performance socio ambientali dell’impresa, ma poco viene detto su come ci si è arrivati a tali dati. È nella fase di preparazione del piano dei conti che si scelgono le strategie e gli investimenti per arrivare a tutto ciò.

Il gruppo di lavoro scompone l’articolo della missione isolando le parti più significative dando a ciascuna di esse rilevanza ed autonomia propria. Nel caso di AGAC, invece, dall’articolo esce un unico livello del piano dei conti (fornire alle comunità locali i servizi energetici), dal quale nascono cinque sottopropositi. In altri casi sviluppano più sottolivelli di piano dei conti e a ciascun sottolivello corrispondono degli intenti fattuali.

Facendo un altro esempio, se un ipotetico articolo della missione enunciasse: Dare nuovi impulsi all’assistenza psicologica e impegnare l’impresa nell’investimento di strumenti ospedalieri aggiornati per migliorare il servizio complessivo agli utenti, si procederà ad isolare la voce “nuovi impulsi all’assistenza psicologica” e “impegno nell’investimento di strumenti ospedalieri” che diventeranno ciascuno un segmento di missione. Il segmento verrà tradotto in azione che diverrà primo livello di piano dei conti. Questo primo livello sarà poi scomposto in un secondo livello che conterrà gli intenti programmatici. Sotto la voce “incrementare assistenza psicologica”, l’impresa che redige il Bilancio Sociale potrà inserire “assunzione di uno psichiatra” e “costruzione di un consultorio per gli utenti”; accanto ad ogni punto verranno poi affiancati precisi stanziamenti in risorse finanziarie o/e umane.

Una volta identificati i livelli (conti) ed i sottolivelli (sottoconti) verso cui assegnare gli investimenti, si procede a costruire una tabella indicante i destinatati di tali sforzi. Seguendo l’esempio dell’impresa che opera nel campo dell’assistenza sociosanitaria, la tabella indicante l’operativizzazione di un pezzo dell’articolo della missione sociale darà:

|Segmento di missione |Primo livello |Secondo livello |Stanziamento |Destinatari |

| |(azione) | |annuale ed in % |(stakeholders) |

|“dare nuovi impulsi |Incrementare |Assunzione di uno |Annuale: |Incremento |Giovani con problemi |

|all’assistenza |l’assistenza psicologica|psichiatra |milioni…. |……% |caratteriali |

|psicologica” | | | | | |

| | |Costruzione consultorio|Milioni…. |……% |Famiglie bisognose |

| | |familiare | | | |

| | |………… |……… |……. |……. |

La tabella del piano dei conti conterrà diversi livelli di approfondimento e di attenzione verso gli stakeholders destinatari che potranno essere suddivisi all’interno della tabella in primari interni, esterni e secondari. La divisione dipenderà dalle priorità sociali che l’azienda si darà e dai pubblici cui fa riferimento (Viviani,1999).

Oltre a svilupparsi incrementando i livelli verticali, la tabella potrà essere arricchita di ulteriori informazioni, come il riassunto della consultazione degli stakeholders oppure dati relativi ai percorsi compiuti per arrivare alla determinata tipologia di azione (secondo livello). Tabelle esplicative di questa forma facilitano il lavoro da parte del gruppo di lavoro che redige il Bilancio Sociale; una sintesi in forma schematica è molto utile anche per la sua presentazione ai committenti ed ai gruppi significativi di stakeholders.

Un altro elemento assolutamente da non scordare è che il piano dei conti, facendo parte del più esteso Bilancio Sociale, deve fare riferimento alle indicazioni di quest’ultimo nel rispettare e tener ben in vista le esigenze degli stakeholders. Una volta definito un range di investimento possibile da parte dell’azienda, il piano dei conti dovrà calibrare le proprie energie sulle reali necessità provenienti dalla consultazione dei suoi pubblici. Per esempio, sarebbe inutile e dannoso costruire un consultorio familiare quando non se ne rileva il bisogno effettivo da parte degli utenti, oppure investire su l’offerta di borse di studio ai figli dei dipendenti, quando i lavoratori sentono come esigenza prioritaria la sicurezza sul lavoro.

Il piano dei conti è un lavoro complesso che si sviluppa con l’esperienza e con il susseguirsi di nuovi Bilanci Sociali che, col tempo, si calibrano maggiormente alle realtà e alle esigenze dell’impresa, divenendo più efficaci. Nel caso delle grosse imprese, questo procedimento ed il Bilancio Sociale in generale, facilita ed incrementa il collegamento tra le diverse filiere settoriali. I distinti settori dell’impresa (produttivo, gestionale, amministrativo…) forniscono al gruppo di lavoro tutti gli elementi e le informazioni per corrispondere ai differenti livelli del piano dei conti perché diventi il più realizzabile ed unificato possibile.

Viviani (1999), individua cinque diversi percorsi informativi da cui il gruppo di lavoro trae imputs rilevanti:

• Ambito economico. Informazioni provenienti dalla contabilità ordinaria riguardanti principalmente l’andamento dell’azienda, gli investimenti, la sua programmazione.

• Ambito tecnico, commerciale, marketing, pubbliche relazioni. Da questo settore provengono dati significativi di origine qualitativa ai fini del Bilancio Sociale.

• Ambito societario. Informazioni sulla struttura finanziaria dell’impresa.

• Ambito del personale. Dati ed informazioni sui dipendenti.

In questo modo il responsabile dei fornitori o quello dei clienti cercheranno di offrire informazioni specifiche ed il più possibile utili all’interno del loro settore; la stessa procedura sarà attuata da tutti i referenti aziendali. In questo modo il piano dei conti del Bilancio Sociale riceverà da subito le indicazioni necessarie riguardo la provenienza di ogni singola informazione per ciascun conto.

Sotto l’aspetto delle strategie di legittimazione verso gli stakeholders, Carroll, Chrisman e Meznar (1993) hanno studiato le diverse posizioni che possono adottare le imprese verso i loro pubblici. I tre autori sono convinti che aumentando la soddisfazione e limitando lo scontento negli stakeholders, l’impresa trova la sua massima legittimazione. Incrociando i diversi benefici proporzionabili dall’impresa agli stakeholders si arriva ad individuare una serie di strategie che vengono adottate nella realtà.

I benefici che l’impresa genera verso i suoi stakeholders sono: solo economici, economici e sociali, solo sociali. Posto che nessuna impresa si consacri unicamente al profitto, quindi non producendo unicamente benefici economici ma anche sociali, gli autori asseriscono che l’organizzazione opta per diversi comportamenti di ordine economico e sociale. Dall’incrocio di cinque mix di benefici economico-sociali escono sei tipologie di strategie di legittimazione dell’impresa:

- Difensiva ristretta. L’impresa proporziona limitati benefici sociali ad alcune categorie circoscritte di stakeholders con lo scopo di allentare il grado di insoddisfazione;

- Difensiva estesa. La rosa dei pubblici beneficiati dall’azienda si amplia, anche se i benefici sociali rimangono poco significativi;

- Offensiva ristretta. Gli stakeholders favoriti rimangono ancora limitati, aumentano però i loro benefici economici e sociali con il proposito di diminuire il livello di insoddisfazione;

- Offensiva estesa. I benefici economico-sociali si propagano ad una maggiore fascia di stakeholders;

- Accomodante ristretta. Vengono ulteriormente incrementati i benefici economico-sociali, con l’aggiunta di facilitazioni sociali. L’intento dell’azienda è quello di mitigare l’insoddisfazione e favorire la soddisfazione verso un gruppo limitato di pubblici;

- Accomodante estesa. L’impresa concede ad una vasto numero di detentori di interesse benefici economici, sociali, riducendo i costi sociali.

Carroll, Chrisman e Meznar individuano nel nonprofit il luogo dove le imprese proporzionano solo benefici sociali. In parte questo è vero, perché le cooperative sociali, il volotariato e le ONLUS non hanno scopo di lucro; però, se si considerano come per le imprese profit i benefici indiretti, anche il nonprofit può produrre vantaggi economici per gli stakeholders. Queste strategie proposte dagli autori nel 1993 servono per spiegare ancora una volta l’importanza per l’impresa l’attenzione verso i pubblici di riferimento.

La legittimazione si può acquisire in maniera differente implementando i sei comportamenti sopra elencati. Dato per scontato il livello crescente delle strategie di legittimazione passando dalla difensiva a quella accomodante, quello che cambia sono le scelte adottate dalle imprese. Scelte che variano dalla politica adottata, alla tipologia di impresa, alle condizioni socio-ambientali. Per esempio un’impresa che si rivolge ad un preciso bersaglio di stakeholders (per esempio tossicodipendenti e loro famigliari) opterà per strategie differenti rispetto ad una impresa che deve fare riferimento ad un numero ampio di pubblici. La prima, a differenza della seconda, difficilmente adotterà una strategia estesa perché la considererà imprudente e onerosa.

Questa teoria, oltre a distinguere la parola “insoddisfazione” degli stakeholders (che può intendere lo scontento provocato da un’azienda che inquina un corso d’acqua) dalla parola “soddisfazione” (la concessione di borse di studio per i figli dei dipendenti), unisce inscindibilmente l’attività imprenditoriale a quella sociale: non è possibile sviluppare la prima senza tenere bene presente la seconda.

Nell’ambito della strutturazione del Bilancio Sociale e del piano dei conti bisogna necessariamente esaminare dove è inserita l’impresa in questa scala di benefici economico-sociali e soprattutto come si vorrà porre nel futuro per raggiungere gli obiettivi di crescita e di responsabilità sociale verso i pubblici che detengono interesse. Per quando riguarda il primo punto, l’impresa deve fare introspezione per individuare quali strategie verso gli stakeholders ha finora attuato, deve ricercare i benefici economici e sociali proporzionati al personale, ai soci, agli utenti, ai clienti, ai fornitori, alla comunità locale, ecc…, per trovare la propria collocazione. La questione di come l’impresa viene percepita all’esterno, dei suoi rapporti con gli stakeholders, delle sue scelte passate e presenti, apre di nuovo le porte ad un aspetto imprescindibile che si sviluppa con il Bilancio Sociale: l’identità dell’impresa. Si tratta fondamentalmente dell’identità sociale dell’impresa, anche se la matrice sociale è fortemente relazionata con quella economica e finanziaria, quindi non incorreremo nell’errore parlando di identità globale dell’impresa.

Dopo aver trovato le risposte alla domanda “Chi sono?” e “Cosa ho fatto?”, l’impresa potrà procedere con: “Che cosa voglio fare?”. Quest’ultima domanda mette in causa le capacità future di relazione e di crescita dell’impresa, altro passaggio che, oltre a configurare lo strumento programmatorio e gestionale del Bilancio Sociale, permette la definizione del piano dei conti. Ponendosi la domanda “Che cosa voglio fare?”, l’impresa guarda verso il suo futuro con un occhio puntato alla volontà di svilupparsi e l’altro alla ricerca di un miglior rapporto con i suoi pubblici. In alcuni casi il Bilancio Sociale servirà per correggere la rotta nei confronti dei pubblici che detengono interesse nell’azienda: alcuni gruppi di stakeholders forse saranno considerati ininfluenti a vantaggio di altri, in tutti i casi gli sforzi verranno mirati maggiormente verso gli obiettivi posti. Sin dal primo capitolo sono state spiegate le ragioni che legano ad un doppio filo rosso la crescita dell’impresa ed il rapporto con il territorio, quindi la stesura del Bilancio Sociale permette di governare queste variabili.

Con la messa per iscritto del piano dei conti accompagnato dai relativi stanziamenti, il Bilancio Sociale diventa finalmente concreto. Non più solo enunciazioni di buoni propositi, ma impegni fattuali da parte dell’impresa. L’operativizzazione degli obiettivi nel piano dei conti diventa contemporaneamente la fase più difficile, ma anche quella più importante ai fini dei risultati. Questi indicatori quantitativi rappresentano le azioni di quanto avviene nella missione sociale.

Verifica delle procedure

Una volta compiuta l’elaborazione del codice etico, la scrittura della missione sociale, l’identificazione degli stakeholders e la costruzione del piano dei conti, il Bilancio Sociale è quasi terminato. Quello che ancora manca è il riscontro delle procedure e dei dati ottenuti, quella fase che viene denominata valutazione (assessement). La verifica, attraverso il sistema parametrico definito dal piano dei conti, mira a controllare se le azioni compiute sono state coerenti con il sistema valoriale ha scelto ed enunciato.

Dall’esperienza del rapporto socio-ambientale, si procede a tre tipologie di verifica (Ranghieri, 1998):

✓ verifica di completezza;

✓ verifica di comprensibilità;

✓ verifica con gli stakeholders e la direzione dell’impresa.

Nella verifica di completezza del Bilancio Sociale si cercherà di rivedere alla fonte i dati ottenuti. Come abbiamo visto, le informazioni sono di matrice qualitativa (codice etico, imput esterni ed interni, rilevazioni provenienti dagli stakeholders) e di matrice quantitativa (piano dei conti, dati numerici, bilancio finanziario). In questa fase di verifica alle origini dei dati si percorre a ritroso il processo di costruzione del Bilancio Sociale in tutti i suoi procedimenti per individuare le eventuali mancanze e le imprecisioni. Mancanze e imprecisioni che si possono incontrare nel male utilizzo di informazioni importanti e nella scorretta interpretazione dei dati ottenuti.

In questo livello di verifica viene misurata la coerenza nel tempo tra i riferimenti qualitativi e quantitativi ed i programmi sviluppati dall’impresa. A conclusione del capitolo sui propositi del Bilancio Sociale si era giunti alla conclusione che lo scopo a monte della rendicontazione sociale è l’accertamento della verità: il Bilancio Sociale, eseguendo un’istantanea dell’impresa, deve far luce su tutti i suoi aspetti, ripercorrendone la storia a ritroso.

La verifica della comprensibilità del rapporto sociale riveste una significatività essenziale per la comunicazione. Se il Bilancio Sociale è poco comprensibile al pubblico, perde uno degli scopi per cui è stato redatto. La leggibilità, l’intendimento dei dati, degli articoli, dei suoi propositi, sono elementi su cui si deve riflettere in profondità prima di presentare il Bilancio Sociale.

Ranghieri (1998) indica due punti su cui basare la valutazione:

- adeguatezza dei parametri ed indicatori presentati rispetto alle caratteristiche dell’attività, del processo produttivo e/o del servizio erogato;

- adeguatezza delle modalità di presentazione (presenza di tabelle e grafici debitamente illustrati e commentati).

La verifica (assessement) con gli stakeholders e la direzione dell’impresa del lavoro compiuto è quasi una necessità. Agli osservatori privilegiati ed a gruppi rappresentativi di stakeholders il gruppo di lavoro presenta la rendicontazione eseguita finora per rilevare imprecisioni, correzioni ed attendere consigli. Questo momento è importante per accertare se tutte le fasi di redazione del Bilancio Sociale hanno seguito le aspettative e gli stimoli dei pubblici che hanno a che vedere con l’impresa. Al consiglio di amministrazione ed ai dirigenti dell’impresa viene relazionato e presentato il lavoro finale, attendendo gli ultimi aggiustamenti e le osservazioni prima della sua approvazione definitiva.

Nel caso che si tratti della prima valutazione sociale da parte dell’impresa, molte sono le imprecisioni e le ricalibrature da effettuare e questa fase di verifica si rivela molto utile per individuare le possibili sbavature.

Certificazione (auditing)

Non sempre gli sforzi dell’impresa riescono ad assicurare l’affidabilità dei dati e dei risultati nel Bilancio Sociale. Questo inconveniente succede più facilmente quando si cerca di giungere a facili conclusioni senza una corretta valutazione delle proprie capacità di conoscenza, valutazione, elaborazione delle performances sociali. L’impresa, soprattutto quando affronta l’impegno di redarre la valutazione sociale per la prima volta, deve porre molta attenzione a compiere i giusti passi per non invalidare la rendicontazione, vanificando così gli sforzi compiuti.

La maniera più appropriata per tutelare l’affidabilità del rapporto sociale sono la completezza, la confrontabilità, la trasparenza e la chiarezza (vedi caratteristiche dei rapporti sociali secondo ISEA). I requisiti della comparabilità e della credibilità in particolare possono essere raggiunti con l’ausilio di una società di revisione o con l’adeguamento a particolari normative.

Esistono dei regolamenti internazionali come l’EMAS (Environmental Management of Audit Scheme), normativa adottata nella Comunità europea nell’ambito della gestione ambientale, che traccia dei principi e le linee guida su come produrre una dichiarazione ambientale.

Nel caso della valutazione sociale, dove non esiste uno standard unificante, una delle possibilità per le imprese di raggiungere l’obiettivo della confrontabilità e della credibilità è quello di affidarsi ad una società di revisione; questo intervento diviene maggiormente impellente nel caso che la compagnia produca un bilancio sociale utilizzando le risorse umane interne. La presenza di un soggetto terzo indipendente che garantisce e approva il lavoro compiuto dal punto di vista della rendicontazione sociale rappresenta un elemento di maggiore garanzia per l’impresa e per gli stakeholders. Le modalità per raggiungere la certificazione vengono discussi preventivamente tra la società di revisione e l’azienda, includendo gli stimoli apportati dagli stakeholders nel processo di consultazione e verifica.

Per quanto riguarda la revisione e la certificazione compiuta da una società esterna, esistono diverse possibilità per l’impresa che redige il Bilancio Sociale. Quando il bilancio è redatto esternamente o in modo congiunto, gli esperti esterni spesso sono in grado di fornire una certificazione riconosciuta. Esistono diverse società internazionali che revisionano e certificano i bilanci socio ambientali facendo riferimento a standard come AA1000, SA8000, ISO14001, il regolamento comunitario EMAS e altri; alcuni di questi verranno trattati nel capitolo degli standard di rendicontazione.

I requisiti del revisore che interviene in questa fase finale del Bilancio Sociale devono rispettare l’indipendenza e l’imparzialità, nonché essere esenti da interessi particolari con l’azienda committente. Per quanto riguarda l’esperienza (che nei bilanci ambientali EMAS deve essere almeno triennale), il responsabile della certificazione è uno specialista nel processo di auditing nelle imprese, nelle metodologie di contabilità sociale e deve avere ottima conoscenza dei sistemi di elaborazione dei dati sugli stakeholders.

Il processo di certificazione non è ancora sviluppato come dovrebbe essere nell’ambito della rendicontazione socio ambientale. Le motivazioni che supportano questa realtà sono diverse: molto influisce la carente cultura di pubblicizzazione delle proprie attività da parte delle imprese (rendere note al pubblico le proprie attività è una pratica diffusa nelle culture anglosassoni), la difficile reperibilità di società specializzate in auditing e gli ulteriori costi comportati dalla certificazione esterna.

L’aspetto che maggiormente pregiudica l’espansione della certificazione è l’assenza di un modello procedurale universalmente accettato. Esistono molte esperienze di certificazione esterna, ma non sussiste uno standard comune; secondo la Federation des expert comptables europeens (in Ranghieri, 1998) le divergenze principali si rapportano a:

- l’ambito della verifica;

- le finalità della verifica;

- i criteri di riferimento;

- le procedure di verifica;

- la formula di rilascio della certificazione.

Le divergenze sopra elencate sono di non poco conto e spaziano dalle informazioni reperite, alle procedure usate nel processo di contabilità sociale, alla generale incomparabilità di rendicontazione del variegato universo delle imprese.

Prendendo atto delle molteplici tipologie di certificazione, molti sono anche i vantaggi che comporta l’adeguamento a standard comuni da parte delle imprese. Gli stakeholders primari esterni come i clienti/utenti, mostrano sempre maggiore interesse per le organizzazioni che effettuano la revisione esterna delle proprie performances e dei propri servizi/prodotti; ne sono di esempio il successo raggiunto dai marchi di garanzia. In una società globalizzata, dove la provenienza dei prodotti è sempre più difficile da individuare e di incerta qualità, la presenza di una certificazione è motivo di apprezzamento. L’impresa che propone l’autenticazione dei propri processi di carattere sociale ed etico, offre sicuramente una migliore immagine e visibilità di fronte ai propri pubblici.

In termini di valutazione delle esperienze di auditing, Ranghieri (1998) individua tre tendenze di evoluzione della verifica socio ambientale nelle imprese:

➢ Un primo risultato che le imprese esprimono in seguito all’esperienza del processo di verifica e di certificazione è l’incremento della comunicazione all’interno dell’azienda. Questa maggiore fluidità di interrelazione riesce lentamente a coinvolgere tutti i settori dell’impresa velocizzando e migliorando suo clima interno.

➢ L’introduzione di procedure di verifica dell’audit . Il processo di “controllo dei controllori” ha lo scopo di migliorare la revisione in termini di efficacia, efficienza e valore aggiunto. Una serie di parametri costituiscono la metodologia per verificare l’efficienza e sono: puntualità di consegna dei rapporti finali, rapidità della certificazione, flessibilità della realizzazione del lavoro. L’efficacia del processo di auditing consiste nell’individuare volta per volta indicatori maggiormente precisi e aggiornati alle caratteristiche dell’impresa. Il valore aggiunto si riferisce alla valutazione del processo di verifica attraverso la consultazione degli stakeholders e della direzione dell’azienda.

➢ Oltre a migliorare il clima nell’azienda, la verifica favorisce il coinvolgimento dei dipendenti e limita le loro potenziali criticità.

Anche se la certificazione del Bilancio Sociale non è sempre garanzia totale di affidabilità, la revisione apporta al procedimento pratiche di standardizzazione e quindi di comparabilità all’interno del processo, nonché costituisce un ulteriore elemento di garanzia nella valutazione sociale.

Presentazione e pubblicizzazione

La sesta e ultima fase del Bilancio Sociale consiste nel propagandare il lavoro finora compiuto. In alcuni casi l’impresa dà poca enfasi a questa importante fase dell’operazione, rischiando di inficiare molti degli sforzi impiegati. La suddivisone delle forme di presentazione e propaganda variano a seconda della tipologia d’impresa.

Compiendo una grossolana ma necessaria generalizzazione, le imprese che rendono pubblico il Bilancio Sociale si dividono in quelle che diffondono al mondo intero il proprio lavoro e quelle che optano per una pubblicità mirata a determinati gruppi di stakeholders. Queste scelte dipendono da diversi fattori come la tipologia d’impresa, dagli stakeholders di riferimento, dalle scelte dei suoi organi dirigenziali, dai risultati ottenuti dalla valutazione sociale. Per esempio, un’azienda che opera nella grande distribuzione di beni di consumo avrà tutto l’interesse di esporre i propri propositi e le azioni etiche compiute ad un maggior numero di pubblici possibile. Per contrappasso, un’impresa nonprofit che lavora con situazioni a rischio ed estremamente delicate dal punto di vista etico, come può essere l’assistenza a malati di AIDS, sarà portata a presentare e divulgare il Bilancio Sociale a stakeholders selezionati. Tra i gruppi individuati dall’impresa nonprofit ci saranno operatori del settore, famigliari dei pazienti, portatori sani della malattia, pazienti.

In alcuni casi il consiglio di amministrazione ed i dirigenti optano per una pubblicizzazione limitata ai soci o agli azionisti perché ritengono inutile una divulgazione allargata. Altre volte il management vede inopportuna questa forma di propaganda perché lesiva degli interessi aziendali; una motivazione può essere l’indesiderabilità di far conoscere a tutti informazioni interne sull’impresa particolarmente delicate o utili alla concorrenza.

La presentazione del Bilancio Sociale è un momento importante per l’impresa perché finalmente i frutti dell’opera del gruppo di lavoro e di tutti coloro che vi hanno partecipato vengono presentati ai pubblici di riferimento. Diviene quindi una necessità elementare riuscire a giocarsi al meglio questo momento. La soluzione più interessante è quella d’illustrare il Bilancio Sociale a ciascun gruppo di stakeholders separatamente. Ci sarà dunque una presentazione per gli azionisti, per i soci, per i dipendenti e per tutti i pubblici ritenuti importanti. Effettuare diverse presentazioni del lavoro è utile perché così si riesce a focalizzare le questioni riguardanti quel determinato gruppo di stakeholders.

La comunicazione della “situazione sociale” dell’impresa e dei suoi propositi concreti di realizzazioni favorevoli agli stakeholders può avvenire anche a mezzo di conferenza stampa, posto che si tratti di un’impresa rilevante e che l’evento crei notizia. Alcune aziende hanno ripreso con la telecamera questo evento e inviato il film a stakeholders significativi.

Per la pubblicazione si cercherà il supporto più confacente alla tipologia dell’impresa: uno stile creato dalle imprese anglofone è un rapporto sociale stampato su carta riciclata, con una grafica sobria a colori pastello e foto richiamanti situazioni positive. Il lavoro può essere inserito nel bilancio ordinario, creando così un unico documento che unisce i due bilanci. Ovviamente, con la diffusione di internet, molte imprese pubblicano anche su supporto informatico i propri Bilanci Sociali e loro sintesi per una fruizione più globale. La maggior parte delle opere sono scaricabili sul computer in formato “pdf” o “zip” che facilitano l’operazione e sono leggibili con un programma gratuito. Il supporto elettronico porta all’ennesima potenza la possibilità per chiunque di essere a conoscenza delle scelte in campo sociale dell’impresa. Su carta si possono effettuare delle sintesi leggibili da un pubblico meno partecipe delle vicende dell’impresa, anche se potenzialmente interessato; la sintesi è facilmente spedibile via posta.

Per concludere questo paragrafo, possiamo convenire ancora una volta con Viviani (1999) che individua nella presentazione e nella pubblicazione del Bilancio Sociale un processo di comunicazione all’interno di uno strumento che è per antonomasia un atto di comunicazione.

3. I modelli di Social and ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR)

Pur nella loro diversità, i modelli e le esperienze di rendicontazione sociale si rifanno ad alcune linee guida. Zadek e Raynard (1995) individuano per le esperienze di Bilancio Sociale delle imprese tre filoni metodologici:

• Social auditing

• Ethical accounting statement

• Social statement

Questi tre modelli si incardinano in quella che viene denominata Social and ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR), che si può tradurre in “Attività di rendicontazione, verifica e comunicazione etico-sociale”. Zadek (1994) la definisce: “Il processo attraverso il quale si può valutare, comunicare e migliorare la performance etica e sociale di un’impresa, misurando l’impatto sociale delle sua attività e il livello etico dei comportamenti organizzativi, in relazione ai suoi scopi ed a quelli dei suoi stakeholders”.

Il Social auditing (o accounting) venne elaborato da due organizzazioni della Gran Bretagna, la Traidcraft e la New Economics Foundation (NEF). Richard Evans, dirigente della divisione Social Accountig di Traidcraft e Simon Zadek, responsabile della ricerca di NEF e attuale presidente di ISEA, diedero luce ad una delle metodologie più diffuse.

Secondo Zadek e Evans, il bilancio sociale deve portare ai seguenti obiettivi:

- rilevare le percezioni dei pubblici nei confronti dell’azienda;

- dare risalto alle aspettative ed agli apporti degli stakeholders rilevati nella consultazione;

- includere tutti gli aspetti dell’impresa;

- rispettare tutti i procedimenti riservati al bilancio ordinario, inclusa la revisione esterna (audit).

Nel modello Social auditing il processo di costruzione del Bilancio Sociale si articola su tre passi.

Nel primo passaggio si strutturano le fasi principali della valutazione sociale:

1. Viene approntato un quadro etico e si definiscono gli obiettivi dell’impresa, valutando a che punto questi sono radicati negli stakeholders;

2. Identificazione e costruzione della mappa degli stakeholders dell’azienda cercando di focalizzare le loro questioni cardine;

3. Consultazione dei pubblici detentori di interesse nell’azienda;

4. Si struttura il piano dei conti, vengono stanziati dei finanziamenti e si definiscono le responsabilità;

5. Si studiano le modalità del processo di auditing e viene nominato un auditor esterno.

Il secondo passaggio del Bilancio Sociale definito da Zadek-Evans passa all’azione, concentrandosi sulla consultazione degli stakeholders, elaborando le metodologie di contatto e di individuazione delle istanze di questi ultimi. Il processo considera determinanti gli apporti dei pubblici di riferimento.

Una volta ricevute tutte le informazioni necessarie alla costruzione del Bilancio Sociale, si passa alla terza e ultima fase che consiste nel dar forma e contenuto alla rendicontazione.

