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STATI UNITI

Quadro macroeconomico

Andamento congiunturale

Secondo le analisi della Banca d’Italia, nel terzo trimestre del 2009 il PIL statunitense ha ripreso a crescere, segnando un aumento del 2,2 per cento su base annuale, dopo un calo dello 0,7 nel trimestre precedente. L’attività è stata sostenuta principalmente dai consumi privati, con un apporto di due punti percentuali alla dinamica del prodotto. Hanno fornito un contributo positivo anche la variazione delle scorte (0,7 punti) e la spesa pubblica (0,6 punti); è stato invece negativo l’apporto degli investimenti fissi, nonostante un recupero di quelli residenziali. La ripresa e` proseguita con un +5,6% anche nell’ultimo trimestre, ma - nonostante questi dati positivi nella seconda meta` dell’anno - per l’intero 2009 vi e` stata una contrazione del Prodotto Interno Lordo pari al 2.4%. Per il 2010 le ultime previsioni di crescita del Fondo Monetario Internazionale indicano un +2,7%, ma - a conferma della gravita` della fase recessiva pregressa- diversi analisti hanno espresso riserve sulla effettiva tenuta della ripresa.

La crisi finanziaria, che si era originata fin dal 2007 dal segmento dei mutui “subprime”, nel 2008 ha finito per investire l’intero sistema economico americano che e` entrato in aperta recessione. Nel mese di settembre 2008, il fallimento della banca d’investimenti Lehman Brothers ha segnato l’apice di un vero e proprio terremoto bancario che ha ridisegnato la mappa di Wall Street ed ha avviato la piu` grave crisi economica dagli anni ‘30. Per evitare un collasso della liquita` e l’avvio di una pericolosa spirale recessiva, le Autorità hanno reagito con grande tempismo adottando misure straordinarie che, con grande pragmatismo, hanno progressivamente ridefinito il ruolo dell'intervento pubblico sui mercati finanziari. Questa politica di intervento pubblico avviata dall’Amministrazione Bush e` stata quindi ripresa con ancor maggiore determinazione dall’Amministrazione Obama fin dal suo insediamento nel gennaio del 2009 (e sviluppata con una manovra fiscale di stimolo alla domanda da 787 miliardi di dollari American Recovery and Reinvestment Act ARRA, nel febbraio 2009).

Nonostante il massiccio intervento pubblico, la mancanza di fiducia del settore finanziario ha ridotto la disponibilità di credito e la crisi ha quindi “contagiato” anche i consumi e l’attività delle imprese provocand un sensibile aumento della disoccupazione (al 10% a fine 2009 ed oggi al 9,7%).

Il ridimensionamento del settore finanziario e la recessione dell'economia reale americana hanno avuto conseguenze, non solo su Paesi piu' esposti all'economia finanziaria come la Gran Bretagna, ma anche in Paesi la cui crescita economica e` vincolata alle esportazioni verso il mercato nordamericano, come i Paesi europei, la Cina, il Giappone. Per fare il punto sulla situazione economica e finanziaria mondiale di fronte ad una crisi divenuta globale, in settembre si sono riuniti a Pittsburgh i Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G20. La riunione e’ stata dedicata alla verifica delle misure di coordinamento e sostegno finanziario adottate in occasione della precedente riunione di aprile a Londra.

Nel quarto trimestre 2009, le esportazioni sono aumentate del 18,1 per cento su base annuale; il loro contributo alla crescita è stato, tuttavia, più che compensato dall’ancor più forte incremento delle importazioni (21 per cento). Nell’insieme, l’attività economica statunitense ha tratto un sostegno fondamentale dall’attuazione del piano di stimolo fiscale ARRA del febbraio 2009; sino a dicembre 2009 è stato erogato circa un terzo dei 787 miliardi di dollari stanziati (pari a circa il 5,5 per cento del PIL), ripartito tra investimenti pubblici, riduzioni delle imposte alle famiglie e incentivi fiscali alle imprese. Secondo stime ufficiali, l’espansione del PIL nel terzo trimestre 2009 avrebbe riflesso in larga misura il contributo, diretto e indiretto, dell’American Recovery and Reinvestment Act, i cui effetti positivi sulla crescita avrebbero raggiunto l’apice proprio in tale periodo e dovrebbero esaurirsi, gradualmente, entro la metà del 2010.