Quando il lavoro di costruzione è terminato, viene presentato ad una audit esterna (una società di revisione o un revisore certificato) per l’approvazione. In seguito lo si sottopone ai pubblici detentori di interesse, insieme alle considerazioni preparate dalla società o dal verificatore. Tutti i processi vengono seguiti da un esperto esterno che ne garantisca l’affidabilità. Nel social auditing è previsto il confronto (benchmark) tra modelli di bilanci sociali; la metodologia standard implementata dal Social audit permette la possibilità di effettuare comparazioni tra esperienze di Bilanci Sociali nelle imprese.

L’Ethical accounting statement nasce da Peter Pruzan della Copenhagen business school e si è diffuso ampliamente in tutta l’area scandinava. Come lascia intendere il nome, si tratta di un resoconto sullo stato etico delle imprese, un’analisi delle performance valoriali prefissate dall’azienda e implementato nei pubblici detentori di interesse.

Il modello approntato nella scuola danese prevede un grosso investimento nella ricerca di quelle che sono le esigenze e le aspettative degli stakeholders e nei risultati dell’introduzione di politiche sociali favorevoli a questi ultimi. Sono previste diverse forme di consultazione dei pubblici di riferimento, iniziando con i dialogue circles che sono specie di focus groups strutturati per classe di stakeholders. Successivamente si passa alla somministrazione di questionari anonimi. Segue l’elaborazione delle informazioni anche attraverso l’apporto degli stakeholders. Con la divulgazione del rapporto sociale termina il processo che viene rinnovato annualmente.

La definizione degli obiettivi etici e del piano contabile procede con un sistema in continua costruzione che parte dal dialogo con i portatori di interesse nell’azienda. Il lavoro di Pruzan punta alla comunicazione tra gli stakeholders con l’intento di migliorare il clima interno all’impresa ed a rafforzarne l’identità globale. Questo processo, a differenza del primo, non prevede l’audit esterno e neppure il benchmarking con altre esperienze di valutazione sociale d’impresa.

Il Social statement si può inserire nella tipologia dei rapporti sociali. Come abbiamo visto nel secondo capitolo, il rapporto ha come scopo principale la comunicazione e non presenta obbiettivi sociali specifici da raggiungere da parte dell’impresa. Nel Social statement non si incontrano dichiarazioni di missione o la rendicontazione, elemento tipico del piano dei conti. La comunicazione ed il rapporto non prevedono l’utilizzo della certificazione esterna che è considerata inutile agli scopi dell’impresa.

Il modello prevede l’individuazione degli stakeholders rappresentativi dell’impresa, inserendo nel processo la loro consultazione ai fini di redarre un rapporto stilato da uno o più esperti in materia di reporting sociale.

Simon Zadek, ha dato forma a una di serie di caratteristiche grazie alle quali è possibile analizzare le varie tipologie di rendicontazione etico-sociale promossa dalle imprese:

1. Prospettiva multistakeholders: i bilanci sociali devono coinvolgere ed includere tutti i pubblici di riferimento ottenendo la visione globale degli stakeholders, anche di quelli che l’impresa vorrebbe non considerare;

2. Completezza della rendicontazione: la valutazione delle performance sociali devono tenere conto di tutti i settori dell’impresa;

3. Regolarità e sviluppo del procedimento: il Bilancio Sociale deve essere redatto a cadenza regolare e ed evolversi ogni volta maggiormente al suo interno;

4. Comparabilità: l’impresa deve fare in modo che la sua valutazione sia comparabile con le esperienze passate e future, e che sia attuabile il benchmarking esterno con altre aziende;

5. Esplicitazione degli obiettivi futuri: l’azienda deve individuare attraverso il Bilancio Sociale quali obiettivi futuri darsi di miglioramento delle performances;

6. Contabilità sociale strutturata: riguarda l’aspetto del piano dei conti e della definizione delle risorse da destinare agli stakeholders;

7. Verifica da parte di organi esterni: deve essere verificato da qualche tipo di magistratura esterna;

8. Presenza di audit group: la fase della certificazione è essenziale;

9. Pubblicazione della contabilità sociale: il bilancio deve essere pubblico e non solo rivolto al controllo degli organi interni all’azienda;

Seguendo questa prospettiva, è possibile inserire le tre linee guida della valutazione sociale fissata da Zadek (1997) nella seguente tabella:

|PRINCIPI |SOCIAL AUDIT |ETHICAL ACCOUNT STAT.|SOCIAL STAT. |

|Prospettiva multistakeholders |SI |SI |SI |

|Completezza |SI |SI |NO |

|Regolarità e sviluppo |SI |SI |SI |

|Comparabilità |SI |NO |NO |

|Esplicitazione degli obiettivi futuri |SI |SI |NO |

|Contabilità sociale strutturata |SI |SI |NO |

|Verificato da organi esterni |SI |NO |SI |

|Presenza di audit group |SI |NO |NO |

|Pubblicazione |SI |SI |NO |

Gli unici elementi che accomunano le tre tipologie di Bilancio Sociale sono l’aspetto dell’individuazione e consultazione degli stakeholders e nella cadenza regolare nel riproporre la valutazione delle performance sociali dell’impresa.

Vaccari (1998) evidenzia che le differenze di queste tre classificazioni si possono incontrare nella:

a. Finalità e uso della rendicontazione sociale: maggiore enfasi alla comunicazione ed alla trasparenza (Social auditing), oppure al miglioramento della gestione delle risorse e dell’identità (Ethical accounting statement), o alla competizione strategica (Social statement);

b. Modalità di selezione degli stakeholders: tutti, i gruppi selezionati dall’impresa, tutti gli stakeholders con alcune differenze di priorità;

c. Contenuti: risultati globali, oppure solo quelli considerati importanti per l’interesse dell’impresa;

d. Strutturazione del piano contabile

e. Modalità di individuazione dei parametri: scelti unicamente dal management oppure in compartecipazione con i pubblici;

f. Tipologia di valutazione: interna, esterna, mista o su indicatori globali;

g. Modalità di verifica esterna: certificazione eseguita da una società, da un esperto che collabora all’intera costruzione del Bilancio Sociale, assente;

h. Modalità di presentazione e di pubblicizzazione.

4. Conclusioni del capitolo

In questo capitolo molte sono state le indicazioni, le metodologie, i procedimenti e i modelli che le imprese affrontano nella sfida del Bilancio Sociale. È praticamente impossibile poter parlare di rendicontazione sociale al singolare perché, come abbiamo visto, oltre ad essere molteplici le possibilità per l’azienda di effettuare una valutazione delle proprie performances sociali, varie sono i contesti aziendali. L’impresa si colloca in un contesto socioeconomico specifico, ha una cultura propria, occupa uno spazio determinato, produce beni o servizi destinati a differenti pubblici, si relaziona con diversi stakeholders, affronta problemi e confronti in diversi modi. Anche nel caso di filiali di multinazionali si individuano differenze a seconda che operi in un paese (regione) piuttosto che in un altro.

L’impresa ha molte vocazioni: può essere pubblica, privata, e del terzo settore. Ognuna di queste tipologie di impresa è molto diversa dall’altra e persegue un obiettivo specifico. Pestoff (1996) individua le seguenti diversità tra le imprese statali, quelle del profit e quelle del nonprofit:

| |STATO |MERCATO |TERZO SETTORE |

|Basi di inclusione |Cittadinanza e/o residenza |Proprietà e/o acquisto |Associazione e/o ente |

| | | |patrocinante |

|Disciplina accademica |Scienze politiche e/o pubblica |Economia |Diverse |

| |amministraz. | | |

|Funzione principale |Ridistribuzione |Intercambio |Reciprocità |

|Valore principale |Uguaglianza |Libertà |Fraternità |

|Valori associati |Provvedere al benessere generale |Massimizzazione del profitto |Aiuto reciproco e solidarietà|

|Funzione primaria |Politica |Finanziaria |Sociale |

L’impresa, di qualsiasi tipo, deve cercare di implementare una rendicontazione sociale il più possibile aderente alle proprie attitudini e alle proprie esigenze, per ottenere maggiore efficacia. Nel prossimo capitolo, oltre a vedere nello specifico le società e le singole scuole che affrontano la valutazione sociale, verranno riportate delle interviste effettuate ai professionisti che la redigono.

5. Gli standard internazionali di Responsabilità sociale e le interviste

Dal punto di vista della legislazione italiana non esiste obbligo imposto dagli strumenti legislativi per la redazione del Bilancio Sociale.

Il Decreto Legislativo n° 460 del 1997, che ha istituito le ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) e dato una nuova definizione di Enti non commerciali, ha introdotto alcune novità che potrebbero portare nuove svolte sul tema della rendicontazione sociale. La legge prevede l’affiancamento al bilancio ordinario di una relazione sulle attività sociali svolte dall’impresa, una sorta di bilancio della attività sociali compiute.

L’articolo 8 del Decreto Legislativo 460/97 "Scritture contabili degli enti non commerciali" afferma: "Indipendentemente dalla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione indicate nell’articolo 108, comma 2, lettera a) del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR n° 917 del 22/12/98...".

Questa disposizione introduce un apposito e separato rendiconto in forma di relazione illustrativa, nel quale vengono pubblicizzati i fondi pubblicamente raccolti, le donazioni di beni di modico valore ed i servizi effettuati nelle attività; in questo modo si introduce il principio del monitoraggio qualitativo e quantitativo dei fondi raccolti per beneficenza.

1. Le società e gli standard internazionali

Questo paragrafo prenderà in esame le più importanti organizzazioni internazionali, il loro importante ruolo all’interno della responsabilità sociale delle imprese e gli standard da esse proposte. Nella maggioranza dei casi si tratta di organismi e gruppi di studiosi che per primi hanno proposto la valutazione delle performances sociali alle imprese e nel corso degli anni hanno evoluto i propri standard. Standard che sono divenuti di portata transnazionale e utilizzati da imprese sparse nel mondo.

Oltre ad una panoramica attuale sulle organizzazioni non governative, verranno trattate le società private di consulenza che valutano e certificano gli standards etici proposti dalle prime. Dopo un breve excursus sui servizi offerti da queste società, chiunque capisce il sempre maggior spazio che sta guadagnando presso le aziende di tutto il mondo l’adeguamento a codici e standard di responsabilità sociale ed ambientale. La sostenibilità e la qualità etica dei beni e dei servizi offerti, diventa un imperativo crescente per le imprese profit, nonprofit e pubbliche dei Paesi sviluppati e delle compagnie di tutto il mondo che esportano all’estero. Le condizioni del posto di lavoro, la salute, la sicurezza, la provenienza etica di un bene, l’impegno verso gli stakeholders, il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani sono solo alcune caratteristiche dell’universo etico che investe le imprese. Anche il mondo delle imprese sente con sempre maggiore impellenza la necessità di confrontarsi con normative, certificazioni, codici di comportamento, standard. In molti casi per scelte strategiche, in altri per scelte principalmente etiche.

NEF

New Economics Foundation (NEF, ) è un’organizzazione indipendente fondata in Gran Bretagna nel 1986. Essa nasce con lo scopo di costruire un’economia nuova centrata sulla persona e nel rispetto per l’ambiente. L’esperienza della New Economics Foundation è stata importante anche per formare l’Institute for Social and Ethical Accountability (ISEA) ed i suoi standards di valutazione etico-sociale.

Il lavoro di NEF combina ricerca, azione giuridica, formazione e azione pratica. All’interno dello sviluppo di una nuova economia vengono individuati quattro strumenti operativi:

- scambio alternativo del denaro;

- investimenti sociali;

- indicatori di sostenibilità;

- contabilità e revisione (certificazione) sociale.

La visione di un economia che rispetti le persone e l’ambiente parte da uno scambio diverso del denaro investendolo nel sociale. Per NEF promuovere finanziamenti verso le imprese che attuano forme di impegno etico è un atto necessario di responsabilità; l’investimento sociale deve portare allo sviluppo di forme di credito cooperativo, alla crescita della piccola impresa e a finanziamenti di comunità (Community finance).

L’ultimo strumento per lo sviluppo di un economia etica interessa maggiormente il nostro lavoro e riguarda la contabilità (accounting) e la revisione-certificazione (audit) sociale. Queste due procedure appartenenti al Bilancio Sociale permettono di misurare le performances sociali ed etiche dell’impresa e di migliorare i suoi rapporti con gli stakeholders. Il supporto di NEF alla costruzione della rendicontazione sociale ha permesso a compagnie private, pubbliche, del terzo settore di organizzare meglio il proprio lavoro. L’organizzazione New Economics Foundation crede nello strumento del Bilancio Sociale soprattutto come chiave di volta per la pianificazione strategica e per la gestione interna ed esterna delle imprese.

Viviani (1999) riporta i caratteri che deve avere il Bilancio Sociale secondo NEF:

Polivocale: tutti gli stakeholders dell’impresa devono essere ascoltati e presi in considerazione;

Multidirezionale: tutti gli stakeholders entrano nel meccanismo del dare-avere nel loro rapporto con l’impresa. I pubblici possiedono obbligo dI conferimento e diritto di prelevamento;

Vasto e completo: tutti gli aspetti dell’impresa e delle sue interazioni devono essere prese in esame, comprese le filiere di relazione sociale;

Comparativo: deve essere costruito in modo che sia possibile la comparazione con altre, precedenti o future esperienze di rendicontazione sociale. Per ottenere ciò la valutazione sociale necessita di standardizzazione;

Esternamente validato: verificato e certificato da società di revisione o da singoli professionisti accreditati.

Nella pratica, il modello di NEF -elaborato per le piccole organizzazioni- si dipana in otto azioni:

1. Esplorazione e comprensione del significato di Social Auditing insieme all’organizzazione;

2. Individuazione degli stakeholders dell’organizzazione;

3. Definizione degli obiettivi prioritari dell’impresa e dei suoi stakeholders più significativi, definizione della fattibilità e dei risultati attesi;

4. Scelta degli indicatori e dei parametri di riferimento per valutare la performance;

5. Costruzione del piano dei conti e del sistema informativo di supporto;

6. Creazione del sistema di monitoraggio e di reporting per il cda;

7. Costruzione annuale del rendiconto sociale e certificazione del piano dei conti e del rendiconto stesso;

8. Valutazione dei risultati al fine di modificare o tarare gli obiettivi nonché pubblicazione del rapporto da distribuire a tutti gli stakeholders.

La New Economics Foundation ha creato un importante schema di misurazione, il Quality scoring framework (QSF), un sistema ad indicatori numerici che permette di assegnare un giudizio alla qualità della rendicontazione sociale. Esso nasce dall’esigenza di definire degli standard comparativi per la valutazione etico-sociale, facendo riferimento agli otto Principi applicativi dei Bilanci Sociali proposti da ISEA. A ciascun Principio di ISEA viene applicata una griglia di sette Criteri, per un totale di 56 Criteri che valutano la rendicontazione sociale attraverso un punteggio. Ogni Principio ISEA entra a fare riferimento in una scala a cinque livelli crescenti:

Livello 1 – processo PRELIMINARE: limitato alla missione sociale ed ai propositi generali dell’impresa, inserendo descrizioni illustrative schematiche;

Livello 2 – processo BASE: processo descrittivo che include la consultazione a limitati gruppi di stakeholders e le strategie a loro destinate;

Livello 3 – processo INTERMEDIO: implica un ampio processo di consultazione dei pubblici detentori di interesse, l’utilizzo di indicatori e dati finanziari con le loro relative politiche aziendali;

Livello 4 - processo AVANZATO: rapporto sociale completo di tutti i suoi processi, compresa la verifica esterna, l’interlocuzione bidirezionale con gli stakeholders e l’impegno del miglioramento continuo degli obiettivi;

Livello 5 – processo SOSTENIBILE: include tutti i processi e le operazioni dei livelli precedenti, con l’implicazione aggiuntiva di portare la valutazione sociale allo sviluppo sostenibile dell’impresa.

Prendendo il primo Principio ISEA, la completezza, si crea una tabella di questo tipo:

|CRITERI DI VALUTAZIONE |LIVELLO 1 |LIVELLO 2 |LIVELLO 3 |LIVELLO 4 |LIVELLO 5 |

|Mappa attività | | | |punti … | |

|Nessuna esclusione attività | |punti … | | | |

|Mappa stakeholders | | |punti … | | |

|Nessuna esclusione di stakeh. | |punti … | | | |

|Impegno di futura copertura attività di| |punti … | | | |

|stakeholders | | | | | |

|Impronta ambientale | | |punti … | | |

|Dati finanziari ed economici | | | |punti … | |

Per ognuno degli otto Principi ISEA si costituisce una tabella o un grafico che assegna un valore (punteggio) a ciascun criterio di valutazione del rapporto sociale, indicando il livello di elaborazione raggiunto. In questo modo si ottengono otto tabelle o grafici indicanti i 56 punteggi relativi ad ogni criterio di valutazione.

Procedendo con l’elenco dei Criteri fissati per ciascun Principio, dopo il principio della completezza, ne seguono altri sette, ciascuno composto da sette criteri di valutazione.

Confrontabilità: indicatori delle norme istituzionali, indicatori sociali abitualmente registrati, elementi qualitativi, benchmarks, indicatori del tempo, compromessi, nuovi obiettivi.

Inclusività: collaborazione con gli stakeholders, processo di dialogo multidirezionale, scelta degli indicatori da parte degli stakeholders, politiche emergenti, uguale voce ai distinti gruppi di stakeholders, passi successivi, compromessi.

Regolarità ed Evoluzione: regolarità e puntualità, profondità e ampiezza, rispondenza ai cambiamenti organizzativi, impronta sociale, “temi caldi” o “strettoie”, opinioni e bisogni degli stakeholders, precisione ed utilità del ciclo precedente.

Politiche e procedure (incorporazione): politiche specifiche per gli stakeholders, processo di consultazione dei pubblici di riferimento, politica sociale ed etica, informazioni sul management, audit sul management, informazioni sulla governance, impegno strategico per uno sviluppo sostenibile.

Diffusione: politica di reporting, disponibilità pubblica, progetto di collaborazione con gli stakeholders, meccanismi di feedback, efficace strumento di management, efficace strumento di comunicazione, accessibile a quei pubblici tradizionalmente esclusi.

Verifica esterna: verifica di terze parti, indipendenza e correttezza della terza parte, competenza della terza parte, verifica da parte degli stakeholders, verifica di miglioramento continuo, limiti della verifica, verifica della completezza.

Miglioramento continuo: dichiarazione di nuovi obiettivi, benchmarks di performance, politiche emergenti, procedure e sistemi emergenti, questioni di sostenibilità nei progetti in corso, questioni di sostenibilità nei progetti futuri, responsive governance.

[pic]

Il QSF, che si può tradurre in sistema di misurazione delle qualità, oltre a definire degli indicatori comuni di misurazione del livello raggiunto dalla rendicontazione sociale, permette all’impresa di confrontarsi e di migliorarsi. L’opportunità di standardizzare le diverse implementazioni di Bilancio Sociale, rende possibile all’azienda di misurarsi con se stessa e con esperienze diverse. Tutto ciò non può che facilitare una maggiore programmazione degli obiettivi e del miglioramento delle prestazioni.

Le compagnie più importanti che hanno adottato il modello di NEF tra il 1995 ed il 2000 sono Camelot, The Body Shop, Traidcraft, the Co-operative Wholesale Society, Ben and Jerry's. Lo schema di QSF, ora portato avanti da ISEA, è stato preso come standard di misurazione delle performances di rendicontazione sociale da molte aziende sparse per il mondo.

ISEA

L’ Institute for Social and Ethical Accountability, l’ISEA, è un istituto di accreditamento e certificazione con sede in Gran Bretagna. Si tratta di un organizzazione fondata nel 1996 e costituita da membri internazionali. I suoi scopi generali sono di favorire la responsabilità sociale ed il comportamento etico della comunità economico-finanziaria attraverso:

1. La promozione di migliori pratiche di accounting, auditing e reporting sociale; e

2. lo sviluppo di standard internazionali e di procedure di accreditamento nel campo professionale.

Come abbiamo visto in precedenza, ISEA sviluppa insieme a NEF otto Principi che suggeriscono, a loro volta, altrettante modalità operative volte ad ottenere la massima qualità da un rapporto sociale. I Principi sono diventati parte fondamentale nell’implementazione del Quality Scoring Framework e del successivo standard AA1000. Essi sono:

• Completezza del rapporto sociale, ossia nessuna area deve essere eclusa;

• Confrontabilità tra performances sociali dell’impresa in diversi periodi e rispetto a quelle di altre aziende;

• Inclusività delle opinioni e delle valutazioni degli stakeholders;

• Evoluzione continua del processo di rendicontazione;

• Politiche e procedure che permettano la sistematizzazione e copertura della valutazione del processo;

• Diffusione del rapporto e piena disponibilità di pubblicizzazione;

• Verifica esterna per rafforzare la legittimità del rapporto;

• Miglioramento continuo.

Nel novembre 1999 ISEA propone uno standard di contabilità sociale, AccountAbility 1000 (AA1000), con l’intento di costituire pratiche migliori e unificanti nella gestione delle performance sociali. La struttura di AA1000 è frutto dell'evoluzione nei processi di bilancio, auditing e reporting etico dovuti alla pratica, alla loro applicazione concreta, all'elaborazione di studiosi ed a standard già esistenti. Si tratta di un modello in evoluzione continua che propone di migliorarsi nel tempo e di adattarsi alle nuove sfide che incontrano le imprese. Questo processo standard vuole assistere le aziende nel definire obiettivi ed indirizzi, i loro progressi di implementazione, di certificazione e di rendicontazione delle loro performances etico-sociali.

AA1000 non è uno standard certificabile, ma uno strumento per incoraggiare l'innovazione su dei principi chiave di qualità, fornendo garanzie agli stakeholders; sotto questo aspetto si può parlare di una serie di linee guida. Le indicazioni proposte da AA1000 vogliono strutturare un utile impalcatura su cui le imprese creano e misurano le proprie performances sociali, facilitando la comprensione ed il giudizio da parte degli stakeholders. ISEA sviluppa questo standard per rendere unificanti, veritieri e comprensibili per un pubblico più esteso le valutazioni sociali elaborate dalle imprese.

Due sono le possibilità di utilizzo:

• Per rafforzare la qualità e la circolazione degli standard di contabilità specializzata;

• come sistema di processo autonomo per gestire e comunicare bilancio e performances sociali ed etiche.

AA1000 è uno standard di processo che si articola in cinque fasi che si sviluppano prevalentemente in maniera lineare, anche con possibilità di ripetizione:

o Planning. Vengono definiti i valori e gli obiettivi sociali ed etici dell'organizzazione e vengono identificati gli stakeholders;

o Accounting. Viene definito lo scopo del processo, vengono raccolte ed analizzate le informazioni, identificati gli indicatori e gli obiettivi, sviluppato un piano di miglioramento;

o Auditing e reporting. Viene realizzata una comunicazione scritta o verbale (report) da sottoporre agli stakeholders per ottenerne una condivisione;

o Embedding. Vengono istituiti sistemi (gestione e raccolta delle informazioni, implementazione dei valori, audit interna), sviluppati per rafforzare il processo e per integrarlo nel migliore dei modi;

o Stakeholder engagement. L'impresa in tutte le fasi del processo rimane in stretto collegamento con i suoi pubblici.

L’ Institute for Social and Ethical Accountability elenca anche le diverse utilità apportate da AA1000:

A) Consente di misurare gli indicatori chiave di performance sociale;

B) migliora la gestione della qualità nei rapporti con gli stakeholders;

C) favorisce il rapporto con il personale dipendente;

D) accresce la fiducia degli stakeholders esterni;

E) Migliora ed aiuta a mantenere buoni i rapporti di partnership;

F) aiuta a valutare e gestire meglio i rischi che si possono presentare nelle relazioni esterne (reputazione, marchio);

G) soddisfa le sempre più complesse esigenze informative degli investitori;

H) sostiene la gestione dell'impresa;

I) facilita i rapporti tra Istituzioni pubbliche ed impresa;

J) favorisce la formazione e l'identificazione di fornitori di servizi qualificati.

AccountAbility 1000 è adottato dalle imprese per sviluppare le loro pratiche sociali, per migliorare la qualità dei propri beni/servizi, dagli stakeholders per valutare i bilanci sociali e da coloro che utilizzano AA1000 come base per sviluppare nuovi standards etici.

CEP

Il significato dell’acronimo CEP corrisponde a Council of Economic Priorities e si tratta di un organizzazione indipendente fondata nel 1969 negli Stati Uniti e con partner in tutto il mondo. CEP nasce con lo scopo di valutare le performances sociali ed ambientali delle imprese. La sua lunga esperienza di servizio di ricerca informa ogni giorno migliaia di consumatori, investitori, manager, lavoratori su diritti umani, ambiente, diritti ugualitari nel campo del lavoro e nel sociale.

Da oltre tre decadi il Council of Economic Priorities () lavora per influenzare il comportamento delle imprese nel sviluppare comportamenti etici ricercando la “fibra sociale” presente in esse. Come nel caso di Ethics Resource Center e Ethics in Action, avviene una piena opera di condizionamento della reputazione delle aziende: CEP promuove imprese (utilizzando anche lo strumento degli Awards annuali), oppure le sanziona per mezzo della propaganda pubblica. La reputazione viene influenzata anche attraverso l’informazione verso i consumatori e gli investitori sulla qualità dei beni e la loro “provenienza etica”.

CEP pubblica in migliaia di copie una guida, la Shopping for a Better World, definita dal Washington post: “SBW potrebbe essere vista come la madre di tutte le guide… Una completa ed efficace guida alle aziende giuste e meno giuste..”

Shopping for a Better World è una guida di facile lettura per un ampio pubblico, che indirizza il potere del consumatore nel scegliere i prodotti non solo in base a criteri di qualità/prezzo, ma anche in base alla loro provenienza. Il libro, stampato annualmente, si presenta in un formato accattivante con più di 300 pagine di carta riciclata dove i consumatori possono trovare informazioni e giudizi su 400 imprese di tutte le tipologie site negli Stati Uniti o multinazionali. Shopping for a Better World spiega con dovizia di particolari le attività delle imprese, permettendo una facile comparazione da parte degli investitori e consumatori su sette tipologie di categorie:

Ambiente

Emancipazione femminile/pari opportunità

Promozione delle minoranze

Solidarietà e donazioni

Condizioni di lavoro

Benefici alle famiglie

Disponibilità a fornire informazioni

Ad ogni categoria CEP assegna un voto che può rientrare in sei tipi di giudizi che partono dal negativo (povero), per arrivare al massimo del positivo (eccellente), comprendendo il “non fornisce informazioni”. Oltre alle sopra elencate categorie, Shopping for a Better World informa se le compagnie eseguono esperimenti sugli animali, se stipulano contratti con le Forze Armate, sulle condizioni del lavoro nelle filiali nel terzo mondo e dei loro contributi alle comunità locali.

Basandosi su questi presupposti, il Council of Economic Priorities fonda nel 1997 il Council of Economical Priorities Accreditation Agency (CEPAA), ora divenuto Social Accountability International (SAI, ), con lo scopo di guidare lo sviluppo di standard internazionali di verifica e di certificazione della qualità del lavoro da parte delle imprese. Questo istituto nonprofit affiliato a CEP è nato per: “Sviluppare, stabilizzare e verificare l’implementazione di standard volontari di responsabilità sociale, per consentire alle aziende di garantire ai propri clienti che i loro prodotti siano fabbricati in condizioni lavorative umanamente accettabili. ”.

La missione di Social Accountability International si può riassumere nella volontà di fomentare la valutazione sociale nelle imprese attraverso:

• la consultazione degli stakeholders significativi per sviluppare standard basati sul consenso;

• l’accreditamento di organizzazioni nel verificare l’adeguamento delle imprese agli standard;

• promuovere la conoscenza e l’implementazione degli standard in tutto il mondo.

Relativamente agli standards sopra menzionati, Social Accountability International afferma che se ISO 9000 e ISO 14000 sono divenuti standard di controllo sulla sicurezza nel lavoro e sull’ambiente, Social Accountability 8000 (SA8000) si concentra sulla standardizzazione internazionale della responsabilità sociale ed etica delle imprese nei confronti dei loro detentori di interesse.

La costruzione dello standard SA8000 è avvenuta convocando un gruppo di lavoro composto da esperti delle organizzazioni non governative e del Governo, da associazioni che tutelano i diritti umani e dell'infanzia, da imprese che investono in modo socialmente responsabile, da società di certificazione e di imprese profit. All’inizio del 2001 il consiglio di SAI era composto da 22 membri provenienti da diversi Paesi del mondo.

Gli studi condotti da CEP e da SAI sui codici di condotta utilizzati da parte delle imprese nei confronti dei dipendenti, hanno portato a riconoscere i limiti di queste regolamentazioni. Gli oltre trent’anni di esperienza di CEP nei codici di comportamento possono testare la difficoltà di monitorarli e soprattutto di renderli efficaci. Con l’intento di fornire risposte più efficaci ed efficienti al problema delle condizioni nel lavoro, SAI sviluppa Social Accountability 8000. Questa norma non nasce nello stesso modo in cui si sono sviluppate le certificazioni tecniche (es. ISO 9000), cioè da parametri stabiliti da comitati di esperti nazionali di un settore specialistico, che formalizzano tali scelte in norme da far condividere a livello nazionale ed internazionale percorrendo un lungo ciclo che si allarga dall'Europa (EN) fino al mondo (ISO, International Organization for Standardizations), bensì viene designata per la certificazione da parte di un organismo indipendente. SA8000 unisce alle strategie di mercato del controllo della qualità contemplati negli standard internazionali, elementi considerati prioritari dagli esperti di diritti umani, riunendoli nella rendicontazione sociale.

Gli aspetti interessati da Social Accountability 8000 sono l’assistenza a consulenti ed a manager di azienda, il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro e, infine , la certificazione e la verifica delle performances sociali. Un’impalcatura di responsabilità etico-sociali destinata a compagnie di ogni tipo e dimensione in tutto il mondo.

SA8000 è basato sui principi delle norme internazionali delineati nella Convenzione internazionale del lavoro, la Convenzione sui diritti dell’infanzia, la Dichiarazione universale sui diritti umani. Il suo sistema ingloba tutte queste specificità internazionali con le tecniche proposte da ISO 9000 come lo specificare le azioni preventive correttive, il miglioramento continuo e la messa a fuoco su sistemi e sulla documentazione di gestione che dimostrano l’efficacia di questi sistemi. In più, il sistema SA8000 include tre elementi essenziali per la verifica sociale:

- standard di prestazione specifici regolati con i requisiti minimi;

- i revisori dei conti sono tenuti a consultarsi con le parti interessati, quali le associazioni nonprofit, i sindacati ed i dipendenti;

- il meccanismo di consultazione con gli stakeholders permette di portare importanti questioni ai fini della certificazione.

Con questo bagaglio normativo, Social Accountability 8000 misura la performance delle imprese in otto aree essenziali:

1. lavoro minorile: l’impresa non può assumere dipendenti con età inferiore ai 15 anni, salvo esenzioni specifiche concesse dalla convenzione ILO 138;

2. lavoro coercitivo: il lavoratore deve accettare liberamente senza costrizioni di sorta l’impiego nell’impresa;

3. salute e sicurezza: la compagnia è obbligata ad offrire condizioni che non compromettano la salute o la sicurezza;

4. libertà di associazione e diritto di contrattazione collettiva: iscrizione libera al sindacato da parte dei lavoratori, nonché possibilità di organizzare le contrattazioni riguardanti la qualità del lavoro;

5. discriminazioni: nessuna forma di discriminazione, sia essa di razza, sesso, religione, posizione sociale, handicap, appartenenza ad un determinato partito politico, non devono ostacolare la vita lavorativa nelle sua totalità;

6. provvedimenti disciplinari: l’impresa non può utilizzare forme di punizione corporale o verbale nei confronti dei dipendenti;

7. orari di lavoro: massimo di 48 ore settimanali, con possibilità di 12 ore di straordinario aggiuntivo. Ci deve essere almeno un giorno libero ogni sette giorni;

8. retribuzioni: gli stipendi ed i salari devono rispettare i contratti nazionali fissati per legge o quelli di categoria. Per i Paesi in via di sviluppo le retribuzioni devono poter salvaguardare il soddisfacimento dei bisogni primari. Non si possono commutare trattenute salariali per motivi disciplinari.

Attraverso SA8000, Social Accountability International, ingloba tutti questi valori nel modello di gestione delle responsabilità sociali.

Un'azienda socialmente responsabile è un'azienda che si impegna al rispetto delle regole di etica lavorativa e ricusa apertamente condizioni operative considerate disumane. SAI ha avviato il programma SA8000 proprio per consentire alle aziende di garantire ai propri clienti che i loro prodotti siano fabbricati in condizioni lavorative umanamente accettabili. Il programma SA8000 riconosce le diverse realtà dei vari settori merceologici e per questo propone due direzioni alternative.

Il processo di accreditamento delle imprese applicato da SAI attraverso lo standard SA8000, si biforca in due strade, a seconda se un impresa è produttrice o intermediaria di un tale bene/servizio. Se attività riguarda la vendita al dettaglio, è possibile diventare SOCIO SA8000, annunciando pubblicamente l’impegno nella ricerca di fornitori eticamente responsabili e la loro assistenza, affinché gli stessi fornitori soddisfino standard internazionali. Quando si tratta di produttore o fornitore, c’è la possibilità di adottare un programma che si adegui alla CERTIFICAZIONE SA8000, inizialmente dietro debita formazione, successivamente tramite la verifica di eleggibilità da parte di un revisore di certificazione accreditato dalla SAI. Per le grandi aziende produttrici che si occupano direttamente delle proprie vendite, è disponibile la soluzione combinata: adesione come socio e certificazione degli stabilimenti interessati.

Nel concreto, il processo di certificazione SA8000 prevede i seguenti passi:

1. Preparazione alla certificazione. Deve essere definito da parte dell’impresa un manager responsabile della conduzione di SA8000;

2. Implementazione. Prevede la formazione del personale e la messa per iscritto le procedure che l’azienda adotta per l’adeguamento allo standard;

3. Pre-audit. L’impresa svolge una specie di simulazione al suo interno per verificare che tutti i requisiti richiesti da SAI siano conformi ad SA8000;

4. Audit. Una società di revisione accreditata da Social Accountability International verifica l’adeguamento allo standard;

5. Sorveglianza e monitoraggio. La certificazione ottenuta non è valida per tutta la vita dell’impresa. Essa deve essere periodicamente monitorata dall’esterno e finalizzata al miglioramento continuo.

Per rendere al massimo l’effettività del sistema, SAI si spende per ricercare continuamente nuove tecniche e verificare quelle presenti. Oltre ad un rapporto contino con gruppi di stakeholders, l’organizzazione nonprofit con sede a New York si impegna a coniugare aumento della qualità delle performances sociali dell’impresa con la sua produttività.

Le società di revisione accreditate da SAI che certificano l’adeguamento dello standard SA8000 nel gennaio 2001 erano sei con sede centrale in America, Europa e Asia.

Un numero sempre più crescente di compagnie sono attualmente seguite per adeguarsi agli standard proposti da SA8000 e molte sono in lista per entrare in questo alternativo codice di responsabilità sociale. Attualmente (dati aggiornati al gennaio 2001), le imprese certificate sono 49, mentre l’anno scorso erano circa la metà. In Europa sono 12 le aziende con una grossa presenza dell’Italia con sei imprese, seguono rispettivamente Regno Unito, Francia, Spagna e Slovenia.

GRI

Il Global Reporting Initiative (GRI, ) è un’iniziativa internazionale volta ad introdurre volontariamente la valutazione economica, sociale e ambientale nelle imprese. Il GRI venne diffuso nel 1997 con lo scopo di sviluppare delle linee guida nella misurazione delle performances etiche delle imprese profit, nonprofit, e governative. La sua creazione ebbe origine dalla Coalition for Environmentally Responsible Economies (CERES) in collaborazione con il Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) e con l’apporto di molte imprese, associazioni imprenditoriali, istituti di ricerca e di stakeholders sparsi nel mondo. Dando impulso alle forme più avanzate di valutazione sociale, il GRI integra l’aspetto sociale, l’ambientale e l’economico in quella che viene definita triple bottom line. Si passa dunque dall’integrazione degli elementi e degli indicatori sociali ed ambientali della dual bottom line, ad un livello superiore. La triple bottom line integra le informazioni ambientali e sociali con il conto economico e finanziario, in modo da creare un documento unitario che contiene tutti gli aspetti dell’impresa.

Il Global Reporting Initiative mira a rendere sostenibile la rendicontazione sociale, rendendola credibile, comparabile e verificabile allo stesso modo del bilancio finanziario. Gli obiettivi di GRI sono:

➢ definire, disseminare e promuovere standards di sostenibilità;

➢ rendere maggiormente periodico, rigoroso e valutabile il rapporto socio-ambientale;

➢ costituire un permanente ed effettivo “luogo istituzionale” dove supportare queste pratiche di valutazione etica.

Nella presentazione del Global Reporting Initiative si spiega che, al momento, almeno 2.000 imprese in tutto il mondo informano sulle loro pratiche e performances etiche. In molti casi questo tipo di comunicazione volontaria è inconsistente e poco verificabile dall’esterno. Proprio per questi motivi, nel marzo 1999, GRI ha presentato il Sustainability Reporting Guidelines, un documento che rappresenta un modello globale che valuta le performances economiche, ambientali e sociali di un impresa. Ventuno imprese-pilota testarono per un anno il Sustainability Reporting Guidelines proposto da GRI. Nel giugno 2000 vennero introdotte alcune migliorie nel modello a seguito della sperimentazione e di commenti provenienti da ogni parte.

Il Sustainability Reporting Guidelines di GRI è stato costruito con l’intento di assistere la pubblicazione dei Rapporti socio-ambientali delle compagnie per:

• presentare una chiara fotografia degli impatti del mercato sulle persone e l’ambiente e per facilitare decisioni attendibili sugli investimenti, acquisti e relazioni dell’azienda;

• ottenere maggiori informazioni sui bisogni e gli interessi degli stakeholders con la volontà di fomentare il dialogo e la conoscenza nell’impresa;

• impegnarsi nel rispettare le scadenze degli impegni presi nel Rapporto;

• facilitare la lettura e la comparazione tra Rapporti diversi;

• aiutare la valutazione e la comprensione delle informazioni etiche da parte della dirigenza d’impresa;

• promuovere la verifica esterna indipendente per migliorare la trasparenza e la credibilità;

• guidare gli esperti nella selezione degli indicatori relativi alla sostenibilità;

• articolazione tra i principi del Rapporto Sociale con quello finanziario;

• incrementare le relazioni tra i tre elementi della sostenibilità: economia, ambiente e società.

Nel futuro prossimo il Sustainability Reporting Guidelines di GRI mira ad espandere la credibilità dei Rapporti sostenibili, la loro semplificazione, la diffusione e aumentare la velocità di misurazione-comparazione tra rapporti diversi.

Nel 2002 GRI intende definire un permanente ed indipendente gruppo con una direzione multi-stakeholders con lo scopo di diffondere le sue linee guida implementate con il Sustainability Reporting Guidelines.

Human Development Enterprise Index

Lo Human Development Enterprise Index (HDE Index) è un modello analitico formulato da Guy Standing (1999) dell’Intenational Labour Office (ILO), l’Agenzia del lavoro delle Nazioni Unite.

Il modello in questione interessa direttamente i collaboratori ed i dipendenti dell’impresa, oltrepassando gli assunti puramente economici che sono quelli che più frequentemente riguardano le relazioni aziendali. Standing parte con il ragionamento che l’impresa sostenibile del XXI secolo, oltre a supportare l’efficienza dinamica ed un’economia rispettosa dello sviluppo delle generazioni future, deve impegnarsi per il miglioramento delle capacità umane (human capabilities) ed una maggiore giustizia distributiva.

Le caratteristiche che rendono un’impresa eccellente dal punto di vista dei rapporti e delle pratiche con i suoi dipendenti sono individuabili nell’equità sociale ed economica, nella salvaguardia della salute e della sicurezza nel posto di lavoro, nello sviluppo delle capacità individuali, nella rappresentanza e la partecipazione.

L’indice costruito da Standing nell’ambito dell’ILO delle Nazioni Unite crea un’insieme di indicatori che permettano di misurare la responsabilità aziendale nei confronti dei propri dipendenti:

• HDE 1 promozione di abilità dei dipendenti. Formazione dei lavoratori attraverso corsi di aggiornamento e di introduzione al compito, presenza di una struttura interna dedicata alla formazione o utilizzo di strutture esterne, gratuità della formazione;

• HDE 2 equità sociale, salute e sicurezza sul lavoro. Impegno a disincentivare pratiche discriminatorie da parte dell’azienda, valutazione sulle modalità di selezione del personale, assenza di pratiche discriminatorie, creazione di statistiche sugli infortuni annuali e sulle ore perse per malattia, nomina di responsabili sulla salute e sicurezza;

• HDE 3 equità economica. Meno del 5% dei lavoratori retribuiti con il minimo salariale, livello medio del salario superiore alla media del settore, benefici verso i dipendenti;

• HDE 4 democrazia e rappresentanza. Esistenza di un contratto collettivo, più del 50% dei dipendenti sindacalizzati con l’esclusione dei managers, riconoscimento di uno schema di partecipazione ai profitti nella determinazione dello stipendio, partecipazione con un minimo del 30% di azioni possedute dai lavoratori.

Ogni singolo punto tracciato da Standing può assumere due valori (zero o uno), a seconda se viene assunto o meno il principio, in modo che si possa determinare un punteggio (da 0 a 24), il cosiddetto HDE Index. La valutazione sul campo del HDE Index da parte dell’ILO, ha permesso di giudicare le performances di molte imprese, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Esso è soprattutto stato costruito per le imprese dei paesi più poveri dove i diritti dei lavoratori sono spesso accantonati e per quelle aziende che attraversano periodi di crisi.

Una misurazione di questo tipo permette di entrare direttamente nel merito di una situazione difficilmente valutabile; infatti sono ancora scarsi gli indici sulla qualità della vita nel mondo del lavoro. Anche se, al momento, non esiste una certificazione del HDE Index, ILO sta pensando di introdurre nella misurazione la variabile “Responsabilità sociale” e, forse, la pubblicazione di una classifica delle aziende in materia di diritti dei lavoratori.

World CSR

Il sito di World CSR () è il risultato della cooperazione tra cinque organizzazioni che implementano la responsabilità sociale: CRS Europe, Boston College of Corporate Community Relations, Business Impact, Business Social Responsibility (BSR) e Prince of Wales Business Leaders Forum. Tra queste, il Corporate Social Responsibility (CSR) Europe segue e indirizza la Responsabilità sociale nelle imprese europee.

Il CSR Europe ha come missione quella di aiutare le imprese a coniugare il profitto con lo sviluppo sostenibile ed i diritti umani, attraverso l’utilizzo del Corporate Social Responsibility. CSR Europe realizza gli obiettivi della sua missione mediante:

• Collaborazione, pubblicizzazione e assistenza alle imprese che decidono di introdurre la responsabilità sociale,

• Offerta di controlli, corsi di formazione, valutazione delle performances delle aziende,

• Sviluppo del dialogo e collaborazione tra stakeholders e dirigenza d’impresa.

Le attività di CSR Europe variano dall’educazione in generale, all’informazione sui diritti umani, all’implementazione del Corporate Social Responsibility. Proprio di quest’ultimo argomento andiamo a parlare, descrivendo come l’organizzazione consiglia di svilupparlo nello specifico della comunicazione e del reporting sociale.

CSR Europe nel novembre 2000, su impulso delle Commissione Europea, ha presentato una guida che ha lo scopo di sviluppare e di confrontare i Rapporti sociali nelle imprese. Questa guida si rifà alle esperienze di valutazione sociale di 45 imprese site nel vecchio continente. Con l’utilizzo del sistema di benchmarking CSR Matrix, l’organizzazione europea è arrivata a monitorare le attività di reporting sociale di 100 compagnie.

Il rapporto di CSR Europe sulla comunicazione delle imprese prende in esame 24 grosse compagnie (perlopiù multinazionali) che hanno attuato questo processo di dialogo verso gli stakeholders. Il lavoro contiene:

o Analisi delle linee di tendenza delle imprese in fatto di comunicazione;

o I passi principali del processo di comunicazione;

o Un’insieme di indicatori che possano monitorare il processo.

CSR Europe si impegna a stimolare la responsabilità sociale delle imprese anche dal punto di vista della formazione professionale, con l’introduzione dell’insegnamento universitario e l’offerta di una banca dati sulla valutazione sociale.

Business for Social Responsibility (BSR) è un’altra delle organizzazioni che fanno parte di World CRS. Con sede negli Stati Uniti, aggrega imprese che mirano a coniugare il successo commerciale con il rispetto per i valori etici, dell’ambiente e dei diritti sociali. Le compagnie che diventano membri di BSR, beneficiano di informazioni, pubblicazioni, formazione del personale, consulenza e ricerche su tutto quello che riguarda la Responsabilità sociale. Analogamente al caso di CSR Europe, molte sono le compagnie grosse e piccole che decidono di beneficiare dei servizi di questa società.

Nello specifico, i prodotti ed i servizi di Business for Social Responsibility proporzionati alle imprese sono:

✓ Informazione e assistenza tecnica per sviluppare politiche e strategie di tipo etico, ambientale e sociale;

✓ Banca dati sulle questioni e le esperienze in fatto di Responsabilità sociale;

✓ Monitoraggio costante degli sviluppi della Responsabilità sociale;

✓ Guide, ricerche ed elaborati provenienti da gruppi di studio;

✓ Formazione del personale e di gruppi di lavoro per condurre pratiche etico-sociali;

✓ Assistenza alle multinazionali che desiderano implementare la Responsabilità sociale nei Paesi di tutto il mondo;

✓ Messa in rete delle diverse esperienze di valutazione sociale, ambientale ed etica.

Come nel caso di CSR Europe, Business for Social Responsibility è supportato da fondazioni di compagnie transnazionali e da singoli sostenitori privati.

CJDES

Il Centre des Jeunes Dirigeants de l’Economie Sociale (Centro dei Giovani Dirigenti dell’Economia Sociale) francese, propone una serie di strumenti di valutazione per misurare l’impatto di un’impresa sul territorio.

La proposta, nata nel 1995 da un gruppo di giovani esperti francesi nell’economia sociale, elabora un piano per la costruzione di un "rapporto societale" ispirato al modello francese di rapporto sociale introdotto dalla legge 77-769. Questa esperienza si propone di produrre uno strumento di supporto e di intermediazione tra le decisioni della dirigenza dell’impresa e le aspettative degli stakeholders.

La proposta prende spunto dal pensiero "convezionalista" il quale fa uso del concetto di "logiche di azione" intendendo con questa allocuzione il fatto che nel compimento di ogni azione sociale gli attori fanno riferimento a logiche diverse, ovvero individuano obiettivi e metodi di intervento diversi che vengono combinati tra loro (Boncompagni e Catalano, 2000). Nel caso dell’approccio per la valutazione sociale proposto da CJDES, l’idea di fondo è quella di riuscire ad identificare le differenti logiche che stanno dietro le azioni presenti nell’impresa e di farle conoscere a tutti gli attori dell’organizzazione. Ai fini dell’approccio vengono individuate sei logiche (razionalità) più o meno operanti, che si respingono o si combinano in tutti i tipi di organizzazione.

Queste logiche facenti riferimento a valori etici, ad imperativi di efficienza e produttività, all’immagine pubblica, alle strategie dell’impresa, formarono la base per costituire una serie di indicatori proposti da un gruppo di lavoro interno.

A conclusione del lavoro di elaborazione, sono stati adottati 15 criteri indipendenti dalle logiche di produttività e di strategia d’azienda:

Rispetto per l’ambiente: capacità di proteggere l’ambiente biofisico. Esempi di parametri: utilità , autonomia individuale, piacere.

Etica: capacità di rispettare i valori dell’organizzazione. Esempi di parametri: rispetto per la legge, predisposizione verso le prassi informali.

Sicurezza e salute: grado di esposizione ai rischi incorsi da dipendenti, clienti e terzi.

Attività: relazione tra l’occupazione osservata e le potenzialità offerte dalle risorse umane e dall’attrezzatura. Esempi di parametri: tasso di crescita economica, tasso di utilizzazione del lavoro e dei macchinari.

Vitalità: capacità di un’impresa di assicurarsi la propria longevità e perpetuità. Esempi di parametri: solvibilità, indipendenza, controllo tecnologico e coesione sociale.

Soddisfazione: capacità di un’impresa di rispondere alle aspettative dei clienti, dei consumatori e dei dipendenti.

Cittadinanza locale: comportamento verso gli attori dei dintorni geografici tendente a favorire l’interesse comune. Esempi di parametri: assunzioni locali, collaborazione con autorità locali, aiuto nell’inserimento lavorativo.

Cittadinanza economica: comportamento verso i partners economici esterni che lavorano per un interesse comune. Esempi di parametri: trasferimenti di tecnologia, collaborazione con i fornitori.

Cittadinanza interna: capacità di un’impresa di promuovere la democrazia interna. Esempi di parametri: partecipazione, trasparenza nel processo decisionale.

Creatività: capacità di innovare a sviluppare nuove idee. Esempi di parametri: motivazione, aiuto nella creazione.

Estetica: capacità di fornire materiali tendenti ad armonizzare forme e funzioni. Esempi di parametri: qualità architettonica degli edifici.

Utilità sociale e collettiva: capacità di fornire servizi o prodotti corrispondenti a bisogni insoddisfatti o scarsamente soddisfatti. Esempi di parametri: concezione di politiche per nuovi prodotti, supporto tecnico al sistema educativo.

Sviluppo di capacità cognitive: volontà di sviluppare abilità individuali e collettive. Esempi di parametri: cultura, educazione continua, organizzazione qualificante.

Convivialità: capacità di mantenere buone relazioni tra persone. Parametri: organizzazione di mezzi di trasporto collettivi, di lavoro volontario, qualità di accoglienza.

Solidarietà: capacità di assistere e sostenere persone deboli. Esempi di parametri: apertura a persone handicappate, sostegno per azioni umanitarie.

Impiegabilità: volontà di dare ai dipendenti possibilità di riqualificazione per il reimpiego. Parametri: importanza e qualità dell’educazione interna, trasmissione del know-how, aiuto al reinserimento.

Il Centre des Jeunes Dirigeants de l’Economie Sociale implementa questa pratica per creare un Rapporto sociale che intende identificare le azioni, i valori e le strategie dell’impresa. Boncompagni e Catalano (2000) lo definiscono come “strumento di cultura organizzativa e di dialogo per e con gli stakeholders”.

Dal 1997 è in corso una sperimentazione del modello definitivo su un gruppo selezionato di 50 imprese sociali francesi.

IBS e GBS

Nel 1990, l’Istituto europeo per il Bilancio Sociale appronta un modello di Bilancio Sociale Riclassificato. Questo schema propone, attraverso la riclassificazione del bilancio economico, la suddivisione e la destinazione del valore aggiunto creato dall’impresa.

Marziantonio (1990) spiega che il Bilancio Sociale Riclassificato è composto al suo interno, da tre documenti procedurali:

- Introduzione descrittiva dell’identità dell’impresa

- Calcolo del valore aggiunto

Una proposta interessante in tema di codice etico destinato alle imprese, proviene dall’Istituto europeo per il Bilancio Sociale (IBS) con la redazione della “Carta dei valori dell’impresa”.

Questo codice di responsabilità sociale per le imprese evidenziato da Ranghieri (1998) consta di otto principi che interessano una serie di valori etici. Essi sono:

➢ la salvaguardia e tutela dell’ambiente;

➢ la persona come essere centrale nelle sue interazioni, nei valori, nella cultura;

➢ partecipazione degli stakeholders alla vita ed ai progetti dell’impresa;

➢ sicurezza e salute nell’azienda per i dipendenti, la collettività e l’ambiente;

➢ conformità alle procedure ed alle norme riguardanti i pubblici portatori di interesse esterni ed interni l’impresa;

➢ la crescita della compagnia dipendono dai livelli di sviluppo gestionale e dalla efficacia/efficienza dei processi di produzione dei beni/servizi;

➢ la ricerca e lo sviluppo e l’innovazione costante devono essere ritenute priorità da parte dell’impresa;

➢ un occhio di riguardo deve essere destinato al rapporto con la comunità locale e con le sue componenti rappresentative, per fomentare la comunicazione e l’interrelazione.

Dal sito Web bilanciosociale.it apprendiamo che nell’ottobre 1998 è nato il "Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio Sociale" (GBS). Si tratta di un insieme di professionisti italiani dell’area afferente all’economia etica e alla responsabilità sociale nato con l’intento di offrire una guida sulle procedure di costruzione e sui fini ultimi del Bilancio Sociale.

Ne sono uscite le seguenti considerazioni (bilanciosociale.it):

• La parola “Bilancio Sociale” è l’espressione più diffusa in Italia ed è da preferirsi ad altre quali rapporto o resoconto, in quanto ha un contenuto minimo definito da determinate procedure e comprende anche dati quantitativi di derivazione contabile;

• Il Bilancio Sociale costituisce un documento a sé stante, cioè distinto dal bilancio d’esercizio, al quale è tuttavia collegato in quanto da esso riprende parte delle informazione economiche;

• Il Bilancio Sociale è rivolto ad un pubblico ampio che comprende sia i soggetti che hanno interessi nell’azienda (stakeholder interni) sia la società in genere e all’ambiente;

• La forma con cui deve essere costruito il Bilancio Sociale deve essere libera, seguire criteri uniformi che consentano la comparabilità e di cadenza annuale che abbracci tutto l’esercizio sociale;

• Il Bilancio Sociale è uno strumento integrativo di comunicazione e di valutazione dell’aspetto sociale dell’attività aziendale.

La valutazione sociale deve articolarsi in almeno tre parti:

1. identità dell’azienda

2. calcolo e distribuzione del valore aggiunto

3. relazione sociale

Il Bilancio Sociale è costituito secondo Principi di chiarezza, completezza delle informazioni, neutralità, competenza, prudenza, rilevanza e significatività, comparabilità, periodicità, attendibilità, conformità e verificabilità.

SGS

Il gruppo SGS (sgs.co.uk) è un società privata di verifica, ispezione e di controllo. Fondata nel Regno Unito nel 1878, ora conta più di 140 uffici e laboratori sparsi per il mondo. Le diverse tipologie di servizi e la copertura internazionale la rendono una delle più grosse società mondiali.

Le attività di SGS vanno dalla ispezione ed al monitoraggio nel campo dell’agricoltura, dell’industria, dei beni di consumo. Tra i molteplici servizi, il gruppo offre l’assistenza alla conformità dei contratti, il controllo dell’efficienza delle transazioni, la sicurezza e la salute sul lavoro, servizi ambientali e certificazioni. Le prestazioni di SGS Group mantengono queste tre caratteristiche fondamentali nel suo rapporto con le imprese:

- indipendenza

- imparzialità

- qualità

Nel campo della formazione in campo etico, il gruppo opera per preparare alle tecniche usate da chi opera nel campo della responsabilità sociale, alla conoscenza del lavoro delle organizzazioni che la promuovono e lo studio degli standard etici internazionali. SGS, insieme ad alcune organizzazioni non lucrative, ha definito un corso per professionisti, con lo scopo di specializzarsi nella conoscenza, valutazione ed elaborazione dei bilanci sociali. Esiste un corso, con durata di 6-8 mesi, che porta alla formazione di verificatori negli standard AA1000 e SA8000, inoltre è possibile l’accesso alla registrazione come Social Systems Auditor presso Social Accountability International.

SGS è una delle sei società mondiali accreditate da Social Accountability International, che effettua la certificazione dello standard Social Accountability 8000.

BVQI

Bureau Veritas Quality International () è una società di certificazione internazionale che lavora su qualità, ambiente, salute, sicurezza e sistemi di organizzazione per le imprese.

Moltissime sono le compagnie piccole e grandi in tutto il mondo che si sono affidate a questa società privata. Come nel caso di SGS, Bureau Veritas Quality International possiede centinaia di uffici e distaccamenti in più di cento nazioni.

BVQI è specializzata nella verifica e nella certificazione di molti standard etici, sociali ed ambientali di carattere internazionale. Tra questi ci sono: ISO 9000, ISO 14001, QS-9000, TS16949, TE Supplement to QS-9000, AS9000, AS9100, SA8000, Code of Conduct, TL9000, Food Safety, HACCP, SFI, OHSAS18001, Guide 25.

La missione di Bureau Veritas è quella di accompagnare la valutazione economica dei suoi clienti attraverso la gestione di QHSE (qualità, salute, sicurezza, ambiente), con lo scopo di gestire i loro assetti e di aumentare la performance dell’azienda; un aspetto complementare e integrativo della valutazione viene, per le imprese che lo richiedono, dalla certificazione di BVQI che ha valore transnazionale.

Le organizzazioni che hanno utilizzato i servizi di Bureau Veritas Quality International sono diverse migliaia e spaziano dall’industria aeronautica, ai servizi, passando per i Governi nazionali.

BVQI, SGS e altre quattro società internazionali sono accreditate da Social Accountability International come terze parti indipendenti per la certificazione dello standard SA8000.

S.C.S. Consulting (già SMAER)

Dopo due grandi società di consulenza di provenienza anglosassone che operano anche nel campo della responsabilità sociale, ci sembra importante volgere l’attenzione verso una società del Nord Italia che dal 1982 opera sul territorio nazionale. S.C.S. Consulting S.p.A. (smaer.it) è una società di consulenza di direzione che lavora principalmente con imprese dell'economia sociale e con la Pubblica amministrazione.

La missione di S.C.S. Consulting intende:

• Offrire i migliori servizi di consulenza nel rispetto delle esigenze e dei valori dei clienti, contribuendo al loro processo di innovazione

• Concepire l'impresa come il luogo del lavoro comune, dove si nutrono le competenze, si manifestano e si riconoscono le capacità individuali

• Rafforzare le capacità di promuovere investimento e innovazione

• Far crescere l'intesa tra i soggetti economici che promuovono i diritti delle persone e il valore sociale dell'economia

I settori su cui opera interessano l’organizzazione e le strategie aziendali, la qualità nei servizi di welfare, la contabilità e il controllo di gestione negli Enti Pubblici, le indagini di clima interno e di customer satisfaction, selezione e formazione di risorse umane.

S.C.S. Consulting lavora nel campo etico delle imprese, contribuendo alla conoscenza, valutazione ed elaborazione dei bilanci sociali ed ambientali.

Nel settore della valutazione ambientale la società bolognese segue le imprese in tutte le loro fasi di costruzione, fornendo verifica e certificazione delle normative internazionali a carattere ambientale come EMAS e ISO 14000.

Oltre ad offrire assistenza alle imprese per la redazione e l’elaborazione dei codici etici, S.C.S. Consulting è membro del Forum SA8000, l’organismo di Social Accountability International che controlla e revisiona lo standard internazionale di responsabilità sociale.

Per quello che riguarda il Bilancio Sociale nella metodologia S.C.S. Consulting, viene costruito attraverso quattro punti focali:

1. Esplicitazione della missione d’impresa;

2. costruzione del piano dei conti;

3. redazione del report (raccolta e descrizione dei risultati);

4. monitoraggio periodico.

Nel processo di verifica della coerenza dell’impresa con gli obiettivi della missione, gli stakeholders assumono sempre maggiore rilevanza, con l’utilizzo di questionari e il coinvolgimento di gruppi di ascolto (Focus group) selezionati. Nello sviluppo di questa tematica S.C.S. Consulting ha attivato collaborazioni con numerosi istituti, tra i quali si segnala SAI (Social Accountability International), agenzia che opera per l'accreditamento della responsabilità sociale delle imprese nei confronti della forza lavoro. La società è aderente a ISEA (Institute of Social and Ethical Accountability), istituto attivo nella certificazione del processo di costruzione del bilancio sociale.

2. Interviste in profondità a professionisti che redigono la contabilità sociale

Quelle che seguono sono una serie di interviste in profondità proposte a professionisti, studiosi, ricercatori nel campo della Responsabilità sociale nelle imprese. A queste persone sono state poste le domande con due propositi ben definiti: poter cogliere il maggior numero di stimoli sull’argomento Bilancio Sociale e verificare quali sono le autentiche motivazioni che portano l’impresa alla costruzione della rendicontazione sociale. Ai fini della ricerca, alcune risposte provenienti dalle interviste in profondità verranno analizzate nel capitolo conclusivo sulle prospettive della Responsabilità sociale nelle imprese.

Anche se buona parte di questo lavoro ha preso in esame, elaborato e tradotto testi in lingua inglese, ci è sembrato più rispettoso mantenere la lingua madre nei confronti dell’esperta che ha risposto ai nostri quesiti.

1. Com’è lo stato di salute del Bilancio Sociale nelle imprese in Italia ed in Europa?

2. Pensa che un impulso dal punto di vista della legislazione nazionale possa creare nuovi sbocchi alla rendicontazione sociale? Perché?

3. Addentrandoci nello specifico, mi sembra che uno dei fattori critici della attuale costruzione del Bilancio Sociale sia rappresentato dalla partecipazione attiva degli stakeholders e dal processo di verifica-certificazione condotto da terze parti. Cosa ne pensa in merito? È d’accordo o individua maggiori difficoltà in altri processi costitutivi?

4. Abbiamo parlato di certificazione e di verifica dei Bilanci sociali; stanno crescendo gli standards internazionali di responsabilità sociale?

5. Oggi il Bilancio Sociale è implementato dalle compagnie con l’unico scopo della comunicazione o si sta affermando una vera Responsabilità sociale d’impresa?

6. Quale futuro si prospetta al Bilancio Sociale?

Jonnee Powers, Office Manager at SAI (Social Accountability International)

1. How socially responsible or socially healthy are companies in the world in general? 

I believe companies are becoming more aware of labor standards and issues of child labor and sweatshops because consumers are concerned about these issues.  A company's reputation, and consequently it's profits, can be badly damaged by one story in the press.  However, companies are quickly realizing that there is no simple solution to assuring that their products use no poor labor conditions all the way down the supply chain.  I think companies want to be more socially responsible, but many companies (not all) want someone else to do the work and someone else to pay for it.  Some companies expect their supplier factories to become certified to a labor standard, but the companies will not subsidize (provide funds) the factories.  So there is this argument of who pays for improving worker's lives: retailiers, suppliers, or consumers?

2. It thinks that an impulse from the point of view of the national legislation can create new outlets to the Social Reporting? Why?

Yes. 

 

3. In the specific one, one of the critical factors of the current construction of the Social Audit is represented from the active participation of the stakeholders and from the process of verification-certification lead from third parts. What You thinks in merit? Are You agree or it characterizes greater difficulties in other constituent processes?

 I think the presence of third parties in audits is positive.  Professional auditors working for auditing companies often find these NGO tag alongs a nuisance, but the general public prefers third party participation.  Stakeholder involvement makes a certification system more legitimate and accountable to the public.  Third parties can bring in additional perspectives, which may complicate the system, but it is a needed complication - these are complicated issues.

4. We have spoken about certification and verification of the Social Accountability; are growing the standards international of Social Responsibility?  

Yes, international standards of social responsibility are growing.  SAI is rapidly growing. 

 

5. What is the future of Social Auditing?

 I wish I knew, but I don't.  My hope is that workers will truly use these standards as tools to improve working conditions.  SAI is launching a worker training program to empower workers.  Right now I fear not enough workers know about these standards to use them.  We are currently focusing energy on educating workers so they can truly use workplace standards.  To address the relationship between SA8000 and unions, I'd like to say that SAI very much supports unions, and SA8000 is meant to compliment unions.  However, in some countries, it can be very dangerous to form unions; in some cases unionizing leads to death threats, and in other cases it leads to the loss of jobs.  I certainly hope this changes - all workers should be free to form unions.  However, in these countries, international standards that factories and companies voluntarily adopt can be a way for these workers to improve their conditions where unionizing is now not an option.  Maybe governments will begin to implement an international labor standard in the future, but we can't sit and patiently wait for governments to take action while workers are being exploited.  Everyone - unions, companies, workers, auditors, NGOs, governments, students,  everyone  should be working together to improve labor standards.

Sandro Vedovi, fondazione Cesar e responsabile del sito web bilanciosociale.it

1. Com’è lo stato di salute del Bilancio Sociale nelle imprese in Italia?

Purtroppo ancora poche sono le imprese che lo adottano, manca una sensibilità e cultura sull'argomento, che comunque si sta lentamente formando.

2. Pensa che un impulso dal punto di vista della legislazione nazionale possa creare nuovi sbocchi alla rendicontazione sociale?

Certamente si, al momento non ne vedo però le condizioni, il nostro legislatore non è ancora pronto dal punto di vista culturale. Nei Paesi dove sono state create delle normative ad hoc (es. Francia e Stati Uniti) il fenomeno è esploso.

3. Addentrandoci nello specifico, mi sembra che uno dei fattori critici della attuale costruzione del Bilancio Sociale sia rappresentato dalla partecipazione attiva degli stakeholders e dal processo di verifica-certificazione condotto da terze parti. Cosa ne pensa in merito? È d accordo o individua maggiori difficoltà in altri processi costitutivi?

Uno dei problemi principali che ha il bilancio sociale è proprio quello della sua possibilità di verifica. Manca uno standard di certificazione omogeno ed uguale per tutti. La partecipazione degli stakeholder al momento è limitata, poche aziende hanno costruito un sistema partecipativo diretto, il confronto si limita all'incontro del panel che è sempre limitativo, perché viene selezionato dall'azienda e quindi è influenzabile, e perché ha poche possibilità di riunirsi, quindi ha una visione superficiale dell'argomento trattato e delle azioni dell'azienda.

4. Abbiamo parlato di certificazione e di verifica dei Bilanci sociali; stanno crescendo gli standards internazionali di responsabilità sociale?

Si sta cercando di trovare soprattutto dei parametri comuni. A breve in Italia saranno pronti gli standard, predisposti dal GBS (Gruppo Bilancio Sociale) per uniformare le modalità realizzative del bilancio sociale nel nostro Paese. Resta comunque difficile trovare un modo preciso per certificare l'attività sociale, dal momento che non può essere trattata come un prodotto.

5. Oggi il Bilancio Sociale è implementato dalle compagnie con l’unico scopo della comunicazione o si sta affermando una vera Responsabilità sociale d’impresa?

Attualmente il bilancio sociale è utilizzato con fini prevalentemente di comunicazione ed in particolare di marketing. Le richieste che ricevo come consulente hanno l'obiettivo di evidenziare l'attività sociale e/o ambientale verso i clienti, per dimostrare l'attenzione all'etica. Spesse volte però l'organizzazione dell'azienda non è assolutamente strutturata verso una convinta responsabilità sociale d'impresa. Il più delle volte serve per tacitare le critiche o a dare una "verniciata morale" alla facciata dell'impresa. Su questo aspetto va fatto un lavoro culturale rivolto alla dirigenza delle imprese, convincendole che la responsabilità sociale d'impresa, ed il bilancio sociale, aiutano l'organizzazione dell'impresa, migliorando i rapporti con gli stakeholders interni ed esterni ed alla lunga pagano anche dal punto di vista economico, con una maggiore soddisfazione dei clienti e quindi con una loro fidelizzazione.

6. Quale futuro si prospetta al Bilancio Sociale in Italia e nella nostra Europa?

Secondo la mia opinione il futuro è roseo, dal momento che nell'opinione pubblica cresce il desiderio di conoscere ciò che le aziende fanno nel campo del sociale, dell'ambiente, della salute. Vedo però, al momento uno sviluppo del bilancio sociale, essenzialmente come strumento di marketing e per nulla viene utilizzato per migliorare l'organizzazione aziendale.

Simone de Colle, ricercatore KPMG UK, membro consiglio ISEA

1. Com’è lo stato di salute del Bilancio Sociale nelle imprese in Europa ed in Italia?

[ ] Il bilancio sociale si basa sulla ripartizione del valore aggiunto tra i diversi stakeholder dell'impresa: questo approccio si e' diffuso nell'Europa continentale (F, D, I) a partire dagli anni Settanta e, dopo un periodo di letargo (Anni 80) sembra ora riprendere quota. Ritengo che le esperienze anglosassoni e nordamericane di Social and ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR) abbiano contribuito a far rinascere interesse in materia. In Italia molto interessante e' il lavoro del Gruppo di studio per la statuizione dei principi del Bilancio sociale (GBS) - che raccoglie i maggiori esperti italiani in materia: Viviani, Rusconi, Mey, Matacena, Vermiglio, Sacconi, Marziantonio e altri ancora.

2. Pensa che un impulso dal punto di vista della legislazione nazionale possa creare nuovi sbocchi alla Rendicontazione sociale? Perché?

Non credo sia utile rendere il bilancio sociale obbligatorio, perché rischierebbe di renderlo un adempimento formale invece che un processo culturale e di apprendimento organizzativo. Ritengo tuttavia che dovrebbero esistere degli incentivi istituzionali (ad esempio in forma di minore regolamentazione) per le imprese che adottano il Bilancio Sociale.

3. Addentrandoci nello specifico, mi sembra che uno dei fattori critici della attuale costruzione del Bilancio Sociale sia rappresentato dalla partecipazione attiva degli stakeholders e dal processo di verifica-certificazione condotto da terze parti. Cosa ne pensa in merito? È d’accordo o individua maggiori difficoltà in altri processi costitutivi?

Sono d'accordo che il coinvolgimento degli stakeholder e la verifica esterna siano due elementi fondamentali della qualità del processo di costruzione del Bilancio Sociale. Gli stakeholder vanno coinvolti per costruire un sistema di rendicontazione che sia ricco di significato alla luce dei loro interessi; la verifica esterna serve per garantIre la qualità del processo - e quindi la credibilità- dell'informazione 

4. Abbiamo parlato di certificazione e di verifica dei Bilanci sociali; stanno crescendo gli standards internazionali di responsabilità sociale?

Si, nel 1999 l'ISEA ha emanato AA1000, il primo standard internazionale che identifica i criteri di qualità di un processo di SEAAR. Altre iniziative sono importanti: GRI - linee guida per la rendicontazione sociale e ambientale; SA8000: sistema di management che stabilisce il rispetto di condizioni di lavoro minime e altri ancora. 

5. Oggi il Bilancio Sociale è implementato dalle imprese con l’unico scopo della comunicazione o si sta affermando una vera Responsabilità sociale d’impresa?

Purtroppo temo che il Bilancio Sociale sia utilizzato prevalentemente dalle imprese sotto l’aspetto della comunicazione. La comunicazione d’impresa è una dei maggiori incentivi ad adottare questi modelli di rendicontazione sociale. In molti casi le aziende “usano” poco le potenzialità del Bilancio Sociale, sfruttando scarsamente anche l’utilità strategica. Questo utilizzo strumentale va a detrimento della consultazione degli stakeholders, probabilmente perché è poca la volontà di coinvolgimento dei pubblici di riferimento da parte delle imprese.

6. Quale futuro si prospetta al Bilancio Sociale nella nostra Europa?

Le imprese che rendicontano la loro performance sociale sono ancora una minoranza... tuttavia ci sono segnali che dimostrano un crescente interesse di investitori, consumatori ed istituzioni verso forme di misurazione della performance non-finanziaria dell'impresa. La sfida e' stabilire best practice condivise a livello internazionale... su questo terreno il LIUC (Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo) e' attivo con il progetto Q-RES, Verso uno standard di qualità della Responsabilità Etico-Sociale d'impresa, in partnership con il progetto SIGMA in UK.

Marco Caputo, Area etico-sociale di S.C.S. Consulting

1. Com’è lo stato di salute del Bilancio Sociale nelle imprese in Italia?

In Italia si è cominciato a parlare di Bilancio Sociale già dalla fine degli anni Settanta ma soltanto dagli anni 90 si assiste ad una graduale applicazione dello stesso, quando le società cooperative hanno iniziato ad adottarlo per diversi motivi. Non che prima di allora non ci fossero esperienze, ma erano perlopiù delle sperimentazioni, sporadiche e poco procedurali. Le principali motivazioni che spinsero le cooperative verso il Bilancio Sociale furono quelle di gestire una serie di costi per le attività sociali che rischiavano di “gonfiare” le spese generali (quando in realtà costituivano precisi impegni verso i soci), ancora di affrontare una crisi istituzionale che cominciava a farsi sentire negli anni Ottanta e infine per recuperare la legittimazione sociale per il loro operato.

Fino alla metà degli anni Novanta le esperienze sono tuttavia poco consolidate: ma già dalla metà di quel decennio il graduale avvicinamento al b.s. ha un impulso notevole (e non solo in ambito cooperativo). Pur in ritardo rispetto all’esperienza europea e nordamericana, in Italia la sensibilizzazione alle tematiche della responsabilità sociale ha da questo momento delle applicazioni notevoli: oggi non è facile quantificare il numero delle imprese che redigono il Bilancio Sociale ma si può affermare che interessano tutti i settori dell’economia e tutte le tipologie di imprese. Generalmente sono aziende medio-grandi che operano nei settori industriale, dei servizi, della grande distribuzione, sia private che pubbliche (Comuni, ASL, Municipalizzate, ecc), sia cooperative che organizzazioni del Terzo Settore (Fondazioni bancarie e non, ONLUS, Cooperative Sociali, ecc).

Con riferimento alla qualità del b.s. si assiste ad un miglioramento incrementale: all’inizio infatti veniva realizzato “in casa”, sulla base delle percezioni delle singole organizzazioni. Oggi esistono, invece, molti studi, ricerche e network (sia di imprese che accademici) che si occupano dell’argomento, arricchendo le esperienze. In Italia, per esempio, è nato da un paio d’anni il GBS (Gruppo Bilancio Sociale) che proprio in questi giorni pubblicherà le linee guida e d i principi di riferimento per la redazione del bilancio sociale.

2. Pensa che un impulso dal punto di vista della legislazione nazionale possa creare nuovi sbocchi alla rendicontazione sociale?

Sicuramente un intervento del legislatore muoverebbe le acque, ma il segreto per una rendicontazione sociale di qualità non va ricercata nell’obbligatorietà prevista da una legge (come in Francia). Credo che se fosse uno strumento obbligatorio diventerebbe l’ennesimo adempimento di legge e si adagerebbe sugli standard minimi previsti, senza invogliare ad approfondimenti ulteriori. La qualità, in sostanza, potrebbe essere di livello basso, poiché si tradurrebbe in un mero elenco di indicatori. L’ambito del b.s. è in continuo movimento e dinamismo, e temo che una legge rischierebbe di porre dei limiti: alla base di un buon b.s. infatti c’è la forte motivazione del management dell’organizzazione, e questa non può essere imposta.

D’altro canto l’impulso legislativo garantirebbe un’informazione completa e trasparente agli stakeholder. Inoltre potrebbe sensibilizzare quelle organizzazioni non attratte dai temi della responsabilità sociale, e spingerle a redigere un documento alternativo di comunicazione.

3. Addentrandoci nello specifico, mi sembra che uno dei fattori critici della attuale costruzione del Bilancio Sociale sia rappresentato dalla partecipazione attiva degli stakeholders e dal processo di verifica-certificazione condotto da terze parti. Cosa ne pensa in merito? È d’accordo o individua maggiori difficoltà in altri processi costitutivi?

Il coinvolgimento degli stakeholder è sempre più alla base dei principi internazionali e delle pratiche SEAAR (Social and Environmental Auditing, Accounting and Reporting), basti pensare all’Accountability 1000 (AA1000). Ci si accorge che un b.s. autoreferenziale, fatto dall’organizzazione al proprio interno o peggio in un singolo ufficio (o da una sola persona), poco condiviso e partecipato, si riduce ad una sorta di brochure, in cui sono raccolte e messe in fila le informazioni, ma che nulla aggiunge ai tradizionali strumenti di comunicazione.

Il Bilancio Sociale ha per scopi quelli di gestire le relazioni, legittimare l’impresa, accrescere il consenso, gestire la fiducia dei suoi interlocutori. Per questo è doveroso tenere in considerazione la voice degli stakeholder perché solo così il b.s può diventare un reale strumento di dialogo (sia sul piano interno che su quello esterno).

Coinvolgimento e partecipazione non significano semplicemente consultazione (per questa ci sono le indagini di customer satisfaction): significano invece istituire processi condivisi, fondati sul dialogo effettivo (attuato con tecniche diverse: focus group, interviste qualitative, ecc..). non si tratta sia chiaro di spostare il baricentro decisionale dall’impresa agli stakeholder ma di creare le condizioni affinché il management adotti il coinvolgimento come reale strategia di avvicinamento agli interlocutori, perseguendo vantaggi in termini di reputazione, consenso e legittimazione.

Come per gli altri ambiti di rendicontazione anche in questo caso è opportuno evidenziare nel b.s. se l’impresa fa coinvolgimento. Purtroppo non esistono a tutt’oggi delle forme di certificazione consolidate o enti di certificazione riconosciuti che possano esprimere l’aderenza a determinati standard di riferimento. Ma questo vale in genere per tutti gli ambiti del b.s.: esistono tuttavia degli approcci differenti a queste tematiche. Infatti capita che le tradizionali società di revisione del bilancio esprimano pareri sulla veridicità delle informazioni economiche/finanziarie, sulla loro correttezza e completezza (che del resto sono tratte dal bilancio d’esercizio), ma per gli altri dati non esistono queste certificazioni. Un altro approccio può essere quello di chiedere ad enti esterni all’impresa di esprimere considerazioni sul b.s.: non si tratta mai di un “timbro”, ma appunto, di osservazioni che legittimano maggiormente quel determinato Bilancio Sociale.

4. Abbiamo parlato di certificazione e di verifica dei Bilanci sociali; stanno crescendo gli standards internazionali di responsabilità sociale?

Gli standard non implicano necessariamente la certificazione del b.s., anche se da lì il passo è breve. Il panorama internazionale vede numerose esperienze di standard: ma bisogna tenere conto che essenzialmente sono standard di processo e non di performance. Ciò significa che non viene indicato un livello di impatto sociale da raggiungere, ma la modalità più corretta per indicarlo.

Spesso, si tratta di principi di riferimento, come quelli lanciati dall’ISEA (Institute of Social and Ethical Accountability), culminati con l’AA1000, altre volte sono delle griglie di indicatori (GRI). Esistono anche standard sulla qualità del lavoro (SA8000), sulla base dei quali si può venire certificati. Il vantaggio più immediato nel seguire questi riferimenti sta nella correttezza procedurale riconosciuta a livello internazionale e nella possibilità di attuare costruttivi benchmarking (comparazioni).

In Italia il lavoro del GBS andrà sicuramente nella direzione di fornire un riferimento normativo autorevole.

5. Oggi il Bilancio Sociale è implementato dalle compagnie con l’unico scopo della comunicazione o si sta affermando una vera Responsabilità sociale d’impresa?

L’aspetto della comunicazione è importantissimo: nessuno realizza un b.s. per tenerselo per sé, sarebbe insensato crederlo. Il dialogo con gli stakeholder è possibile se c’è una base per il confronto, e quindi se esiste la comunicazione. L’importante è che non ci si fermi all’aspetto del marketing puro o delle relazioni esterne: esistono strumenti sicuramente più efficaci del b.s. per raggiungere gli obiettivi pubblicitari.

Ma cosa si può ottenere dall’uso del b.s. come reale atto di responsabilità sociale?

Il primo stadio è, abbiamo detto, essere quello di comunicare l’impresa in maniera nuova e più integrata. Poi si possono gestire meglio i fenomeni interni, perché si rilevano diverse dimensioni aziendali. Ancora il b.s. permette di attuare la verifica con gli obiettivi strategici ed i valori (con la missione, in sostanza), valutando la coerenza dell’organizzazione ed infine si può utilizzare il Bilancio Sociale come strumento di strategia, poiché integra il dato economico/finanziario con quello sociale ed ambientale, proiettando l’impresa in un rapporto completo con i suoi stakeholder.

Pian piano le imprese stanno ampliando la visione del bs: comunicare non basta, occorre ascoltare, gestire gli stakeholder che hanno richieste sempre più vincolanti, aggiustare il tiro e ritarare gli obiettivi sulla base delle loro esigenze e posizionarsi su livelli soddisfacenti di performance sociale.

Il b.s. dà evidenza della direzione intrapresa dall’impresa, ma non crea la responsabilità sociale: un’impresa, infatti, o è responsabile socialmente o non lo è. Col b.s si può solo rendere conto agli interlocutori di una serie di azioni intraprese. Ciononostante rappresenta un’importante passo verso la creazione di quella cultura globale che deve permeare l’agire delle organizzazioni tutte.

6. Quale futuro si prospetta al Bilancio Sociale in Italia e nella nostra Europa?

Secondo me esiste la possibilità di un grande sviluppo del Bilancio Sociale: in Europa c’è maggior dinamismo che in Italia, ma anche nel nostro Paese l’interesse per l’argomento è ormai decisamente alto. La sfida, più che diffondere il b.s. resta quella di creare e promuovere una cultura della responsabilità sociale, ambientale e della sostenibilità a tutti i livelli: dalle scuole, alle imprese, agli enti pubblici, a tutte le organizzazioni.

Ancora, credo che si debba concentrare l’attenzione anche sulle piccole imprese e sulle organizzazioni del Terzo Settore che, anche se sensibili a queste tematiche, non riescono a realizzare un Bilancio Sociale per i costi non bassi da sopportare (in termini di risorse umane e economiche).

6. Il Bilancio Sociale nelle tipologie d’impresa nonprofit, profit e nella pubblica amministrazione: le esperienze

UNIPOL ASSICURAZIONI

Unipol assicurazioni nasce nel 1963 dalla Lega delle cooperative e da un’insieme di cooperative bolognesi. Fa parte dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative (ACI).

Negli anni settanta del secolo passato fu decisiva la sua alleanza internazionale con la tedesca Volkfuersorge, anch’essa assicurazione cooperativa, intesa che venne abbandonata negli anni ottanta in favore di altre assicurazioni mutue europee. Sono soci della compagnia assicurativa anche le tre principali organizzazioni sindacali. Al momento è uno dei primi gruppi assicurativi italiani quotati in borsa.

Nell’ottica di un economia che guarda attentamente al sociale ed alla trasparenza verso i propri clienti, dal 1993 Unipol annualmente produce un Rapporto sociale. Il Rapporto degli ultimi anni ha acquisito un formato standard: più di cento pagine in carta riciclata con una grafica essenziale e con immagini enfatiche a colori pastello. Nell’edizione 1998 e 1999, all’inizio di ogni paragrafo, in un riquadro, vengono divulgati gli articoli della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

E’ormai dalla pubblicazione del 1997 che il Rapporto Sociale di Unipol è improntato a punti di riferimento metodologici stringenti:

• l ’orientamento agli stakeholders;

• il confronto con i diritti del consumatore fissati dalla Unione Europea;

• la conformità ai Principi ISEA per la qualità dell’auditing sociale.

Con questa tipologia di impostazione, il Rapporto Sociale 1998 e 1999 del gruppo assicurativo si caratterizza per la ricerca del coinvolgimento diretto degli stakeholders e per il miglioramento continuo che di anno in anno si cerca di apportare.

Con l’intento di coinvolgere gli stakeholders, il Rapporto Sociale comprende come momento significativo il panel di testimoni privilegiati (rappresentanti degli stakeholders di Unipol, del mondo accademico, della ricerca e delle istituzioni pubbliche), volto al fine di raccogliere opinioni e suggerimenti rispetto al documento e al processo di rendicontazione sociale. Queste personalità di rilievo, da ormai tre anni a questa parte, durante la produzione del Rapporto Sociale, vengono coinvolte da Unipol per discutere, commentare e fornire suggerimenti sul Rapporto Sociale.

Un punto di eccellenza del Bilancio Sociale di Unipol è l’adeguamento ad un modello internazionale di valutazione sociale proposto dall’organizzazione indipendente Institute of Social and Ethical Accountability. I Principi di ISEA sono indicati come guida e inseriti nella valutazione qualitativa e quantitativa rispetto al QSF (Quality Scoring Framework), il sistema ad indicatori numerici che permette di assegnare un giudizio alla qualità della rendicontazione sociale per misurare la completezza del processo di rendicontazione. Il QSF, nato da New Economics Foundation e implementato da ISEA, ha posizionato la valutazione del Rapporto Sociale 1999 e del processo di auditing sulla media del livello 3, corrispondente ad un giudizio di processo Intermedio.

Il Rapporto Sociale di Unipol 1998 e 1999 sviluppa un indice che include i seguenti capitoli:

➢ Nota metodologica

➢ Testimonianze

➢ Unipol: la storia, le relazioni, le strategie

➢ Consumatori e clienti

➢ Gli azionisti, le organizzazioni socie, la società civile

➢ Gli agenti ed il personale

➢ Appendice

Nella prima pagina del Rapporto Sociale, ancor prima dell’indice, viene inserito un importante paragrafo, quello della Missione sociale. La missione di Unipol del 1999 si dipana nei seguenti articoli:

1. Contribuire con iniziative e proposte ad accrescere l’affidabilità e la trasparenza del settore assicurativo italiano.

2. Contribuire a qualificare l’assicurazione come moderno strumento sociale per la sicurezza e la previdenza delle persone e delle aziende.

3. Operare con correttezza e coerenza nell’assunzione dei rischi e nella liquidazione dei danni.

4. Privilegiare la soddisfazione del cliente riguardo al prezzo, alla qualità delle prestazioni, alla qualità del servizio.

5. Considerare l’apporto individuale e collegiale ai processi di lavoro come elemento indispensabile allo sviluppo complessivo dell’Impresa nella convinzione che la persona, con la sua creatività, con la sua intelligenza sia una variabile decisiva per il successo nei processi di miglioramento della qualità del servizio.

6. Collaborare con le Organizzazioni Socie (Sindacato, Associazioni di Categoria) per lo sviluppo e per la qualificazione delle loro politiche nel campo dei servizi.

7. Offrire alle organizzazioni socie, attraverso una politica delle convenzioni, prodotti e servizi esclusivi che consentano ai loro iscritti maggiori sicurezze e prezzi a condizioni di favore.

8. Remunerare il capitale sottoscritto dagli azionisti ed incrementare il valore economico dell’impresa.

9. Contribuire, attraverso investimenti finalizzati, alla creazione di nuova occupazione e al sostegno di Paesi ad economia emergente.

10. Affermare il ruolo politico ed economico dell’Economia sociale anche attraverso l’impegno costante in ambito internazionale.

11. Mirare al conseguimento di un risultato economico positivo ed all’accrescimento della solidità dell’impresa.

A seguito della nota metodologica e delle testimonianze, Il Rapporto Sociale di Unipol procede con il raggruppamento degli articoli della missione in quattro capitoli: Unipol: la storia, le relazioni, le strategie, Consumatori e clienti, Gli azionisti, le organizzazioni socie, la società civile, Gli agenti ed il personale. Il Rapporto non sviluppa ogni singolo articolo, ma raduna i diversi obiettivi della missione sotto quattro grossi argomenti. Ad esclusione del primo che riceve una configurazione più generale, gli altri tre capitoli sono destinati agli stakeholders primari interni, primari esterni e secondari di Unipol.

Il capitolo della storia, le relazioni, le strategie di Unipol fa riferimento agli articoli numero 2, 9, 10 e 11, ossia gli articoli della missione che riguardano gli aspetti e le politiche più generali del gruppo assicurativo. Nello specifico, sono presenti paragrafi indicanti la storia, le alleanze internazionali, un riassunto del bilancio ordinario con i premi assicurativi e le strategie dell’impresa Unipol. A conclusione del capitolo viene presentata la mappa degli stakeholders e la comunicazione (diritto all’informazione) verso i pubblici di riferimento.

Nel capitolo dei Consumatori e clienti, gli articoli di riferimento sono i primi quattro della missione sociale (il numero 2 viene reiterato) seguiti da un breve paragrafo esplicativo delle politiche ed obiettivi specifici. Gli argomenti principali di questo capitolo sono più tecnici e riguardano il rapporto ed i servizi con i clienti. Essi sono: il diritto alla sicurezza del contratto assicurativo e nel caso di sinistro, l’ascolto del grado di soddisfazione del cliente, il rapporto con le associazioni dei consumatori, lo sviluppo del processo di liquidazione ed i molteplici servizi offerti da Unipol.

Il successivo capitolo del Rapporto Sociale elenca gli articoli numero 6, 7, 8, 11 ed è destinato agli azionisti, alle organizzazioni socie, ai consigli regionali Unipol e alla società civile. Verso queste tipologie di stakeholders vengono elencati i benefici in termini economici e di maggiore attenzione proporzionati dall’impresa. Molto spazio viene destinato alle organizzazioni socie di Unipol, alle convenzioni ed al loro coinvolgimento all’interno del gruppo.

Il quarto ed ultimo capitolo è destinato agli agenti assicurativi ed al personale di Unipol. A differenza degli altri tre capitoli che erano costituiti ciascuno da quattro articoli della missione sociale, l’ultimo si basa solo sull’articolo 5. (Considerare l’apporto individuale e collegiale ai processi di lavoro come elemento indispensabile allo sviluppo complessivo dell’Impresa nella convinzione che la persona, con la sua creatività, con la sua intelligenza sia una variabile decisiva per il successo nei processi di miglioramento della qualità del servizio). Il capitolo si sviluppa illustrando la rete di vendita e delle agenzie societarie, il loro numero e il fatturato per grandezza. Si parla della conferenza di programmazione degli agenti Unipol e dello stato e tendenza dell’occupazione del personale. I successivi paragrafi riguardano la formazione del personale, del loro fondo pensione, della cassa assistenza e della tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro.

Ogni capitolo e paragrafo del Rapporto Sociale di Unipol facente riferimento alla missione sociale spiega in termini qualitativi e quantitativi i dati, le performances ottenute, le politiche e gli impegni del gruppo verso i suoi stakeholders, facendo uso di immagini, tabelle e grafici.

L’appendice finale è dedicata alla valutazione del Bilancio Sociale dei Principi ISEA secondo il QSF (Quality Scoring Framework) che viene introdotto per la prima volta nel Rapporto del 1998. Come abbiamo in precedenza spiegato, la scala di misurazione di QSF è composta da cinque livelli (preliminare, base, intermedio, avanzato, sostenibile), che corrispondono a cinque stadi di avanzamento progressivi del Bilancio Sociale e del processo ad esso collegato. Il punteggio globale, ottenuto rapportando i 56 parametri con gli otto Principi ISEA, ha portato la valutazione sociale al livelli Intermedio. Rispetto al 1998, il punteggio del Rapporto Sociale 1999 di Unipol è migliorato, anche se si sono avuti esiti differenziati per i diversi principi. Quattro di essi sono rimasti invariati (confrontabilità, politiche e procedure, verifica esterna, miglioramento continuo), tre sono migliorati (completezza, inclusività, diffusione) e uno è arretrato (evoluzione). La crescita dei punteggi è data prevalentemente dalla maggiore copertura in termini descrittivi degli stakeholders, grazie alla descrizione di periti, medici e carrozzieri; il decremento dipende invece soprattutto dalla mancata realizzazione della indagine sugli stakeholders.

Il Rapporto Sociale di Unipol è stato realizzato in una versione sintetica anche in lingua inglese e francese, ed ha avuto ampia diffusione all’interno e all’esterno di Unipol; è inoltre possibile scaricare liberamente l’intero Rapporto da Internet nel sito di Unipol (unipol.it).

UNITED UTILITIES

United Utilities (unitedutilities.co.uk) è un’azienda multiservizi del Regno Unito che con il Rapporto socio-ambientale del 2000 ha ricevuto diverse onorificenze a livello internazionale. Il Rapporto del gruppo si è conquistato il secondo posto tra i migliori Rapporti ambientali europei e l’award conferito da ISEA e ACCA come Rapporto Sociale. ACCA (Association of Chartered Certified Accountants) ha inoltre laureato al primo posto United Utilities con il suo Rapporto ambientale.

La compagnia opera nella distribuzione dell’elettricità, dell’acqua, del gas e della depurazione delle acque nel Regno Unito e all’estero. Oltre a ciò si occupa di processi di telecomunicazione e di servizi commerciali alle imprese.

United Utilities è composta da sei società:

• North West Water. L’azienda distribuisce acqua potabile a quasi tre milioni di clienti nell’area del nord ovest dell’Inghilterra. L’acqua sporca ed inquinata viene trattata per la sua purificazione.

• Norweb Distribution. Gestisce l’elettricità della Rete nazionale nel nord ovest dell’Inghilterra con più di due milioni di utenti.

• Norweb Energi. Offre gas, energia elettrica e combustibile nel nord dell’Inghilterra e in molte altre zone.

• Norweb Telecom. È specializzata nella telecomunicazione per piccole e medie imprese, e nella vendita indiretta di frequenze di onde radio.

• Vertex. Si occupa di una lunga serie di servizi alle imprese, tra cui servizi di outsourcing, organizzazione e gestione, relazioni con la clientela.

• United Utilities International. Cura i contratti di gestione dell’acqua e dell’elettricità all’estero seguendo tutti i rapporti con le controparti straniere.

Il Social and Enviromental Impact Report 2000 di United Utilities si presenta con una copertina con sfondo verde chiaro nella quale compaiono dei cubi multicolore illustranti disegni stilizzati che raffigurano persone, il mondo, un gabbiano, il sole con una nuvola e altri simboli indicanti i servizi del gruppo Inglese. Il titolo del Rapporto è: “For today and tomorrow”.

L’interno del Rapporto Sociale presenta pagine riccamente intessute di colori, simboli grafici, tabelle, foto e testi. Le sue quaranta pagine in carta semilucida cominciano con una introduzione del direttore esecutivo che evidenzia una frase: “Il successo nel commercio è misurato da qualcosa di più dei risultati finanziari”.

A fianco dell’introduzione è stampato l’indice del Rapporto Sociale e Ambientale che elenca:

Profilo della Compagnia

Questioni e impatti nel nostro territorio

Un’economia sostenibile

Cambi climatici

Biodiversità e gestione del territorio

Inclusione sociale

Fiumi e coste

Lavoro, educazione ed economia

Salute pubblica

Guardando il futuro

Verifica del Rapporto

Nel capitolo dedicato alla compagnia, insieme alle caratteristiche delle sei aziende che la compongono, viene esposta una cronologia degli impegni socio-ambientali assunti negli anni. Presentata in formato grafico, l’elenco delle attività a sfondo etico di United Utilities parte dal 1996 con una serie di iniziative rivolte alla società ed all’ambiente, come ricerche sugli stakeholders, politiche verso comunità locali, per seguire con il primo Rapporto Sociale sviluppato nel 1999.

Relativamente all’impatto sul territorio, il Social and Enviromental Impact Report 2000 di United Utilities si concentra sul nord ovest dell’Inghilterra, area dove opera principalmente il gruppo. Le sei aree-chiave su cui United Utilities vuole rendere partecipi gli stakeholders formano i sei capitoli centrali del Rapporto: Cambi climatici, Biodiversità e gestione del territorio, Inclusione sociale, Fiumi e coste, Lavoro, educazione ed economia, Salute pubblica.

Prima di passare alle sei aree-chiave, il Rapporto inserisce il capitolo sull’economia sostenibile. United Utilities parte dalla volontà di rendere sempre più trasparenti le politiche, i principi ed i sistemi che gestiscono l’impatto del gruppo sulla società e di contribuire ad un economia più sostenibile. Qua vengono spiegate le modalità di ascolto degli stakeholders composte da questionari e da un recente sondaggio il quale dimostra che circa il 60 per cento dei portatori di interesse approva l’impegno dell’impresa nel campo della responsabilità sociale. Un altro punto significativo del capitolo sull’economia sostenibile è il lavoro di United Utilities per l’educazione nel posto di lavoro, a casa, nella comunità. In maniera evidenziata vengono elencati 10 principi che regolano le azioni della compagnia:

✓ Obiettivi commerciali. Per render effettivi gli impatti con la società, i programmi della compagnia devono essere allineati con gli scopi commerciali

✓ Modello di successo. Il successo di United Utilities si basa anche sull’impatto del gruppo sulla società

✓ Aspettative degli stakeholders. Per capire meglio le opinioni dei pubblici, l’azienda ha attivato una serie di strumenti quali gli opinion leaders, i gruppi di consumatori, le associazioni, i dipendenti

✓ Intento principale nell’impatto con la società. Lo scopo principale è l’apertura incondizionata dell’impresa agli stakeholders

✓ Buone pratiche. La società multiservizi si impegna a introdurre pratiche etiche in tutte le imprese con cui collabora direttamente od indirettamente

✓ Politiche limpide. Sono state sviluppate politiche di cooperazione sulle comunità locali, a favore dell’ambiente, la salute e la sicurezza

✓ Gestione dell’impatto. Ognuna delle sei società che compongono United Utilities coordinano autonomamente l’implementazione dei programmi fissati dal gruppo

✓ Misurare il successo di ogni azione

✓ Coinvolgere i dipendenti. La partecipazione dei dipendenti in modo attivo allo sviluppo del gruppo è una necessità

✓ Apertura e responsabilità

Il capitolo successivo, quello dei cambi climatici, si prende in esame l’impatto delle emissioni provocate dalla produzione dell’energia sui cambi del clima e delle temperature del globo. Il biossido di carbonio è una delle cause di questi cambi del clima; il Rapporto di United Utilities (Norweb Energi) elenca gli interventi e gli investimenti effettuati con lo scopo di migliorare l’efficienza, l’utilizzo di energia rinnovabile ed il risparmio energetico.

La seconda area-chiave del Rapporto socio-ambientale 2000 è la biodiversità e la gestione del territorio. Nella regione del nord ovest dell’Inghilterra la società multiservizi possiede decine di migliaia di acri di terreno, fattorie, riserve naturali; questi patrimoni naturali vogliono preservare la tipicità del territorio, la sua flora e fauna. In un riquadro messo bene in evidenza, il Rapporto stampa un sommario piano dei conti dove vengono risaltati gli investimenti di United Utilities in progetti verso le comunità locali, la conservazione della natura e la ricreazione degli stakeholders. Oltre al piano dei conti indicante le sterline impiegate per queste tematiche, come in ogni capitolo di area-chiave, vengono spiegati gli impegni futuri della compagnia.

Il capitolo della inclusione sociale inizia con un sottotitolo: “Noi prendiamo parte ad iniziative per l’aiuto a persone bisognose, e lavoriamo in collaborazione per supportare e ridurre i disagi sociali”. North West Water ha aiutato il pagamento delle bollette dell’acqua a utenti particolarmente bisognosi, aperto un centro per la pace e finanziato corsi educativi e campagne per il terzo mondo. All’interno del capitolo dedicato alla società sono presenti foto di giovani di diverse etnie, di bambini, di impiegati della Norweb Energi che offrono doni al pubblico.

“Fiumi e coste” fa parte della quarta area strategica del Social and Enviromental Impact Report 2000. L’impegno di United Utilities è di rendere l’acqua dei fiumi e delle coste marittime più pulita, quindi per essere maggiormente fruita per la balneazione. North West Water si occupa di distribuzione e purificazione delle acque e continuamente investe nella pulizia dei fiumi e coste e nell’impegno ad aumentare le acque balenabili.

Il capitolo sul lavoro, educazione ed economia si riferisce all’attenzione di United Utilities nei confronti dei propri dipendenti. Nel 2000 è stata completata un indagine sulle aspettative dei 10.000 impiegati del gruppo ed il Rapporto ne rende conto. I grafici dell’inchiesta informano sull’età dei lavoratori, sulla percentuale di dipendenti di colore, donne e disabili, dei corsi di aggiornamento effettuati, sulla partecipazione alla vita dell’azienda.

Il piano dei conti del capitolo sulla salute pubblica evidenzia gli sforzi effettuati per migliorare la qualità ed il controllo dell’acqua potabile, per aggiornare la rete elettrica in alcuni distretti del nord ovest inglese.

In ognuna di questi sei obiettivi strategici del Rapporto di United Utilities, oltre a comparire una grafica ed una simbologia distintiva per ciascun capitolo, in un riquadro compare la foto e una dichiarazione di un biologo, di un dirigente del gruppo, di un opinion leader che testimoniano l’impegno sociale ed ambientale della compagnia.

L’ultima parte del lavoro si conclude con la verifica del Rapporto da parte di una organizzazione indipendente, il Corporate Social Responsibility (CSR). A differenza del Rapporto realizzato da Unipol assicurazioni, United Utilities non utilizza parametri come il QSF, ma si affida alle raccomandazioni ed ai consigli condotti da una terza parte. Nell’audit esterna effettuata a lavoro compiuto, CSR rendiconta l’accuratezza e la completezza del Rapporto socio-ambientale. L’analisi critica di Corporate Social Responsibility raccomanda che nei futuri rapporti vengano meglio evidenziate e differenziate le aspettative dei gruppi di stakeholders, nonché auspica lo sviluppo di indicatori numerici di misurazione e politici per confrontare le condizioni dei detentori di interesse.

TRAIDCRAFT

Traidcraft (traidcraft.co.uk) è una organizzazione indipendente del Regno Unito che dal 1979 lavora per un commercio più giusto. L’impresa di commercio equo e solidale numero uno in UK lavora direttamente con i piccoli produttori del sud del mondo pregiudicati dalla scarsità di denaro, dalla poca esperienza in tema di commercio e da prezzi stabiliti dai mercati ‘ricchi’. Questi fattori alimentano il circolo vizioso della povertà nei paesi in via di sviluppo.

Traidcraft lavora seguendo il principio che pagando il giusto prezzo del bene acquistato e definendo nel contempo una serie di relazioni di cooperazione a lungo termine, si possono veramente aiutare le comunità delle persone dei paesi più poveri, creando un mondo più giusto. L’organizzazione vuole contattare direttamente le associazioni di produttori, senza l’ausilio di intermediari, aiutandoli anche con l’apporto di crediti monetari e nella formazione professionale.

L’organizzazione cristiana con base nel Regno Unito privilegia il commercio e la vendita di prodotti che:

➢ Beneficino direttamente i membri delle comunità site nei paesi poveri;

➢ Siano frutto di salari onorevoli e di condizioni di lavoro adeguate;

➢ Incrementino la partecipazione dei lavoratori alle decisioni importanti.

Traidcraft acquista i prodotti dal sud del mondo ad un prezzo giusto e li vende nel Regno Unito attraverso una rete di associazioni e negozi per il commercio equo. I beni trattati da Traidcraft vanno dai vestiti agli alimenti, per passare ai manufatti artigianali.

Al suo interno l’impresa è suddivisa in Traidcraft plc, che si occupa del commercio e della vendita dei prodotti provenienti dal sud del mondo e Traidcraft Exchange che ha lo scopo di introdurre il commercio equo come soluzione della povertà endemica del terzo mondo.

Il Resoconto sociale di Traidcraft del 1999 è stato insignito da ISEA ed ACCA con uno speciale Award per la responsabilità sociale. Rispetto all’esperienza del 1999, il Rapporto Sociale 2000 dell’organizzazione si presenta con una nuova veste grafica e completamente consultabile da Internet in formato PDF o HTML. Il Resoconto Sociale si articola in quattro grossi capitoli, più uno spazio riservato all’introduzione ed ai grafici.

La copertina che presenta il formato elettronico della valutazione sociale, inserisce due foto raffiguranti giovani bianchi insieme a neri, il logo di Traidcraft ed il motto dell’impresa che dice: “Combattendo la povertà attraverso il commercio”. L’introduzione si suddivide in una schermata riservata al benvenuto, alle spiegazioni su come esplorare l’interno del Rapporto e come scaricare il lavoro nel formato PDF.

Il capitoli principali di questo innovativo impegno nella valutazione sociale da parte di un’organizzazione nonprofit sono:

• Segnali di successo

• Valori

• Stakeholders

• Metodologia

Si tratta di capitoli generali che, al loro interno, contengono ciascuno un sommario ed un’autonomia propria.

Il sommario dei Segnali di successo di Traidcraft, dopo aver ripetuto che l’impegno principale dell’associazione è di combattere la povertà attraverso il commercio equo, indica cinque segnali (impegni) di affermazione:

1. migliorare la vita dei produttori del terzo mondo;

2. provvedere il supporto locale ai produttori;

3. orientare il commercio etico;

4. incrementare i clienti e i sostenitori;

5. guidare l’opinione pubblica verso il movimento del commercio equo.

Il sottocapitolo che ha come titolo “Migliorare la vita dei produttori del terzo mondo” si presenta con una foto di un artigiano del terzo mondo al lavoro; il testo sottolinea che, per migliorare la vita dei produttori, c’è la necessità di un continuo sviluppo della vendita dei prodotti equi e l’allargamento della rete che questi beni produce. l paragrafi del capitolo spiegano, con l’ausilio di grafici, tabelle e di un breve commento del direttore di Traidcraft, i risultati delle performances delle vendite, l’incremento del numero dei produttori e del valore totale degli scambi. Al termine del capitolo viene inserito uno schematico piano dei conti che rendiconta le performances e gli obiettivi per il 2001.

I paragrafi di Provvedere il supporto locale ai produttori spiegano la situazione dei rapporti con le sei organizzazioni africane e asiatiche partner di Traidcraft. Con questi gruppi locali organizzati di lavoratori, l’organismo inglese ha cementificato i livelli di collaborazione e di interrelazione. Le relazioni sono state valutate in termini quantitativi e qualitativi. Queste ultime performances di qualità vengono descritte nell’elaborazione dei questionari agli stakeholders. Il commento del direttore ed il piano dei conti si impegnano a duplicare per il 2002 il numero dei gruppi locali partner di Traidcraft.

Orientare il commercio etico esplicita il ruolo svolto da Traidcraft nell’ambito dell’economia solidale. Lo studio dell’impatto dei prodotti equi sul mercato, l’applicazione di codici etici e di condotta verso le organizzazioni partners, l’implementazione dei rapporti sociali e gli investimenti etici sono le sfide principali cui dovrà far fronte Traidcraft.

L’aumento dei clienti e i sostenitori è un altro impegno della missione del gruppo. Il Traidcraft’s Social Account 2000 prende in esame statistiche come il numero dei negozi del commercio equo, quello dei donatori e dei sostenitori. Per il 2001 il direttore si impegna a migliorare i risultati precedenti.

L’ultimo punto focale di Traidcraft è la volontà di guidare l’opinione pubblica verso il movimento del commercio equo. Alcuni dei metodi che l’organizzazione reputa indicatori dell’aumento dell’interesse pubblico verso il commercio equo, sono la copertura degli organi di informazione dal punto di vista quantitativo, il numero di visite del sito internet ed il rapporto con altre organizzazioni internazionali del commercio etico.

Nel sommario del secondo capitolo dedicato ai Valori, Traidcraft elenca cinque valori cooptati dalla sua missione sociale:

1. prevenire la povertà;

2. rispetto dei popoli e dell’ambiente;

3. essere trasparente e responsabile;

4. mostrare creatività e innovazione;

5. essere i migliori.

Come per il capitolo dei Segnali si successo, il capitolo dei Valori esamina singolarmente i cinque punti sopra elencati.

Prevenire la povertà è una missione fondamentale di Traidcraft. L’organizzazione pubblica per la prima volta un’indagine che interroga gli stakeholders sulla realizzazione di questo obiettivo. Altri indicatori quali la quantità delle vendite, il numero di giorni passati con i soci d'oltremare e l'applicazione dei test di verifica sui prodotti, ci spiegano come Traidcraft sta realizzando gli obiettivi valoriali.

Nel secondo punto, quello del rispetto dei popoli e dell’ambiente, il Rapporto Sociale di Traidcraft indica come gli stakeholders percepiscano questa sensibilità da parte dell’organizzazione. Nello specifico, vengono elencati gli impegni concreti di Traidcraft nei diritti dei suoi lavoratori, nell’ascoltare i pubblici di riferimento, nel rispetto dell’ambiente e la certificazione ambientale dei prodotti equi. L’obiettivo futuro è di migliorare ulteriormente i rapporti con gli stakeholders e di aumentare la sostenibilità dei prodotti (in particolare per il legname tropicale).

Il terzo valore, essere trasparente e responsabile, viene centrato attraverso la costruzione del Rapporto di responsabilità sociale ed il controllo del compimento della missione sociale da parte della Fondazione Trustees. Seguono paragrafi che misurano il livello di trasparenza e di responsabilità di Traidcraft secondo gli stakeholders comparati all’anno precedente (con l’uso di questionari), alcune frasi degli stakeholders sull’argomento e come l’organizzazione utilizza il suo resoconto sociale.

La creatività e l’innovazione si ottengono studiando nuovi canali di vendita, presentando prodotti innovativi ottenuti con nuove lavorazioni. Come nel caso del punto precedente, viene illustrato un grafico con i giudizi degli stakeholders sulla creatività del gruppo nonprofit; l’ultimo spazio è dedicato ai commenti dei pubblici di riferimento.

L’ultimo valore considerato dal Rapporto Sociale di Traidcraft è “essere i migliori”. Con queste parole ambiziose il gruppo non intende inserirsi nell’agone della competizione, ma sottolinea ancora una volta che per combattere la povertà bisogna dare il meglio di se stessi. Le foto poste sotto il titolo certificano i molteplici premi vinti dall’organizzazione nel 1999, come l’Award per il miglior catalogo dei prodotti “caritatevoli”, la migliore pratica di azione come impresa nonprofit e il già citato premio assegnato da ISEA e ACCA per l’impegno nella responsabilità sociale.

La parte del Rapporto dedicata agli Stakeholders esamina in profondità i dati ottenuti con l’elaborazione dei questionari e dei focus group riservati ai detentori di interesse presso Traidcraft. Gli stakeholders sono suddivisi in: produttori, partners, clienti, donatori, soci, dipendenti-staff. A seguire riportiamo la mappa dei principali stakeholders di Traidcraft:

[pic](da: Traidcraft’s Social Accounts 2000)

I questionari sono stati consegnati a tutti i gruppi di stakeholders, con una serie di domande comuni per tutti che investigano sul raggiungimento per il 2000 degli obiettivi posti nei capitoli dei Valori e dei Segnali di successo. Un'altra parte delle domande (circa un terzo) vertono su questioni specifiche per gruppo di stakeholders. Il questionario standardizzato a risposte chiuse utilizza la tecnica delle domande a risposta graduata (nello specifico scale auto-ancoranti) con risposte che vanno da 1 (valore negativo o basso) a 5 (valore alto, positivo); una casella è predisposta per il “Non risponde/non sa”. In ogni paragrafo riservato ai sei gruppi di stakeholders, viene inserita la tabulazione dei risultati del questionario in formato grafico, la percentuale di risposta comparata all’anno precedente ed una sintesi di commento dei risultati specifici.

Per chiarire meglio la spiegazione, riportiamo le domande con la tabulazione finale delle risposte relativa al gruppo di stakeholders dipendenti-staff:

|Number of responses |

|Mean |[pic] |Mean |[pic] | | | | | |[pic] | | | |99/00 |[pic] |98/99 |[pic] |5 |4 |3 |2 |1 |[pic] |X/d | |1) Do you think that Traidcraft pays you a fair wage? |3.1 |[pic] |3.1 |[pic] |1 |38 |11 |21 |6 |[pic] |0 | |2) Are the facilities provided for you to do your job adequate and safe? |3.5 |[pic] |3.7 |[pic] |3 |51 |9 |12 |2 |[pic] |0 | |3) Is your workload reasonable? |3.3 |[pic] |3.3 |[pic] |1 |36 |27 |9 |4 |[pic] |0 | |4) Would you describe Traidcraft as a caring and friendly place to work? |3.9 |[pic] |3.9 |[pic] |14 |44 |15 |3 |1 |[pic] |0 | |5) Does any training you receive help you to do your job better? (i.e. where you receive training is it effective?) |3.5 |[pic] |2.8 |[pic] |3 |29 |18 |5 |1 |[pic] |21 | |6) Do you think that you are being given adequate training to help your overall career and personal development? |2.8 |[pic] |2.9 |[pic] |3 |17 |20 |24 |7 |[pic] |6 | |7) Are you adequately consulted in decisions which affect your job? |3.2 |[pic] |3.1 |[pic] |7 |24 |28 |15 |3 |[pic] |0 | |8) Do you feel that you understand how your job fits within the overall mission of Traidcraft? |4.3 |[pic] |4.0 |[pic] |29 |38 |6 |0 |1 |[pic] |3 | |9) Do you feel that Traidcraft values you as a person, not just as someone who performs a particular job? |3.2 |[pic] |3.3 |[pic] |6 |30 |22 |10 |7 |[pic] |2 | |11) Traidcraft has operated in a way that substantially accords with its Foundation Principles |3.5 |[pic] |3.6 |[pic] |1 |41 |22 |3 |3 |[pic] |7 | |12) Traidcraft has followed its mission to fight poverty through trade |4.1 |[pic] |4.1 |[pic] |13 |58 |5 |0 |0 |[pic] |1 | |13) Traidcraft has been achieving its aim to impact upon poverty |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] |[pic] | |a) by improving the livelihoods of "third world" producers |3.9 |[pic] |4.0 |[pic] |9 |45 |16 |0 |0 |[pic] |7 | |b) by providing effective local support for producers |3.8 |[pic] |3.8 |[pic] |9 |43 |21 |0 |0 |[pic] |4 | |c) by setting trends in ethical business |3.8 |[pic] |3.9 |[pic] |10 |43 |17 |3 |1 |[pic] |3 | |d) by winning more customers and supporters in the UK |3.8 |[pic] |4.1 |[pic] |6 |45 |22 |1 |0 |[pic] |3 | |e) by leading opinion in the fair trade movement |3.6 |[pic] |3.8 |[pic] |2 |42 |25 |5 |0 |[pic] |3 | |14) I think that Traidcraft shows a bias to the poor |3.9 |[pic] |3.9 |[pic] |10 |49 |10 |3 |0 |[pic] |5 | |15a) I think that Traidcraft shows respect for people |3.6 |[pic] |3.7 |[pic] |4 |48 |15 |3 |3 |[pic] |4 | |15b) I think that Traidcraft shows respect for the environment |3.2 |[pic] |3.3 |[pic] |0 |25 |31 |14 |0 |[pic] |7 | |16) I think that Traidcraft behaves in a transparent and accountable manner |3.1 |[pic] |3.0 |[pic] |4 |21 |30 |9 |7 |[pic] |6 | |17) I think that Traidcraft and its staff show creativity and innovation |3.6 |[pic] |3.8 |[pic] |4 |41 |24 |2 |1 |[pic] |5 | |18) I think that Traidcraft's Christian basis should be central to its identity |3.4 |[pic] |3.3 |[pic] |18 |21 |15 |13 |6 |[pic] |4 | |

77 lavoratori su 112 hanno risposto alle domande (la tabella è stata mantenuta nella lingua originale); nella seconda e terza colonna vengono riportate le medie (tra 1 e 5) delle valutazioni attuali (99/00) e dell’anno precedente (98/99) degli stakeholders primari interni.

In modo molto schematico la sintesi del commento rispetto alla tabella riporta:

Positivo: atmosfera familiare, staff collaborativo, soddisfazioni nel lavoro.

Negativo: formazione del personale, lavoro straordinario, sicurezza sul lavoro.

Con lo stesso stile seguono le altre rendicontazioni per gruppo di stakeholders, alternando commenti positivi a quelli negativi.

Nel capitolo della Metodologia, Traidcraft spiega “perché” e “che cosa” ha portato alla redazione del Resoconto sociale 2000. A conclusione del lavoro, l’organizzazione rendiconta sull’approccio metodologico, sul giudizio dei verificatori, sulla mappa degli stakeholders ed inserisce i commenti finali dei suoi dirigenti.

Nel paragrafo dell’approccio metodologico il rapporto descrive la lunga storia in ambito di valutazione sociale di Traidcraft e dei suoi primi approcci in collaborazione con NEF che diedero luce ad una delle metodologie più diffuse nel campo della valutazione sociale: il Social auditing. Il primo Rapporto Sociale pubblicato da Traidcraft risale al 1993. Nel 1999 l’organizzazione adotta lo standard AA1000 proposto da ISEA.

Il Social Account di Traidcraft si sviluppa seguendo i seguenti passi:

• Definire gli obiettivi sociali ed i valori etici dell’organizzazione;

• Stabilire quali indicatori utilizzare per misurare obiettivi e valori;

• Misurare le performances dell’impresa attraverso gli indicatori;

• Consultare gli stakeholders in merito alle loro aspettative sull’organizzazione;

• Costruire un bilancio (piano dei conti) che prenda in considerazione tutte le procedure fino ad ora attuate;

• Sottomettere il rapporto ad verifica indipendente;

• Pubblicare il rapporto;

• Presentare gli esiti del rapporto agli stakeholders per il feedback.

Concludiamo il Resoconto sociale di Traidcraft con la relazione dei verificatori. Viene riportata l’analisi di un verificatore indipendente che afferma l’affidabilità del Rapporto Sociale nell’osservare gli standards definiti da ISEA (Institute of Social and Ethical AccountAbility) con la metodologia AA1000. Il verificatore aggiunge che spetta sicuramente alla dirigenza dell’impresa a definire gli stakeholders, preparare la missione e la rendicontazione sociale, mentre è compito dell’auditor fornire valutazioni indipendenti sul Resoconto sociale.

La verifica ha esaminato la fase di preparazione del rapporto, i questionari agli stakeholders e soprattutto l’identificazione e la valutazione dei pubblici di riferimento. L’opinione dei professionisti esterni incaricati della valutazione è che Traidcraft ha fornito una visione reale del suo impatto sociale ed ambientale sui differenti gruppi stakeholders. Inoltre il Traidcraft’s Social Account 2000 si attiene pienamente agli standard indicati da AccountAbility 1000 (AA1000).

COMUNE DI BOLOGNA

L’esempio di approccio al Rapporto Sociale posto dal comune di Bologna è una delle prime esperienze implementate da un Ente locale. Parliamo di approccio iniziale perché ancora non si tratta di bilancio vero e proprio, ma di sperimentazioni con “Libere forme associative” e “Sperimentazioni anziani” risalenti rispettivamente al 1997 e al 1998.

Mentre per le aziende municipalizzate locali il Bilancio Sociale è una realtà conclamata da tempo, nel caso dei Comuni la strada da percorrere è ancora molta. La rendicontazione sociale può aiutare il pubblico che amministra la città a migliorare le proprie performances, ad ottimizzare le spese, a rendere maggiormente trasparente il proprio operato, a sapere meglio comunicare ed interagire con i cittadini. Viviani (1999), tentando guardare la realtà con gli occhi di un amministratore pubblico, si pone la seguente domanda: “Per un Ente locale ha senso parlare di Bilancio Sociale, visto che esso è per definizione sociale?”. La domanda provocatoria trova subito risposta nelle seguenti affermazioni (Viviani, 1999). In una amministrazione pubblica:

- l’attività deve essere misurata e descritta con strumenti appropriati;

- le forme di controllo e reporting devono essere coerenti con i fini;

- il principio di efficienza deve essere correlato agli interessi collettivi e dei cittadini;

- i dipendenti degli Enti devono comprendere in modo più evidente e chiaro il rapporto tra la loro attività e gli interessi che devono dominare l’organizzazione, che sono quelli dei cittadini e degli utenti.

In conclusione Viviani afferma: “… proprio perché una amministrazione è per vocazione sociale, essa deve attuare strumenti di rendicontazione e di verifica che devono essere sociali. Il Bilancio Sociale non è dunque un’altra forma, ma la forma che descrive l’attività”.

Nello specifico dell’esperienza del comune di Bologna, gli stessi amministratori percepirono le insufficienze dal punto di vista dell’interazione e della trasparenza dell’istituzione nei confronti della cittadinanza. Si iniziò con una serie di riunioni preparatorie con l’apporto esterno della società di consulenza S.C.S. Consulting; l’intento era quello di definire gli scopi, le necessità e l’ambito di sperimentazione.

Si iniziò con l’aspetto “Volontariato ed associazioni”, attraverso il quale si analizzarono i rapporti delle associazioni nonprofit con il Comune. Prima di definire la missione sociale si esaminarono gli aspetti valoriali e lo sfondo etico del Comune nei confronti della specificità del nonprofit comunale. Viviani (1999) spiega che il gruppo di lavoro individuò l’esistenza di:

• una normativa che regolamentava i rapporti tra le parti e lo status delle associazioni;

• documentazioni relative a decisioni, incontri, atti prodotti dall’interazione tra Ente pubblico e imprese nonprofit;

• un elenco informativo delle associazioni regolarmente iscritte al registro comunale delle Libere forme associative.

Di conseguenza si cominciò a reperire, valutare ed elaborare tutto il materiale e le informazioni interne sopra citate e, contemporaneamente, si andò all’esterno ad interpellare le associazioni senza fine di lucro.

In seguito si costruirono parametri appropriati che, oltre a procedurizzare il lavoro, fornirono informazioni numeriche come il numero delle associazioni, i loro bilanci, i loro soci, le relazioni, i cittadini beneficiati dai servizi, ecc…

Tutte queste informazioni vennero tabulate e ne risultarono una serie di dati importanti nella relazione del Comune di Bologna con i suoi stakeholders rappresentati dalle associazioni. In primo piano venne evidenziata la ricchezza numerica e qualitativa della rete associativa, poi si elencarono tutti i rapporti intrattenuti dalle due parti, per arrivare alle risorse destinate dal Comune alle organizzazioni nonprofit. Altri dati che vennero sesi di dominio pubblico furono la qualità dei servizi offerti dal nonprofit, la quantità dei volontari impiegati nelle iniziative, la situazione gestionale delle associazioni, i tipi di finanziamenti e molto altro ancora.

Questa valutazione delle performances delle associazioni ed i loro rapporti con l’Ente comunale furono e sono una ricchezza ed una documentazione informativa di notevole portata per il Comune e per i cittadini. I dati e le informazioni furono utilizzate con innumerevoli intenti, il primis quello di migliorare la gestione dei rapporti con questa fascia di stakeholders.

Procedimento analogo venne attuato per la sperimentazione con gli anziani, con l’aggiunta di una serie di specificità riservate al segmento anziani, come la qualità e l’efficacia dei servizi.

VANCITY

Vancouver City Savings Credit Union è un istituto di credito canadese fondato nel 1946 con l’intento di provvedere ad una serie di servizi finanziari verso i propri clienti. Nella dicitura di presentazione dell’istituto si legge la sua missione generale: “VanCity è un fornitore di servizi finanziari democratico, etico ed innovativo. Attraverso significative performances finanziarie, l’Istituto intende essere catalizzatore di fiducia e di benessere economico per i suoi membri e per la comunità”. Attualmente VanCity è la maggiore istituzione finanziaria dello stato canadese del British Columbia.

L’unione di credito cooperativo VanCity si evidenza subito per il suo impegno etico e sociale. Essa afferma che una persona oggi esige molto dalle istituzioni finanziarie, non è più sufficiente offrire un buon servizio e buone condizioni, i clienti vogliono essere informati anche in materia di Responsabilità sociale.

Oltre a proclamare il suo impegno etico e sociale, l’istituto si impegna concretamente nel portare avanti questi valori. VanCity, insieme ad altre istituzioni ed alla Citizens Bank of Canada, supporta l’organizzazione nonprofit Ethics in action.

Il VanCity Social Report 1998/1999 si presenta con una copertina nella quale campeggia a tutta pagina una foto di un faro bianco sopra la scogliera con il mare in lontananza. In alto, nel mezzo di un cielo che tende al rosato per effetto del tramonto, risalta la scritta: “Guidati dai valori”. Il lavoro, scaricabile da internet sotto forma di file PDF, è costituito da 64 pagine colorate, arricchite da foto e da una grafica molto curata nei particolari. La copia stampata su carta è in carta interamente riciclata.

Il Rapporto inizia con l’introduzione curata dal direttore, il quale conferma l’impegno del credito di seguire e migliorare la valutazioni delle proprie performances sociali ed etiche. Accanto all’indice del Rapporto Sociale di VanCity, vengono elencate le performances principali dell’unione di credito ed un piccolo glossario dei termini maggiormente usati nella rendicontazione sociale.

Il lavoro segue con una introduzione che ha l’obiettivo di spiegare perché e come VanCity ha dato vita al Rapporto Sociale. La redazione della valutazione sociale si è svolta internamente con il contributo degli stakeholders ed una verifica ad opera di terze parti indipendenti. Institute of Social and Ethical AccountAbility (ISEA) ha controllato e aiutato la sua costruzione, applicando al Rapporto lo standard AA1000. In linea con i principi ISEA del miglioramento continuo della rendicontazione, VanCity ha:

• aumentato l’informazione e la trasparenza di relazione all’interno dello staff;

• espanso la consultazione degli stakeholders, includendo nelle interviste gli esperti in responsabilità sociale ed ambientale;

• inserito il processo di valutazione sociale come parte integrante della pianificazione globale del credito cooperativo;

• utilizzato molti indicatori raccomandati dal Global Reporting Iniziative (GRI) e dal Governo canadese.

Sempre dal punto di vista del miglioramento continuo, VanCity valuta gli obiettivi raggiunti negli impegni presi con il Rapporto Sociale dell’anno passato: un terzo sono stati completati, mentre i rimanenti impegni saranno raggiunti durante l’anno.

Prima dell’inizio del rapporto vero e proprio, viene inserita la valutazione dei professionisti che hanno effettuato la verifica. Solstice Consulting, una società canadese specializzata in Sostenibilità e Responsabilità sociale, afferma che il rapporto ha seguito le norme indicate da AA1000 e analizzato tutto il lavoro eseguito da VanCity. Il paragrafo segue identificando le responsabilità di ciascuna parte nei confronti della valutazione sociale e delle difficoltà incontrate da parte dell’auditor nell’esaminare alcuni documenti interni del credito. Il breve commento generale della società di consulenza evidenzia la regolarità, l’imparzialità e la ragionevole rappresentazione delle performances sociali ed ambientali di VanCity; inoltre si sottolinea l’appropriatezza del coinvolgimento degli stakeholders e viene ribadito l’adeguamento ai principi dello standard AA1000.

Il VanCity Social Report 1998/1999 prosegue con introdurre i titoli degli argomenti focali del lavoro:

1. soci,

2. dipendenti,

3. comunità,

4. ambiente,

5. unioni di credito,

6. fornitori,

7. alleanze commerciali.

Il capitolo dei soci, viene sintetizzato con una serie di schemi di tipo quantitativo e qualitativo. Le tabelle quantitative esaminano dati come il numero dei soci, la percentuale tra questi di sesso femminile, l’età media. I valori di tipo qualitativo riguardano la percentuale di membri coinvolti nelle decisioni dell’impresa, i risultati delle inchieste sugli stakeholders e le politiche destinate ai soci. Quest’ultimo punto elenca gli obiettivi della missione di VanCity, mirati agli stakeholders-soci:

➢ essere un democratico, etico ed innovativo fornitore di servizi finanziari;

➢ portare fiducia e benessere ai soci ed alla comunità;

➢ provvedere ad erogare servizi di ordine superiore;

➢ essere responsabile e giusto nei confronti dei soci;

➢ essere guidato da principi di equità e democrazia;

➢ essere guidato verso principi cooperativi;

➢ mantenere in sicurezza, confidenzialità ed accuratezza le informazioni personali dei soci.

Il capitolo dei soci continua sviluppando in modo esteso questi argomenti con l’ausilio di grafici, tabelle e figure.

Dopo il capitolo dei soci, segue lo spazio dedicato ai dipendenti che si apre con uno schema analogo a quello usato per i soci: numero dipendenti, percentuale femminile dei lavoratori, tempo medio settimanale di lavoro, tipologie di contratto. Vengono elencate le modalità impiegate per coinvolgere il personale: quattro focus group (nel 1999) e un questionario standardizzato distribuito a tutti. Gli impegni di VanCity destinati agli stakeholders-dipendenti sono:

➢ trattare gli impiegati con rispetto e dignità, offrendo un posto di lavoro senza discriminazioni e molestie di ogni tipo;

➢ proporzionare un salario equo e competitivo, riconoscendo le performances di ciascuno su basi eque e giuste;

➢ essere guidati da principi di democrazia nelle scelte politiche e nelle decisioni;

➢ assicurarsi che lo staff abbia le capacità di trasmettere alte qualità di servizi verso i soci;

➢ fare il possibile per assicurare il posto di lavoro ai propri dipendenti, in periodi di rapidi cambi tecnologici.

Oltre a questi argomenti, nel capitolo in questione del VanCity Social Report 1998/1999, si parla di sicurezza e di salute nel posto di lavoro, comunicazione e formazione continua dello staff.

Il capitolo dedicato alla comunità interessa gli interventi effettuati dall’unione di credito a beneficio dei gruppi di cittadini. Con il programma per le comunità (Community partnership Program) e per l’ambiente (EnviroFund), nel 1999 VanCity ha interessato più di 300 gruppi di persone con sovvenzioni e supporto tecnico. In quest’ultimo aspetto, grazie all’apporto di esperti, è stato possibile effettuare un’analisi sulla responsabilità sociale di comunità. Come nel caso dei dipendenti e dei soci, vengono proposti gli impegni di VanCity a favore della comunità:

➢ investire nella salute e nella vitalità delle comunità;

➢ consolidare progetti e programmi che fomentino la giustizia sociale, la fiducia in se stessi e la responsabilità ambientale;

➢ rifiutare progetti o eventi che abbiano a che vedere con le armi, la violenza, il razzismo, la discriminazione sessuale;

➢ donare un minimo del 4% della tassa post-profitto canadese.

Nello staff di VanCity sono presenti alcuni esperti di implementazione e divulgazione della Corporate Social Accountability (CSR); questi tecnici sono stati spesso chiamati da istituzioni e gruppi di cittadini per spiegare e introdurre la responsabilità etica.

Con una foto che raffigura delle barche a vela naviganti in un lago durante il tramonto, inizia il capitolo dell’ambiente. La parte del Rapporto Sociale che esamina questo argomento riferisce che VanCity si è spesa nell’ambiente attraverso:

➢ la continua diminuzione dell’impatto sull’ambiente del suo gruppo;

➢ portare a termine ogni due anni un Rapporto Sociale che soddisfi i requisiti ambientali proposti dalla Coalition for Environmentally Responsible Economics (CERES);

➢ la produzione di servizi, operazioni e prodotti con la maggiore responsabilità ambientale possibile;

➢ rispettare e mettere in atto tutte le norme nazionali di carattere ambientale.

Sotto gli impegni di VanCity in tema di ambiente segue una tabella che indica, nel concreto, alcune pratiche attuate dalla società come il risparmio di energia elettrica, di carta, la percentuale di rifiuti riciclati e l’opinione degli stakeholders in merito alla coscienza ambientale dell’istituto. Anche per l’argomento trasporti VanCity incoraggia l’utilizzo di trasporti più ecocompatibili tra i suoi dipendenti e altre forme di trasporto collettivo come il car-pooling.

Il capitolo cinque ed il capitolo sette, destinati rispettivamente alle unioni di credito ed alle alleanze commerciali, riflettono l’impegno di rendere maggiormente coeso il rapporto nell’ambito degli istituti di credito cooperativo, di incrementare una coscienza verso la mutua cooperazione e di spingere perché le aziende alleate a VanCity sviluppino una maggiore responsabilità verso l’ambiente, la comunità, l’etica.

Tra gli stakeholders considerati nel Rapporto Sociale compaiono i fornitori di VanCity, cui è dedicato un’intero capitolo. Nel consueto riquadro dedicato al profilo degli stakeholders-fornitori compaiono dati come la quantità, il volume di denaro circolato ed il focus group effettuato con gruppi selezionati di fornitori. Viene sottolineato che la maggioranza dei fornitori scelti da VanCity sono locali, con lo scopo di sostenere l’economia delle comunità. Tra i propositi del credito cooperativo c’è la volontà di selezionare i fornitori in base anche a criteri etici e di rispetto per l’ambiente e di privilegiare i piccoli-medi gruppi di grossisti che operano e provengono dal locale.

Il VanCity Social Report 1998/1999 prosegue esaminando le molteplici emanazioni del gruppo come la sua fondazione nonprofit (VanCity Community Foundation), il settore dei servizi e dell’investimento.

In conclusione del Rapporto Sociale si presentano due appendici che riguardano le parti del documento che sono conformi a particolari norme. Secondo VanCity, il Global Reporting Initiative (GRI), che ha lo scopo di sviluppare la sostenibilità globale delle imprese, è stato seguito in molte parti del Rapporto Sociale. Ne segue un elenco dettagliato delle conformità allo standard internazionale.

Un procedimento analogo viene attuato nei confronti delle leggi canadesi riguardanti la responsabilità degli istituti finanziari. Una legge canadese del 1999 intitolata: “Riforme del settore finanziario canadese: una base per il futuro” ed introdotta nel giugno 2000, decreta che le maggiori istituzioni finanziarie devono pubblicare annualmente una dichiarazione dei loro contributi verso la società e verso l’economia canadese. In questa seconda appendice, come nel caso di GRI, vengono indicati i punti dove vengono rispettate le indicazioni del governo canadese.

7. Le molteplici sfide del Bilancio Sociale

Molte sono state le fondazioni, gli istituti, le organizzazioni profit, nonprofit e pubbliche che attuano e diffondono la Responsabilità sociale e la valutazione sociale nelle imprese incontrate durante questo cammino.

La ricerca è partita dalle motivazioni e dai cambi culturali che stanno portando le imprese ad attuare strategie di maggiore attenzione verso il territorio e la società. Fin dal primo capitolo è emersa con preponderanza la necessità, da parte delle aziende, di adeguare maggiormente le proprie performances ai cambi che stanno avvenendo in questi anni. Questioni come l’ esigenza di essere parte integrante del territorio che la circonda, la decadenza del dualismo mercato-società a favore dell’integrazione del conto economico con indicatori ambientali e sociali coagulando la Triple bottom line e minando la visione del bilancio ordinario quale unico misuratore delle performances aziendali, sono solo alcuni aspetti che attraversano l’impresa d’oggi. Aspetti che si sommano ai fattori interni ed esterni di cambiamento della percezione della realtà aziendale sintetizzati in modo efficace da Simon Zadek (1997) con il suo Triangolo razionale:

1. la società esercita la sua pressione sulle imprese,

2. la globalizzazione dei mercati sta cambiando la mentalità aziendale,

3. la gestione degli stakeholders diventa un compito imprescindibile per le imprese.

Il lavoro è proseguito con l’esame di quei procedimenti che anticipano e costituiscono il Bilancio Sociale come il calcolo del valore aggiunto ed il codice etico d’impresa. Il valore aggiunto fa parte del modello proposto da Sozialbilanz-Praxis che inserisce nella rendicontazione sociale il calcolo del valore aggiunto, il resoconto sociale e la contabilità sociale. Dopo i primi codici etici e di condotta tra le imprese si vennero a determinare le condizioni che portarono all’attuale valutazione sociale: la teoria sistemica, in cui l’impresa è considerata sistema sociale aperto e la teoria degli stakeholders dove si riconoscono i portatori di interesse dell’impresa come attori fondamentali nel suo sviluppo.

Il Bilancio Sociale al suo interno offre un’infinità di risorse: è uno strumento di comunicazione, di gestione, di partecipazione, di promozione, strategico, programmatorio e relazionale. Esso tocca tutti i punti centrali dell’azienda, nodi interni e nodi che guardano all’esterno, verso gli stakeholders, la comunità locale e l’ambiente. Ricordando ancora una volta l’interessante sintesi fatta da Viviani (1999), riguardo i propositi del Bilancio Sociale egli afferma che lo scopo che sta sopra a tutto è l’accertamento delle verità. Avere sotto gli occhi tutti i dati, gli indicatori, le informazioni sociali è per l’impresa una ricchezza che permette di conoscere meglio le sue relazioni con gli stakeholders e di promuovere le proprie performances.

Per quello che riguarda i procedimenti di costruzione del Bilancio Sociale, le scuole sono molte e molteplici le sue metodologie di redazione, nonostante tutti gli sforzi che stanno compiendo le organizzazioni che diffondono strumenti e standards di Responsabilità sociale. Dallo schema composto da Zadek (1997) le tre principali scuole di implementazione di Social and ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR) convergono su due punti fondamentali:

Prospettiva multistakeholders. Il coinvolgimento di tutti i gruppi di portatori di interesse dell’azienda nella redazione del Bilancio Sociale, anche di quei gruppi cosiddetti “scomodi”, che l’impresa non vorrebbe considerare;

Regolarità e sviluppo. Il Bilancio Sociale deve seguire una linea di costruzione definita fin dall’inizio, deve essere redatto con regolarità e deve contemplare il miglioramento continuo.

Nonostante la natura volontaria e quindi non legalmente vincolante dello strumento del SEAAR, è stato osservato che la sua adozione da parte di un gruppo di imprese significativo possa servire da volano per stabilire uno standard di condotta, un’insieme di buone pratiche invocabili anche a livello di istituzioni governative. Proprio negli Stati Uniti, nel 1991, sono state delineate dal Governo Federale una serie di linee guida per le organizzazioni imprenditoriali (Guidelines for Organizations) che stabiliscono alcuni criteri per giudicare un programma etico-sociale d’impresa (Chiesi, Martinelli, 2000). Queste linee guida, oltre a determinare una serie di good practice nelle aziende, possono prevenire comportamenti illegali delle stesse.

L’esperienza e gli stimoli provenienti dalle organizzazioni nonprofit e dalle società di consulenza che contribuiscono a diffondere e certificare la Responsabilità sociale nelle imprese è di notevole portata. Questi gruppi indipendenti, perlopiù locati nell’area anglofona, hanno realizzato standard e sviluppato un sistema di premiazione/censura verso quelle imprese che si distinguono in modo positivo o negativo nei confronti dell’ambiente, della società, dell’etica. In appendice sono riportati i testi dei due standard maggiormente esaminati in questo lavoro: il Social Accountability 8000 di SAI e il AccountAbility 1000 introdotto nel 1999 dall’Institute for Social and Ethical Accountability (ISEA). Sono normative che si stanno diffondendo con sempre maggior impulso tra le imprese di ogni parte del mondo.

Tutte queste informazioni, esperienze e pratiche di rendicontazione sociale, sono state esaminate tenendo sempre in considerazione il “filo rosso” che attraversa il lavoro di ricerca e che ritorna alle questioni poste nell’introduzione. Lo riprendiamo dal primo capitolo:

Il Bilancio Sociale nelle imprese è utilizzato principalmente come strumento di strategia commerciale e di comunicazione, oppure le aziende lo implementano perché credono nell’importanza della Responsabilità sociale? In altre parole, la rendicontazione sociale è puramente un atto di marketing, oppure è qualche cosa di più che nasce da una reale volontà di coinvolgere gli stakeholders nella crescita dell’impresa?

Gli interrogativi qui sopra riportati saranno ora messi a confronto con le risposte provenienti dalle interviste in profondità ai professionisti in Responsabilità sociale affrontate nel capitolo 5 e con le esperienze dei Rapporti Sociali valutati nel capitolo successivo.

Per quanto riguarda gli esperti in valutazione sociale, la domanda posta sull’argomento in questione era così articolata:

5. Oggi il Bilancio Sociale è implementato dalle compagnie con l’unico scopo della comunicazione o si sta affermando una vera Responsabilità sociale d’impresa?

Le risposte ottenute dalle interviste qualitative strutturate disegnano in maniera chiara la situazione attuale della rendicontazione sociale nelle imprese. Sandro Vedovi, consulente in rendicontazione sociale e curatore del sito internet bilanciosociale.it, risponde in merito: “Attualmente il bilancio sociale è utilizzato con fini prevalentemente di comunicazione ed in particolare di marketing…”. L’affermazione di Vedovi è rinforzata da quella offerta da Simone de Colle, ricercatore: “Purtroppo temo che il Bilancio Sociale sia utilizzato prevalentemente dalle imprese sotto l’aspetto della comunicazione…”. Marco Caputo di S.C.S. Consulting fornisce una risposta più possibilista: “L’aspetto della comunicazione è importantissimo: nessuno realizza un Bilancio Sociale per tenerselo per sé, sarebbe insensato crederlo… L’importante è che non ci si fermi all’aspetto del marketing puro o delle relazioni esterne…”.

Comunicazione, marketing, relazioni esterne, riduzione del dissenso, sembrano gli aspetti del Bilancio Sociale più ricercati dalle aziende che si cimentano nella rendicontazione sociale. L’utilizzo strumentale della valutazione etico-sociale ai fini di “dare una verniciata morale alla facciata dell’impresa” è l’aspetto emergente di questo frammento di intervista in profondità agli esperti in Responsabilità sociale.

In alcuni casi, l’abbellimento delle tensioni morali dell’impresa avvengono senza un’efficace programmazione aziendale sulle azioni da intraprendere. Secondo de Colle, le relazioni esterne dell’impresa vengono prima di tutto, in quanto “…la comunicazione d’impresa è uno dei maggiori incentivi ad adottare questi modelli di rendicontazione sociale…”. De Colle, che lavora per una società internazionale di consultazione, aggiunge in merito: “…In molti casi le imprese ‘usano’ poco le potenzialità del Bilancio Sociale, sfruttando scarsamente anche l’utilità strategica…”; sempre sotto l’aspetto delle strategie, Caputo afferma che “…esistono strumenti sicuramente più efficaci del Bilancio Sociale per raggiungere gli obiettivi pubblicitari”. Appare evidente da queste esperienze che dietro la valutazione, oltre a celarsi una scarsa responsabilità sociale, spesso non esiste nessun disegno strategico d’impresa.

Se l’ambito comunicativo è l’aspetto maggiormente sviluppato, per contrappasso, la Responsabilità sociale dell’impresa è messa quasi in un angolo. De Colle afferma che l’utilizzo strumentale de Bilancio Sociale “…va a detrimento della consultazione degli stakeholders”, inficiando e ridimensionando la portata partecipativa della valutazione sociale. Dalla ricerca eseguita nell’intero lavoro risulta che le imprese, oltre ad essere restie a fornire informazioni aziendali alle società che hanno il compito di verificare l’implementazione del Rapporto Sociale, con difficoltà facilitano la partecipazione degli stakeholders allo sviluppo dell’impresa; quest’ultimo risultato conferma gli ostacoli che incontra l’autentica affermazione della valutazione etica e sociale nelle imprese.

Ultimo dato che rileviamo dal segmento di intervista in profondità afferente al reale uso della rendicontazione sociale è un segnale ottimistico. Vedovi e Caputo prospettano un miglioramento dell’utilizzo del Bilancio Sociale, a patto che “vada fatto un lavoro culturale rivolto alla dirigenza delle imprese”; sussiste inoltre la necessità di “ascoltare, gestire gli stakeholders che hanno richieste sempre più vincolanti, aggiustare il tiro e ritarare gli obiettivi sulla base delle loro esigenze”. Gli esperti sono convinti che riportando al centro tutti i propositi della valutazione sociale, in particolare la consultazione degli stakeholders, ciò permetta il miglioramento dei “…rapporti con gli stakeholders esterni ed interni…” con l’impresa e che l’apporto dei pubblici di riferimento “…alla lunga paghino anche dal punto di vista economico”.

Nelle esperienze di redazione dei Bilanci Sociali esaminati nel capitolo 6 occorre premettere che sono state prese in considerazione alcune delle rendicontazioni sociali più significative del momento. Nella maggior parte dei casi, si tratta di pratiche etico-sociali divenute modello anche nell’ambito della valutazione socio-ambientale; non a caso tre di queste esperienze hanno ricevuto premi per la qualità del Bilancio Sociale. Per quanto sia possibile rilevare tra le righe di un testo esplicante un Rapporto Sociale, procederemo ad analizzare il coinvolgimento effettivo degli stakeholders e le autentiche motivazioni che hanno portato l’impresa a realizzarlo.

Abbiamo visto che Unipol assicurazioni organizza la valutazione del suo Rapporto Sociale attraverso il QSF (Quality Scoring Framework), il quale costituisce un’efficace allineamento ai principi di ISEA e nel contempo rimarca la volontà di percorrere una eccellente strada alla verifica esterna. Il QSF del Rapporto Sociale 1998 ha raggiunto un giudizio di processo tra l’intermedio e l’avanzato ed è stato condotto dalla società di revisione SMAER (ora S.C.S. Consulting). Tra gli otto Principi proposti da ISEA, il principio di Inclusività riguarda direttamente il rapporto con gli stakeholders primari e secondari di Unipol. Il Principio, che mira al coinvolgimento e all’apporto di tutti gli stakeholders (approccio multi-stakeholders) alla costruzione del Rapporto Sociale, è stato valutato attraverso 7 criteri di verifica implementati dal QSF e ha raggiunto il livello 3. Questo livello indica che il Bilancio Sociale è stato verificato esternamente e che la consultazione è stata estesa a tutti gli stakeholders. Nello specifico, Unipol ha realizzato una ricerca sugli stakeholders rappresentativi ripartiti in modo omogeneo tra i molteplici suoi gruppi, intervistandone 75 attraverso un questionario standardizzato. Per considerare meglio le aspettative degli stakeholders è stato istituito un canale di ascolto passivo con i clienti; inoltre hanno assunto valore di sistematicità una serie di incontri/conferenze e consulte di stakeholders all’interno del gruppo assicurativo. Anche se è in crescendo, la volontà di coinvolgimento degli stakeholders da parte di Unipol raggiunge un livello intermedio con una ricerca limitata ad un numero ristretto di pubblici e la difficoltà di scelta di indicatori appropriati sugli stakeholders.

United Utilities, la società multiservizi del Regno Unito, si è spesa nella consultazione dei suoi pubblici di riferimento coinvolgendo 440 stakeholders rappresentativi tra azionisti, dipendenti, utenti, gruppi locali ed ambientali e opinion leaders in un indagine sulle loro aspettative e sulle loro opinioni riguardo le performances aziendali. Nel Rapporto socio-ambientale il gruppo inglese ha posto al terzo livello delle sue priorità l’attenzione verso le aspettative degli stakeholders, dopo gli obiettivi commerciali ed il modello di successo che guarda con attenzione l’impatto del gruppo sulla società. Per quanto riguarda la partecipazione dei pubblici di riferimento, a parte una serie di attività filantropico-ambientali che possono avere come unico obiettivo il miglioramento delle relazioni pubbliche, nel Rapporto Sociale di United Utilities nulla di più si aggiunge in merito. Interessante risulta la verifica esterna del Rapporto effettuata da CSR Network UK, dove si raccomanda che nei Rapporti futuri del gruppo vengano considerate come primo passo le analisi e gli apporti di ciascun gruppo di stakeholders rappresentativo. Il revisore informa che la scarsità di indicatori qualitativi e quantitativi sugli stakeholders non favorisce l’interazione bidirezionale.

L’attenzione verso gli stakeholders è uno dei punti fondamentali nel Rapporto Sociale di Traidcraft. L’organizzazione del commercio equo e solidale indirizza buona parte della sua valutazione sociale verso i clienti, i partners, i produttori del terzo mondo, i dipendenti, i soci ed i donatori. Il capitolo del Traidcraft’s Social Account 2000 che ha per titolo “stakeholders” è interamente riservato al risultato dei questionari e ai focus group effettuati durante l’anno: 23 questionari compilati e 12 focus group con i gruppi di produttori, 77 risposte dallo staff, 5 dai partners, 29 dai clienti, 68 risposte ai questionari provenienti dai donatori. Le domande poste dai questionari quantitativi a risposta chiusa sono riportate interamente, accanto agli esiti ed al commento del Direttore di Traidcraft. Le questioni affrontate nella consultazione dei pubblici di riferimento riguardano l’Organizzazione, le sue politiche, la sua attenzione verso l’ambiente, l’etica ed il rispetto dei principi fondanti; un terzo delle domande vertono sugli aspetti specifici per gruppo di stakeholder. Il Rapporto Sociale di Traidcraft segue le linee guida proposte dallo standard AA1000 che forniscono buone garanzie di partecipazione dei portatori di interessi interni ed esterni.

L’approccio di valutazione sociale implementato dal Comune di Bologna ha comportato un panel d’indagine su 119 Libere associazioni comunali, estratte casualmente, a cui sono state poste domande sullo stato dell’associazione ed i rapporti con il comune. Dalla bibliografia in nostro possesso, non ci risulta che siano stati attuati dei gruppi di lavoro comune, tantomeno focus group con elementi selezionati. Allineandoci in maniera non proprio ortodossa al processo di Quality Scoring Framework, potremmo collocare i primi tentativi verso il Bilancio Sociale del comune di Bologna tra il livello preliminare e di base che contemplano una descrizione minima degli obiettivi sociali ed una limitata consultazione degli stakeholders.

L’aspetto del coinvolgimento degli stakeholders viene confrontato con il fattore comunicazione aziendale anche nel Rapporto Sociale di VanCity. Il credito cooperativo canadese si allinea allo standard AA1000 che implica, tra le cose, l’attenzione durante tutte le sue fasi dei punti di vista e degli interessi legittimi di tutti gli stakeholders, evitando che l’opinione di un gruppo con maggiori risorse o potere possa prevalere su quella degli altri. Le linee guida del processo standard AA1000 prevedono che venga analizzato anche il punto di vista di stakeholder muti come l’ambiente o le generazioni future. Nello specifico VanCity ha espanso ed è scesa in maggiore profondità nella consultazione dei suoi stakeholders attraverso una serie di questionari e focus group con i soci, i dipendenti, con gruppi di esperti e referenti di comunità locali; a differenza di altre esperienze, nel Rapporto Sociale dell’Unione di credito sono riportati solo i risultati e non le modalità ed i numeri della ricerca. Altri limiti del Rapporto vengono dalla difficoltà di accedere ad informazioni finanziarie sull’Istituto da parte dei verificatori esterni, l’impossibilità di poter certificare la bontà di alcune misurazioni di performances sociali e di esaminare alcuni test sugli stakeholders.

La questione della partecipazione, del coinvolgimento, delle pari opportunità di ‘voce’ data agli stakeholders sono elementi focali di sfida per l’esistenza di un processo di fondamentale importanza come il Bilancio Sociale. Un verificatore incontrato durante questa ricerca diceva che, andando alla radice, la Contabilità sociale riguarda unicamente due aspetti: la qualità delle relazioni con gli stakeholders e le performance dell’impresa nella sfera della Responsabilità sociale. Se il primo aspetto è messo in un angolo a favore delle relazioni pubbliche, viene meno uno dei due fondamenti della rendicontazione sociale ed etica. Dalle interviste in profondità e dall’analisi dei Rapporti Sociali fin qui condotte, la strada per ricondurre sul giusto binario l’aspetto del coinvolgimento dei pubblici di riferimento dell’impresa è ancora lunga. Lunga ma non impossibile. La Responsabilità sociale deve passare attraverso una maggiore diffusione degli standards etico-sociali, un cambiamento culturale della mentalità imprenditoriale, la maggiore indipendenza delle società che effettuano la verifica ed entrare nella volontà di tutti per far crescere globalmente l’impresa. Questa è la vera sfida del Bilancio Sociale.

Concludiamo con una citazione di Simon Zadek, direttore di ISEA, il quale preconizza tre possibili scenari della Responsabilità sociale delle imprese:

OASI. Esiste uno sparuto gruppo di imprese che sviluppano rapporti economici orientati verso lo sviluppo sostenibile. Questa scelta poco interessa il grosso della comunità finanziaria ed il pubblico. (Circolo vizioso)

DESERTO. Al di fuori dell’oasi c’è l’incalzante deserto. Qui la finanza aggressiva ed il cinismo pubblico rendono le imprese meno attratte nei confronti della Responsabilità sociale. (Spirale verso il basso)

MECCA. I successi finanziari ottenuti dal commercio responsabile, combinati con una normativa etica di indirizzo, permettono lo sviluppo numerico di aziende che implementano le performances sociali ed ambientali. (Circolo virtuoso)

Appendici: gli standards internazionali SA8000 e AA1000

Social Accountability 8000 (SA8000)

By SAI ()

 

I. Purpose And Scope  

This standard specifies requirements for social accountability to enable a company to: 

a) develop, maintain, and enforce policies and procedures in order to manage those issues which it can control or influence; 

b) demonstrate to interested parties that policies, procedures and practices are in conformity with the requirements of this standard;

 The requirements of this standard shall apply universally with regard to geographic location, industry sector and company size.

  

II.    Normative Elements And Their Interpretation

 The company shall comply with national and other applicable law, other requirements to which the company subscribes, and this standard. When national and other applicable law, other requirements to which the company subscribes, and this standard address the same issue, that provision which is most stringent applies.

 The company shall also respect the principles of the following international instruments:

 ILO Conventions 29 and 105 (Forced & Bonded Labour)

ILO Convention 87 (Freedom of Association)

ILO Convention 98 (Right to Collective Bargaining)

ILO Conventions 100 and 111 (Equal remuneration for male and female workers for work of equal value; Discrimination)

ILO Convention 135 (Workers’ Representatives Convention)

ILO Convention 138 & Recommendation 146 (Minimum Age and Recommendation)

ILO Convention 155 & Recommendation 164 (Occupational Safety & Health)

ILO Convention 159 (Vocational Rehabilitation & Employment/Disabled Persons)

ILO Convention 177 (Home Work)

Universal Declaration of Human Rights

The United Nations Convention on the Rights of the Child

  

III. Definitions

 1. Definition of company: the entirety of any organization or business entity responsible for implementing the requirements of this standard, including all personnel (i.e., directors, executives, management, supervisors, and non-management staff, whether directly employed, contracted or otherwise representing the company).

 2.       Definition of supplier: a business entity which provides the company with goods and/or services integral to, and utilized in/for, the production of the company’s goods and/or services.

 3. Definition of subcontractor: a business entity in the supply chain which, directly or indirectly, provides the supplier with goods and/or services integral to, and utilized in/for, the production of the supplier’s and/or company’s goods and/or services.

 4. Definition of remedial action: action taken to remedy a nonconformance.

 5.       Definition of corrective action: action taken to prevent the recurrence of a non-conformance.

6.        Definition of interested party: individual or group concerned with or affected by the social performance of the company.

 7.        Definition of child: any person less than 15 years of age, unless local minimum age law stipulates a higher age for work or mandatory schooling, in which case the higher age would apply. If, however, local minimum age law is set at 14 years of age in accordance with developing- country exceptions under ILO Convention 138, the lower age will apply.

 8. Definition of young worker: any worker over the age of a child as defined above and under the age of 18.

 9. Definition of child labour: any work by a child younger than the age(s) specified in the above definition of a child, except as provided for by ILO Recommendation 146.

 10. Definition of forced labour: all work or service that is extracted from any person under the menace of any penalty for which said person has not offered him/herself voluntarily.

 11. Definition of remediation of children: all necessary support and actions to ensure the safety, health, education, and development of children who have been subjected to child labour, as defined above, and are dismissed.

  

IV. Social Accountability Requirements

 1. Child Labour

Criteria:

1.1 The company shall not engage in or support the use of child labour as defined above;

  1.2 The company shall establish, document, maintain, and effectively communicate to personnel and other interested parties policies and procedures for remediation of children found to be working in situations which fit the definition of child labour above, and shall provide adequate support to enable such children to attend and remain in school until no longer a child as defined above.

  1.3 The company shall establish, document, maintain, and effectively communicate to personnel and other interested parties policies and procedures for promotion of education for children covered under ILO Recommendation 146 and young workers who are subject to local compulsory education laws or are attending school, including means to ensure that no such child or young worker is employed during school hours and that combined hours of daily transportation (to and from work and school), school, and work time does not exceed 10 hours a day;

  1.4 The company shall not expose children or young workers to situations in or outside of the workplace that are hazardous, unsafe, or unhealthy.

 2. Forced Labour

2.1 Criterion: the company shall not engage in or support the use of forced labour, nor shall personnel be required to lodge ‘deposits’ or identity papers upon commencing employment with the company.

 3. Health And Safety

Criteria:

3.1 The company, bearing in mind the prevailing knowledge of the industry and of any specific hazards, shall provide a safe and healthy working environment and shall take adequate steps to prevent accidents and injury to health arising out of, associated with or occurring in the course of work, by minimizing, so far as is reasonably practicable, the causes of hazards inherent in the working environment;

  3.2 The company shall appoint a senior management representative responsible for the health and safety of all personnel, and accountable for the implementation of the Health and Safety elements of this standard;

  3.3 The company shall ensure that all personnel receive regular and recorded health and safety training, and that such training is repeated for new and reassigned personnel;

  3.4 The company shall establish systems to detect, avoid or respond to potential threats to the health and safety of all personnel;

  3.5 The company shall provide, for use by all personnel, clean bathrooms, access to potable water, and, if appropriate, sanitary facilities for food storage;

  3.6 The company shall ensure that, if provided for personnel, dormitory facilities are clean, safe, and meet the basic needs of the personnel.

 4. Freedom Of Association & Right To Collective Bargaining

Criteria:

4.1  The company shall respect the right of all personnel to form and join trade unions of their choice and to bargain collectively;

  4.2  The company shall, in those situations in which the right to freedom of association and collective bargaining are restricted under law, facilitate parallel means of independent and free association and bargaining for all such personnel;

  4.3 The company shall ensure that representatives of such personnel are not the subject of discrimination and that such representatives have access to their members in the workplace.

 5. Discrimination

Criteria:

5.1  The company shall not engage in or support discrimination in hiring, compensation, access to training, promotion, termination or retirement based on race, caste, national origin, religion, disability, gender, sexual orientation, union membership, or political affiliation;

  5.2  The company shall not interfere with the exercise of the rights of personnel to observe tenets or practices, or to meet needs relating to race, caste, national origin, religion, disability, gender, sexual orientation, union membership, or political affiliation.

  5.3  The company shall not allow behaviour, including gestures, language and physical contact, that is sexually coercive, threatening, abusive or exploitative.

 6. Disciplinary Practices

Criterion:

6.1 The company shall not engage in or support the use of corporal punishment, mental or physical coercion, and verbal abuse.

 7. Working Hours

Criteria:

7.1 The company shall comply with applicable laws and industry standards on working hours; in any event, personnel shall not, on a regular basis, be required to work in excess of 48 hours per week and shall be provided with at least one day off for every seven day period.

  7.2 The company shall ensure that overtime work (more than 48 hours per week) does not exceed 12 hours per employee per week, is not demanded other than in exceptional and short term business circumstances, and is always remunerated at a premium rate.

  8. Compensation

Criteria:

8.1 The company shall ensure that wages paid for a standard working week shall meet at least legal or industry minimum standards and shall always be sufficient to meet basic needs of personnel and to provide some discretionary income;

  8.2 The company shall ensure that deductions from wages are not made for disciplinary purposes, and shall ensure that wage and benefits composition are detailed clearly and regularly for workers; the company shall also ensure that wages and benefits are rendered in full compliance with all applicable laws and that compensation is rendered either in cash or check form, in a manner convenient to workers;

  8.3 The company shall ensure that labour-only contracting arrangements and false apprenticeship schemes are not undertaken in an effort to avoid fulfilling its obligations to personnel under applicable laws pertaining to labor and social security legislation and regulations.

 9. Management Systems

Criteria:

Policy

9.1 Top management shall define the company’s policy for social accountability and labour conditions to ensure that it:  

       a)  includes a commitment to conform to all requirements of this standard;

b)   includes a commitment to comply with national and other applicable law, other requirements to which the company subscribes and to respect the international instruments and their interpretation(as listed in Section II);

c)   includes a commitment to continual improvement;

d) is effectively documented, implemented, maintained, communicated and is accessible in a comprehensible form to all personnel, including, directors, executives, management, supervisors, and staff, whether directly employed, contracted or otherwise representing the company;

e) is publicly available.

  Management Review

9.2 Top management shall periodically review the adequacy, suitability, and continuing effectiveness of the company’s policy, procedures and performance results vis a vis the requirements of this standard and other requirements to which the company subscribes. System amendments and improvements shall be implemented where appropriate.

  Company Representatives

9.3 The company shall appoint a senior management representative who, irrespective of other responsibilities, shall ensure that the requirements of this standard are met;

  9.4 The company shall provide for non-management personnel to choose a representative from their own group to facilitate communication with senior management on matters related to this standard.

  Planning and Implementation

9.5  The company shall ensure that the requirements of this standard are understood and implemented at all levels of the organization; methods shall include, but are not limited to:

  a) clear definition of roles, responsibilities, and authority;

b) training of new and/or temporary employees upon hiring;

c) periodic training and awareness programs for existing employees;

d) continuous monitoring of activities and results to demonstrate the effectiveness of systems implemented to meet the company’s policy and the requirements of this standard;

       Control of Suppliers

9.6 The company shall establish and maintain appropriate procedures to evaluate and select suppliers based on their ability to meet the requirements of this standard;

  9.7  The company shall maintain appropriate records of suppliers’ commitment to social accountability, including, but not limited to, the suppliers’ written commitment to:

  a) conform to all requirements of this standard (including this clause);

b) participate in the company’s monitoring activities as requested;

c) promptly remediate any nonconformance identified against the requirements of this standard; 

d) promptly and completely inform the company of any and all relevant business relationship(s) with other supplier(s) and subcontractor(s);

  9.8 The company shall maintain reasonable evidence that the requirements of this standard are being met by suppliers and subcontractors.

  Addressing Concerns and Taking Corrective Action

9.9 The company shall investigate, address, and respond to the concerns of employees and other interested parties with regard to conformance/nonconformance with the company’s policy and/or the requirements of this standard; the company shall refrain from disciplining, dismissing or otherwise discriminating against any employee for providing information concerning observance of the standard.

  9.10 The company shall implement remedial and corrective action and allocate adequate resources appropriate to the nature and severity of any nonconformance identified against the company’s policy and/or the requirements of the standard.

      Outside Communication

9.11 The company shall establish and maintain procedures to communicate regularly to all interested parties data and other information regarding performance against the requirements of this document, including, but not limited to, the results of management reviews and monitoring activities.

  Access for Verification

9.12 Where required by contract, the company shall provide reasonable information and access to interested parties seeking to verify conformance to the requirements of this standard; where further required by contract, similar information and access shall also be afforded by the company's suppliers and subcontractors through the incorporation of such a requirement in the company's purchasing contracts.

  Records

9.13 The company shall maintain appropriate records to demonstrate conformance to the requirements of this standard.

AccountAbility 1000

by ISEA

1 Executive summary

1.1 AccountAbility 1000 - The foundation standard

Introduction

AccountAbility 1000 (AA1000) is an accountability standard, focused on

securing the quality of social and ethical accounting, auditing and

reporting. It is a foundation standard, and as such can be used in two ways:

a) As a common currency to underpin the quality of specialised

accountability standards, existing and emergent

b) As a stand-alone system and process for managing and

communicating social and ethical accountability and performance

AA1000 comprises principles (the characteristics of a quality process)

and a set of process standards. The process standards cover the following

stages:

a) Planning

b) Accounting

c) Auditing and reporting

d) Embedding

e) Stakeholder engagement

The principles and process standards are underpinned by the principle of

accountability to stakeholders.

Accountability and performance

The AA1000 process standards link the definition and embedding of

an organisation's values to the development of performance targets

and to the assessment and communication of organisational

performance. By this process, focused around the organisation's engagement

with stakeholders, AA1000 ties social and ethical issues into the organisation's

strategic management and operations.

Accountability standards and guidelines

Recent years have witnessed a proliferation of standards and guidelines to support and

measure accountability and performance. These include process standards and substantive

performance standards, standards focused on a single-issue or encompassing a variety of issues,

and mandatory and voluntary standards.

The processes and issues covered by these standards include stakeholder dialogue and

social and ethical reporting, organisational culture, fair trade and ethical trade, working

conditions, human resource management and training, environmental and animal protection,

community development and human rights.

Some of the more notable examples are the: Australian Criminal Code Act, Caux Round Table

Principles for Business, CERES Principles, EMAS, Ethical Trading Initiative, Forest Stewardship

Council, Global Reporting Initiative, Global Sullivan Principles, Humane Cosmetics

Standard, ICFTU Basic Code of Labour Practice, Investors in People, ICC Business Charter for

Sustainable Development, ISO 14001, OHSAS18001, PERI Reporting Guidelines, Social

Accountability 8000 (SA8000), South African Government Employment Equity Act, Sunshine

Corporate Reporting, and the US Government Federal Sentencing Guidelines.

AA1000 aims to support organisational learning and overall

performance - social and ethical, environmental and economic - and

hence organisations' contribution towards a path of sustainable

development.

It seeks to achieve its aim through improving the quality of social and

ethical accounting, auditing and reporting.

What is social and ethical?

The terms ethical and social have a number of theoretical and practical traditions in

organisational accountability. For some, ethical (or ethics) refers to an

organisation's systems and the behaviour of individuals within the organisation,

whereas social refers to the impacts of the organisation's behaviour on its

stakeholders, both internal and external.

For others, ethical embraces both the systems and individual behaviour within

an organisation, and the impacts of the systems and behaviour - on stakeholders,

on the environment, on the economy, etc.

AA1000 recognises these different traditions. It combines the terms social

and ethical to refer to the systems and individual behaviour within an organisation

and to the direct and indirect impact of an organisation's activities on stakeholders.

Social and ethical issues (relating to systems, behaviour and impacts) are

defined by an organisation's values and aims, through the influence of the

interests and expectations of its stakeholders, and by societal norms and

expectations.

Building performance not compliance

The Institute recognises and advocates the need for experimentation and

innovation in embedding the management of (and accountability

for) social and ethical issues in organisations' strategies and

operations. It furthermore recognises that any useful standard at this stage

must stimulate innovation above an agreed quality floor, rather than

encouraging the development of a more rigid compliance-oriented

culture.

Therefore in the first instance, the Institute has taken the decision not to

position AA1000 as a certifiable standard. Rather, its design is intended

to encourage innovation around key quality principles, which at this stage

it considers a more effective approach in taking forward individual adopting

organisations and the field as a whole.

AA1000 does, however, incorporate an auditing standard through which

organisations will provide assurance to stakeholders as to the quality of their

social and ethical accounting, auditing and reporting. This assurance is one

basis of effective engagement between organisations and

stakeholders, and hence supports organisations' strategic management

and operations.

1.2 AccountAbility 1000

Applications of the foundation standard

Introduction

AA1000 is focused on improving the overall performance of adopting

organisations.

It therefore supports improvements in financial performance and the long-term

value of the organisation to shareholders and other owners. It does

this by supporting improvements in other dimensions of performance,

particularly social and ethical but also indirectly environmental and

economic performance.

Improving performance

There are a variety of dimensions in which AA1000 can be used to improve

organisational accountability and performance. The following is not a

complete list, but illustrates the possible applications of AA1000 to the

benefit of an organisation and its stakeholders:

Measurement - The AA1000 standard outlines a process by which key

performance indicators are identified by an organisation through

engagement with its stakeholders.

The organisation and its stakeholders are brought together to work towards

a common understanding of what matters about performance.

Quality management - By measuring, communicating and obtaining

feedback on its social and ethical performance an organisation will be

better placed to understand and respond to the needs and aspirations

of its stakeholders, and to manage these alongside (and as part of) its

objectives and targets.

Recruitment and retention of employees - By clarifying its values

and reporting on its performance, an organisation can improve the

recruitment of high quality employees. The loyalty of existing employees will

also be supported by evidence of commitment to building a better

organisation and by the development of programmes to improve training

and others aspects of employee welfare. The corollary of this

improved loyalty to the organisation should be increased productivity.

External stakeholder engagement -AA1000 can play a key role in building

an organisation's relationships with its external stakeholders. Consumers,

suppliers and wider society are able to see how an organisation's behaviour

matches their aspirations, and are better positioned to articulate their

opinions. An organisation, in turn, will have more sensitive and accurate

information on which to base decisions, and a climate of increased

trust in which to implement them.

Governance - AA1000 can play a key role in supporting an organisation's

governance. The standard feeds into the organisation's control process by

which it ensures the alignment of its values and strategy with its

behaviour and the outcomes of its activities.

Government and regulatory relations - The adoption of AA1000 can play a

part in encouraging governments to acknowledge the self-regulating

processes that organisations are following to improve accountability

and performance. As a reflection of practical and useful best practice,

AA1000 may also help to ensure that any future regulation in the field is

viable and meaningful.

Training - AA1000 facilitates the training and the identification of

qualified and experienced service providers. Trained social and ethical

accountants and auditors will help an organisation, from inside or outside,

to improve its accountability and performance.

Partnership - AA1000 can support the deepening of value-based relations

along an organisation's supply chain and in other partnership processes. Its

adoption represents a commitment by an organisation to working together

with partners to achieve genuine and standardised good practice in

relationships.

Risk management - AA1000 can be integral to a framework for internal

control to enable an organisation to identify, evaluate and better manage

the risks arising from its impacts on and relationships with its stakeholders.

These may include risks to reputation and brand, and from customer and

employee liability suits.

Investors - AA1000 can play a critical role in satisfying the increasingly

complex demands for information from investors. For most investors,

clear and verifiable information about social and ethical performance and

stakeholder perceptions and expectations provides a valuable

reference point for assessing the quality of management and the

market positioning of an organisation. In addition, the

significant growth of 'ethical funds' is generating information requirements

that AA1000 can assist a company in providing in a cost-effective manner.

Using AA1000

AA1000 is designed to encompass the needs and requirements of adopters

from all types of organisation. These include:

a) Large and small organisations

b) Single site organisations, and multi-site, multi-national organisations

c) Public, private and non-profit organisations

The nature of the organisation adopting AA1000 affects its approach

to the application of the standards.

For example, a single-site organisation may apply the AA1000 standards by:

a) Developing a single social and ethical accounting, auditing and

reporting framework

b) Distributing a single audited report on all aspects of the organisation's

operations to its (predominantly local) stakeholders

In contrast, a large multi-site, multi-national organisation may apply the

AA1000 standards by:

a) Driving down responsibility for the measurement and improvement of

social and ethical performance to site-level

b) Reporting in summary form at group-level the overall activities

and performance of the organisation, incorporating the

indicators reported in the organisation's strategic

management system

c) Reporting at site-level the aspects of the organisation's social and

ethical performance relevant to local stakeholders

d) Using a mixture of auditing methodologies to reflect the

assurance required by stakeholders at group-level and at site-level

As practice develops, guidelines will be required to support the interpretation

and implementation of AA1000 that recognise the diverse requirements of

different organisation types, in different sectors and regions.

1.3 The AccountAbility

1000 framework

AA1000 is supported by a set of guidelines and a professional

qualification as illustrated in figure 1, and described in sections 3 to 8.

The guidelines and professional qualification do not form part of the

AA1000 standard, but provide guidance to different user groups in

the application and understanding of AA1000. Together, the standard, the

guidelines and the professional qualification are referred to as the

AA1000 Framework.

2 AccountAbility 1000 (AA1000)

2.1 Introduction

Social and ethical accounting, auditing and reporting

AA1000 is an accountability standard, focused on securing the quality of

social and ethical accounting, auditing and reporting. It comprises principles

and a set of process standards.

The AA1000 process can support an organisation's strategic management

and operations, by assisting it to:

a) Align its systems and activities with its values

b) Learn about the impacts of its systems and activities, including

stakeholder perceptions of these impacts

c) Serve as a part of a framework for internal control to enable the

organisation to identify, evaluate and better manage the risks

arising from its impacts on and relationships with its stakeholders

d) Meet the legitimate interest of stakeholders in information about

the social and ethical impact of the organisation's activities and its

decision-making processes

e) Build competitive advantage through the projection of a

defined stance on social and ethical issues

Accountability

To account for something is to explain or justify the acts, omissions, risks and

dependencies for which one is responsible to people with a

legitimate interest.

To discharge its accountability, an organisation will account for its acts,

omissions, risks and dependencies.

However, in addition to this accounting requirement of

transparency, accountability also entails a broader obligation of

responsiveness and compliance (see points a) to c) and figure 2):

a) Transparency concerns the duty to account to those with a legitimate

interest - the stakeholders in the organisation

b) Responsiveness concerns the responsibility of the organisation

for its acts and omissions, including the processes of

decision-making and the results of these decisions. Responsiveness

entails a responsibility to develop the organisation's processes and

targets to support the continuous improvement of the organisation's

performance

c) Compliance concerns the duty to comply with agreed standards

regarding both organisational policies and practices, and the

reporting of policies and performance

Users and their information needs

The users of social and ethical accounts and reports (written and

verbal communications) include the adopting organisation and its

stakeholders.

Its stakeholders are those groups who affect and/or are affected by the

organisation and its activities. These may include, but are not limited to:

owners, trustees, employees and trade unions, customers, members, business

partners, suppliers, competitors, government and regulators, the

electorate, non-governmental-organisations (NGOs)/not-for-profit

organisations, pressure groups and influencers, and local and

international communities.

The information needs and performance expectations of

stakeholders are reflected in a wide variety of issues. These may include,

but are not limited to: the organisation's values and governance,

its regulations and controls, its operations, the impact of its products,

services and investments, its impact on other species and the environment,

human rights issues, labour and working conditions issues, and supply

chain issues.

The aspirations of stakeholders in their interplay with the organisation

cannot be fully anticipated prior to the accounting, auditing and

reporting process. One of the key aims of the process is to discover and

respond to these aspirations through engagement with the stakeholders.

2.2 Principles

The AA1000 principles identify characteristics of a quality process.

These principles can be used in designing and managing an

organisation's social and ethical accounting, auditing and reporting

process, and may also be used in assessing the quality of its process.

The hierarchy of the AA1000 principles is as follows (and as illustrated in

figure 3):

a) A quality process of social and ethical accounting, auditing and

reporting is governed by the principle of accountability

b) Organisational accountability is directly addressed by the

inclusivity of the social and ethical accounting, auditing and reporting

process. Inclusivity concerns the reflection at all stages of the

process of the aspirations and needs of all stakeholder groups.

Stakeholder views are obtained through an engagement process

that allows them to be accurately and fully expressed without fear or

restriction. Inclusivity requires the consideration of 'voiceless'

stakeholders including future generations and the environment

c) Inclusivity is supported by, and infuses the operational meaning

of, the remaining AA1000 principles. These can be divided

into three broad groups, relating to: the scope and nature of the

organisation's process; the meaningfulness of information;

and the management of the process on an ongoing basis.

2.3 Process standards

Introduction

AA1000 is a process standard, not a substantive performance standard.

That is, it specifies processes that an organisation should follow to account

for its performance, and not the levels of performance the organisation

should achieve.

It is a dynamic model for continuous improvement, each cycle of which has

five main categories of action. The process model is broadly linear, but

stages frequently operate in parallel, and earlier stages may have to be

repeated. The stages are described below and illustrated in figure 4.

Throughout the AA1000 process standard, 'the process' refers to an

organisation's process of social and ethical accounting, auditing and

reporting.

a) The organisation commits to the process, and defines and reviews

its values and social and ethical objectives and targets (Planning)

b) The scope of the process is defined, information is collated

and analysed, and performance targets and improvement plans are

developed (Accounting)

c) A report(s) (written or verbal communication) on the

organisation's systems and performance is prepared, the

process (including the social and ethical reporting) is externally

audited, the report(s) is made accessible to stakeholders, and

stakeholder feedback is obtained (Auditing and Reporting)

d) To support each of these stages, structures and systems are

developed to strengthen the process and to integrate it into the

organisation's activities (Embedding)

e) Each process stage (from a) to d)is permeated by the organisation's

engagement with its stakeholders (Stakeholder engagement)

During these stages, the organisation begins planning for the next cycle of

the process incorporating the experience from previous cycles.

Within this broad process model, the Institute's process standards identify a

set of steps that an organisation should follow to help satisfy the

AA1000 quality principles.

Status of the standards

The AA1000 process standards are set out in the AA1000 Framework

together with guidance that assists in their interpretation. This guidance also

identifies the relationship between the standards and the underlying social

and ethical accounting, auditing and reporting principles.

The Institute recognises that organisations may adopt a stepped

approach to building accountability, and will use AA1000 as a model to

aspire to over time.

It is recognised that a variety of different approaches to the AA1000

processes, for example towards stakeholder engagement, will address

the quality requirements identified by the process standards, and that

different approaches will be more appropriate in different organisation

types and geographies.

Where there is a potential conflict between alternative process steps, an

organisation should refer to the principles to resolve the conflict.

Where there appears to be or there is a conflict of principles, the

organisation should make its decision to support a long-term goal of

accountability, and disclose this in its social and ethical report(s).

Planning

(P)rocess1 Establish commitment and governance procedures

The organisation commits itself to the process of social and ethical accounting, auditing and

reporting, and to the role of stakeholders within this process. It defines governance procedures

to ensure the inclusion of stakeholders in the process.

P2 Identify stakeholders

The organisation identifies its stakeholders and characterises its relationship with each group of

them.

P3 Define/review values

The organisation defines or reviews its current mission and values.

Accounting

P4 Identify issues

The organisation identifies issues through engagement with its stakeholders regarding its

activities and social and ethical performance.

P5 Determine process scope

The organisation determines, based on engagement with its stakeholders, the scope of

the current process in terms of the stakeholders, geographical locations, operating units and

issues to be included, and identifies how it plans to account for the excluded stakeholders,

operations, locations or issues in future cycles. It identifies the timing of the current cycle. The

organisation also identifies the audit method(s), the audit scope, and the auditor(s) to provide a

high level of quality assurance to all its stakeholders.

P6 Identify indicators

The organisation identifies social and ethical indicators through engagement with its

stakeholders. The indicators reflect the organisation's performance in relation to: its

values and objectives; the values and aspirations of its stakeholders, as determined through a

process of consultation with each group of them; and wider societal norms and

expectations.

P7 Collect information

The organisation collects information about its performance in respect of the identified

indicators. The organisation engages with stakeholders in the design of the collection

methods, which allow stakeholders to accurately and fully express their aspirations and needs.

P8 Analyse information, set targets and develop improvement plan

From the information collected, the organisation:

a) Evaluates its performance against values, objectives and targets previously set

b) Uses this evaluation and engagement with stakeholders to develop or revise objectives

and targets for the future, with a focus on improving performance

Auditing and reporting

P9 Prepare report(s)

The organisation prepares a social and ethical report (written or verbal communication) or

reports relating to the process undertaken in a specified period. The report(s) clearly and

without bias explains the process and demonstrates how the organisation's

performance relates to its values, objectives and targets. It includes information about its

performance measured against its key social and ethical performance targets. The organisation

provides comparative information for previous period(s) to help stakeholders understand the

current performance in the context of prior period trends and in the context of external

benchmarks, if available.

P10 Audit report(s)

The organisation arranges and supports the external audit of the process, including the

social and ethical report(s). Support is provided to the auditor throughout the planning and

accounting processes as appropriate.

P11 Communicate report(s) and obtain feedback

The organisation communicates information on the process and the social and ethical

performance of the organisation to all stakeholder groups. This includes making

accessible to all stakeholder groups the social and ethical report(s) together with the

independent audit opinion(s). The organisation actively seeks feedback from its stakeholder

groups in order to further develop its process.

Embedding

P12 Establish and embed systems

The organisation establishes systems to support the process, and the on-going achievement of

its objectives and targets in line with its values.

3 Auditing and quality assurance

3.1 Introduction

Social and ethical auditing has been embraced in a variety of forms by

organisations that have produced social and ethical reports. These have

included auditing processes based on financial auditing practices (reporting

a 'true & fair' view), but also innovative methods of providing

quality assurance.

A number of terms have been used to describe these processes, including

verification, certification, assurance and auditing. In the AA1000

framework, 'auditing' refers to all assessment processes where the social

and ethical accounting, auditing and reporting process and social and

ethical report(s) are examined by an independent body in order to provide

assurance to the organisation and stakeholders as to the quality of the

process and report(s).

The AA1000 foundation standard covers both internal audit (AA1000

process standard 12) and external audit (AA1000 process standard 10)

processes. Both types of process are key to an organisation discharging its

accountability.

The internal audit provides assurance to the organisation as to the quality

of the social and ethical accounting, auditing and reporting process and

the organisation's social and ethical performance. It also provides support

to the process of external audit.

The external audit process and report provide assurance to the

organisation and its stakeholders as to the quality of the social and ethical

accounting, auditing and reporting process and build credibility in the

reporting of the organisation's social and ethical performance. This

credibility is one basis of effective engagement with the organisation's

stakeholders, and of a common understanding of the organisation's

performance.

The AA1000 Framework's audit guidelines support the practice of the social and

ethical audit on two levels:

a) The guidelines outline principles for the conduct of the social and ethical

auditor

b) The guidelines describe a framework for the social and ethical audit

process, from agreeing the terms of engagement through to reporting.

This framework does not form part of the AA1000 process standard, and

should be understood as guidance to support social and ethical auditors in

the conduct of the audit.

3.2 Development of the guidelines

The Institute recognises that the practice of social and ethical auditing

is in its infancy. A number of key process issues remain which are not

addressed (or answered definitively) by the AA1000 foundation standard, but

for which standardisation may prove useful in building the credibility of

reporting. The Institute will work with other

organisations in developing the audit guidelines into an audit standard. The

issues to be considered will include:

a) The scope of the audit process

b) The role (and relationships) of single and multiple auditors

c) The content, format and language of the audit report and audit

opinion, including the concept of 'going concern' and qualified audit

opinions

d) The levels of assurance conveyed by audit reports

e) The links between AA1000 and IFAC ISAs

f) The quality control of auditors' work

3.3 Principle for the social and ethical auditor

The principles governing a social and ethical audit apply to the behaviour

of all social and ethical auditors, internal and external, irrespective of

which audit method(s) is used as part of a specific process.

The principles are detailed further in the (currently unpublished) ISEA

paper: The Code of Conduct for Members of the ISEA. Further details

on the requirements for professional competence are detailed in the

professional qualification (see section 8). The auditing and quality assurance

guidelines define the following principles for the social and ethical

auditor:

a) Integrity

b) Objectivity and independence

c) Professional competence

d) Professional behaviour

- Rigour, Judgement, Significance

and Clear Communication

e) Confidentiality

f) Due care to stakeholders

4 Integrating AA1000

4.1 Introduction

AA1000 is an accountability standard, focused on securing quality in social

and ethical accounting, auditing and reporting.

It is a foundation standard, and as such can be used in two ways: as a

common currency to underpin the quality of specialised accountability

standards, existing and emergent; and as a stand-alone system and process

for managing and communicating social and ethical accountability and

performance.

The integrating guidelines illustrate the relationship between AA1000 and

other standards according to the two ways in which AA1000 can be

understood and used. The guidelines can also illustrate links with other

management tools (such as balanced scorecards and business excellence

models) and with practice as it emerges in different regions (e.g. the

social balance in southern Europe) and organisations.

The guidelines are designed to help all four main AA1000 user groups:

a) Adopters of other standards and performance measurement tools

can use the integrating guidelines to understand how their existing

practices fit in with the AA1000 model of accountability. The

guidelines also identify how adopters of AA1000 as a stand-

alone system can use other standards and tools for support

b) By providing an explanation of key standards and management tools,

the guidelines provide stakeholders with an

understanding of organisations' declarations of policy or of

compliance with regard to these standards

c) Service providers can use the guidelines to understand and

position the role of different standards and management tools,

and to understand how these may support AA1000 as a stand-alone

system

d) The integrating guidelines provide standards developers with a

simplified positioning of their standards within an overall

framework of social and ethical accounting, auditing and reporting

The guidelines have three main sections. They:

a) Introduce a selection of accountability standards and management tools

b) Examine key standards and management tools against different

dimensions of AA1000, including processes and stakeholder issues

c) Identify how standards and management tools may be used to

support AA1000 where organisations use AA1000 as their stand-alone

system to build accountability

4.2 Development the guidelines

The Institute will continue to work with other organisations in the

development of specialised accountability standards. The

integrating guidelines will incorporate these and other standards as they are

developed to maintain AA1000's role as a common currency underpinning

quality.

The guidelines will also be developed with the publication of a database of

standards set against the AA1000 principles, process standards and key

issues of concern to stakeholders.

4.3 The integrating guidelines

Introduction

The standards and management tools analysed in the guidelines cover a

mixture of processes and issues, and include mandatory and voluntary

standards. The processes and issues covered include stakeholder dialogue

and social and ethical reporting, organisational culture, fair trade and

ethical trade, working conditions, human resource management and

training, environmental and animal protection, community development

and human rights.

This overview illustrates the dimensions of the integrating guidelines through introducing three

accountability standards (see below and figure 5). The guidelines are

illustrative not absolute:

a) The shading in figure 5 indicates the process focus and stakeholder

focus of the standards. It does not imply that all aspects of an

AA1000 process or all issues of concern to stakeholders are

covered by one or more standard. Similarly, the absence of shading

does not imply that (one or more of) the standards make no

comment on an aspect, rather that it is not its main focus

b) To fully identify the issues of interest to different stakeholders is

a complex process requiring engagement with the stakeholders

Summary of standards

The Global Reporting Initiative's (GRI) Sustainability Reporting Guidelines

have been developed through multi-stakeholder dialogue. The GRI

guidelines are closely aligned to AA1000, but focus on a specific piece

of the process - reporting. GRI aims to cover a full range of social and ethical

issues, as well as environmental and economic issues, although these are

currently at different stages of development.

The Council on Economic Priorities Accreditation Agency's (CEPAA) Social

Accountability 8000 (SA 8000) is a standard focused on workplace

conditions in supply chains. SA 8000 has close links with much of the

AA1000 process, including: the definition of policy, the monitoring of

activities and results, the verification of conformance, the communication

of procedures, and the development of management systems. SA8000 was

developed (and is subject to continuous improvement) through

consensus-based stakeholder dialogue, and it includes a process of

stakeholder governance. But it does not include stakeholder engagement

as a core part of the accounting process.

The International Standard Organisation's (ISO) standards focus

on the development and certification of management systems. They

incorporate processes of Policy, Planning, Implementation &

Operation, Checking & Corrective Action, Management Review with an

overall focus on continuous improvement. Communication is a key

element of ISO standards, but there is little emphasis on dialogue with

stakeholders. One part of the ISO series, ISO14001, addresses many of

the AA1000 processes, but with a specific focus on environmental issues.

5 Stakeholder engagement

5.1 Introduction

Engagement with stakeholders is at the heart of AA1000. Engagement is

not about organisations abdicating responsibilities for their activities, but

rather using leadership to build relationships with stakeholders, and

hence improving accountability and performance.

But how can organisations and stakeholders ensure quality in the

consultation and dialogue that takes place between them? The guidelines

begin to answer this question by outlining good practice in

engagement. This overview summarises the aims of stakeholder

engagement.

The guidelines have three elements. They:

a) Define the aims of stakeholder

engagement in the context of AA1000

b) Describe a number of methods of

stakeholder engagement

c) Describe techniques and provide

advice to support the good practice of

the methods defined above

5.2 Development of the guidelines

The stakeholder engagement guidelines are designed for all main

user groups of AA1000. Adopting organisations, stakeholders and service

providers can use them to understand the aims of engagement, and to

examine the methods and techniques that may be used to support these

aims. Standards developers can also use them as the basis for the

development of specialised engagement guidelines to address

particular situations. These may include, for example, guidelines for:

a) Engagement on different issues, e.g. environmental and social

issues

b) Engagement in different countries and cultures, and with different

genders and races

c) Engagement in crisis situations

d) Engagement with internal and external stakeholders

e) Engagement by different organisation types, e.g. large and

small, public, private and non-profit, and in different sectors of

operation

f) Audit of engagement processes

5.3 Aims of stakeholder engagement

As part of the AA1000 process, stakeholder engagement is focused on

improving the accountability and performance of the organisation.

The AA1000 definition of accountability is an accountability of

organisations to their stakeholders.

The nature of this accountability is defined by the organisation's

engagement with its stakeholders. Stakeholder engagement can also be

at the heart of a virtuous circle of performance improvement.

Meaningful engagement can:

a) Anticipate and manage conflicts

b) Improve decision-making

c) Build consensus amongst diverse views

d) Create stakeholder identification with the outcomes of the

organisation's activities

e) Build trust in the organisation

These five factors are key to improving financial performance through, for

example, improved recruitment and retention of employees or the

increased sophistication of management systems. They are also

key to building the organisation's performance on other measures in a

manner that satisfies the aspirations of the organisation's stakeholders. If

the engagement improves stakeholder satisfaction, this will play a role in

supporting the long-term financial performance of the organisation.

But what does it mean to have meaningful engagement? At a high

level, it requires that the organisation is accountable (transparent, responsive

and compliant), and that its leadership make decisions based on an accurate

and full understanding of stakeholder aspirations and needs. To achieve this,

engagement needs to:

a) Allow stakeholders to assist in the identification of other stakeholders

b) Ensure that stakeholders trust the

social and ethical accountant (internal or external) that is

collecting and processing the findings of the engagement

c) Be a dialogue, not a one-way information feed

d) Be between parties with sufficient preparation and briefing to have

well-informed opinions and decisions

e) Involve stakeholders in defining the terms of the engagement. The

terms will include, but are not limited to the issues covered, the

methods and techniques of engagement used, the questions

asked, the means of analysing responses to questions and the

stakeholder feedback process

f) Allow stakeholders to voice their views without restriction and

without fear of penalty or discipline. However, stakeholders

must be aware that if their opinions are taken seriously and

acted upon, this will have consequences upon them and

other stakeholder groups

g) Include a public disclosure and feedback process that offers other

stakeholders information that is valuable in assessing the

engagement and allows them to comment upon it.

6 Accountability assessment

6.1 Introduction

AA1000 has been developed to improve organisational accountability

and performance by increasing quality in social and ethical accounting,

auditing and reporting. It will only achieve this if adopting organisations'

communications and contacts with stakeholders are:

a) Understood by stakeholders

b) Meaningful to stakeholders Stakeholders will assess organisations'

performance across a range of formal and informal communications. Social

and ethical reporting (including written and verbal communications)

will therefore only cover part of an organisation's relationship with its

stakeholders, and it will only be part of the way in which an organisation

communicates with them.

At the same time, innovation in social and ethical reporting presents

stakeholders with a confusing range of methods, formats and media of

report presentation. The accountability assessment guidelines are designed to

assist stakeholders in assessing formal reports, and hence to draw meaning

from them.

6.2 Development of the guidelines

The accountability assessment guidelines are based on the AA1000

principles and process standards. As such, they do not provide a definitive

guide to the format or contents of social and ethical reports, and do not

define social and ethical performance indicators or targets for organisations.

In addition, they do not provide a method of calculating an

accountability score for a report.

6.3 The assessment guidelines

However, the guidelines do assist stakeholders in making a qualitative

assessment of the inclusion of information in a report and its

meaning. They help stakeholders to:

a) Understand an organisation's positioning of their relationship

with the stakeholder

b) Understand the accountability of a reporting organisation

c) Compare social and ethical reporting across individual

organisations and between sectors, regions and types of organisation

The guidelines will be developed to incorporate experience in the

assessment of performance, in particular as the use of different

reporting media develop and as organisations' reporting cycles become

more flexible. This will include the experience from the ISEA/ACCA Social

Reporting Awards (SRA).

7 First steps

7.1 Introduction

Organisations have adopted a variety of approaches to social and ethical

accounting, auditing and reporting. Each approach has a different balance

in terms of the issues on which it is focused, and the processes by which

the organisation measures, communicates and develops its values,

processes, objectives and targets.

The alternative methods (and the extent to which they have been

pursued) reflect a number of dimensions of organisations'

identities. Among the more important dimensions include:

a) The nature of the organisation

b) The driver of the organisation's adoption of social and ethical

accounting, auditing and reporting

c) The legal requirements and societal norms of the regions within which

the organisation operates

d) The level of development of existing environmental accounting

and reporting systems

e) The existence of other programmes (mandatory or voluntary)

regarding the management of social and ethical issues, (e.g. Best

Value in the UK public sector)

f) Key stakeholders in the organisation, and their demands

g) Cost pressures

h) Uncertainty about costs and benefits of the process

The AA1000 foundation standard recognises that organisations may

adopt a stepped approach to building accountability, and will use AA1000 as

a model to aspire to over time.

Within the context of the AA1000 standards, the first step guidelines:

a) Briefly discuss how different approaches to social and ethical

accounting, auditing and reporting can be understood in terms of a model

of development towards accountability b) Suggest a set of first steps (and

considerations at each step) towards starting a social and ethical

accounting, auditing and reporting process.

7.2 Development of the guidelines

The first step guidelines will be developed to incorporate experience

from those organisations addressing social and ethical accounting, auditing

and reporting for the first time, in particular those addressing it through

the perspective of AA1000.

7.3 First steps

An organisation considering a process of social and ethical accounting,

auditing and reporting may address the following steps (see figure 6):

a) Formalise reasons for (and against) beginning the process ('Defining

Aims')

b) Understand its capability to achieve aims ('Defining Capacity')

If it chooses to proceed the organisation may:

c) Outline the nature of the process to be adopted, including the

processes to be followed and issues covered ('Outlining Scope')

d) Build resources to match the aims of the project ('Building Capacity')

This final stage of building capacity is central to the success of the process.

These stages begin to cover some aspects of the 'Planning' and

'Embedding' stages of the AA1000 process. Some organisations have used

these first steps as a scoping exercise in which the aims of the project, etc,

are clarified before investing significant resources in a full process.

Others, however, have incorporated these first steps within a full

accounting, auditing and reporting process.

8 Professional qualification

8.1 Introduction

The creation of a body of professionally trained and qualified

social and ethical accountants and auditors is central to the development

of organisational accountability: to translate organisations' interest in

accountability issues into quality processes of social and ethical

accounting, auditing and reporting; and to build the credibility of social

and ethical auditing by enhancing the legitimacy of auditors.

The AA1000 framework addresses this need with a professional qualification

linked to a training and professional development programme: The

'competence and qualification requirements for social and ethical

accountants and auditors.' The qualified social and ethical

accountants and auditors will be trained in AA1000 and other

accountability standards (social and ethical, environmental and financial)

as well as social and ethical management issues more generally.

The professional qualification programme will not train qualified

auditors to certify organisations as AA1000 compliant. Qualified auditors

will, however, be competent to assess the quality of accounting, auditing

and reporting processes with reference to AA1000 and other social and

ethical accountability standards. The competence and qualification

requirements are designed both for service providers (providing

consultancy and auditing services) and the staff of those adopting

organisations that practice social and ethical accounting, auditing and

reporting.

The qualification of social and ethical accountants and auditors does not

exclude the role of non-qualified persons in promoting the

accountability of organisations. The new profession that the Institute is

building will include social and ethical accountants and auditors, but also

those working in a variety of fields committed to the values of social and

ethical accountability.

The professional qualification comprises:

a) The competencies and knowledge areas required of social and ethical

accountants and auditors

b) The professional training content necessary to support candidates in

meeting these requirements, and to maintain and develop their ability to

perform professionally

c) The type and level of experience necessary for sound professional

performance in these areas.

8.2 Development of the professional qualification

The Institute recognises the need to develop the professional qualification

guidelines into a qualification standard. This development will draw

on emerging best practice in accounting, auditing and reporting

and experience from the Institute's training programme for social and

ethical accountants and auditors.

The development of the programme will consider, inter alias, the:

a) Requirements for training, continuing professional

development, and practical experience

b) Exemptions through work experience and prior training

8.3 The training content

The training requirements comprise eight modules covering five main

areas:

a) An understanding of the social and ethical dimensions of organisations

- including the concepts of individual and organisational

accountability, of sustainable development and of stakeholders;

and an understanding of issues relating to diversity and equal

opportunity

b) An understanding of financial, environmental, and social and

ethical aspects of organisations –including key issues, legislation,

management systems, and standards and guidelines

c) An understanding of governance and leadership issues - including

the role of stakeholders

d) An understanding of audit and quality assurance issues - including

the purpose of auditing, alternative audit methodologies

for providing quality assurance to the organisation and stakeholders,

and the application of knowledge from other modules

e) How to do it - including practical guidance and training in the

processes of social and ethical accounting, auditing and reporting

The qualification guidelines identify the aims for each module and the

elements of content that should be included in the training and

examination.

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KPMG Italia:

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Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo (LIUC):

New Economics Foundation (NEF):

Social Accountability International (SAI):

S.C.S. Consulting (già SMAER):

SGS:

SustainAbility:

Traidcraft:

Unipol assicurazioni:

United Utilities:

University of Glasgow, Department of accounting:

VanCity:

World CRS:

-----------------------

Pressione

esterna

Cambiamento

culturale

Gestione degli

stakeholders

................
................

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