La produzione industriale, dopo avere ristagnato in ottobre 2009, ha ripreso a crescere in novembre, in misura sostenuta e diffusa tra i vari settori. Negli ultimi tre mesi dell’anno il calo dell’occupazione dipendente nel settore non agricolo si è ulteriormente attenuato e sono aumentate le ore lavorate. In ottobre e novembre 2009 i consumi sono cresciuti, seppure a un ritmo moderato; il tasso di risparmio delle famiglie statunitensi si è stabilizzato poco sotto il 5 per cento.

Sulla ripresa continuano tuttavia a gravare rilevanti fattori di rischio. Nei prossimi trimestri un freno ai consumi potrà derivare dal desiderio delle famiglie di risanare i propri bilanci; la loro ricchezza netta, pur tornando a crescere nel secondo e nel terzo trimestre del 2009, resta nettamente inferiore ai livelli precedenti la crisi. La situazione del mercato del lavoro permane debole: l’aumento del tasso di disoccupazione, che ha raggiunto il 10 per cento, è stato frenato dalla significativa diminuzione del tasso di partecipazione della forza lavoro.

Gli investimenti continuano a risentire dell’eccesso di capacità produttiva e della restrizione del credito bancario. I prestiti delle banche commerciali alle imprese sono scesi riflettendo anche il calo della domanda di finanziamenti. L’indagine “Senior Loan Officer Opinion Survey” della Federal Reserve pubblicata a ottobre segnalava tuttavia, già nel terzo trimestre 2009, un’attenuazione della tendenza a una restrizione delle condizioni di accesso al credito. Negli ultimi mesi del 2009 le società non finanziarie hanno peraltro continuato a fare ampio ricorso al mercato obbligazionario, anche se in misura più contenuta rispetto ai primi nove mesi dell’anno: tra ottobre e dicembre 2009 sono state emesse obbligazioni per circa 100 miliardi di dollari, un valore in linea con la media del decennio precedente.

Le condizioni sul mercato degli immobili residenziali si sono stabilizzate. I prezzi delle abitazioni misurati dall’indice Case-Shiller relativo alle dieci principali città, dopo essere risaliti del 5 per cento tra aprile e settembre 2009, sono rimasti invariati in ottobre; le quotazioni dei contratti futures sullo stesso indice segnalano attese di prezzi stabili nel corso del 2010. Dal lato dell’offerta, le licenze e gli avvii di nuove costruzioni si sono assestati sui livelli assai modesti della scorsa estate. Lo squilibrio tra offerta e domanda ha continuato a ridursi, grazie anche ai bassi tassi d’interesse sui mutui ipotecari e agli incentivi fiscali per l’acquisto di prime abitazioni: in novembre il tempo necessario per smaltire lo stock di case invendute (poco meno di sette mesi) era quasi dimezzato rispetto alla fine del 2008 e ormai prossimo alla media storica. In prospettiva, la domanda potrebbe risentire dello scadere del termine di tali incentivi e di un possibile rialzo dei tassi quando, nel marzo 2010, la Federal Reserve cesserà di acquistare ” mortgage backed securities” (MBS) emesse e garantite delle agenzie federali a fronte della cartolarizzazione di mutui ipotecari.

Inoltre, l’alto tasso di morosità sui mutui residenziali e la significativa incidenza delle nuove procedure esecutive potrebbero accrescere la quantità di abitazioni in vendita al punto da indurre nuove pressioni al ribasso sui prezzi. Appare ancora più incerta la situazione sul mercato degli immobili commerciali, i cui valori medi, dopo essere diminuiti di circa il 40 per cento, nello scorso ottobre continuavano a mostrare una tendenza al ribasso.

L’inflazione è tornata su valori positivi in novembre 2009 (1,8 per cento), riflettendo l’esaurirsi dell’effetto connesso con il forte calo dei prezzi delle materie prime energetiche .

Secondo le più recenti previsioni raccolte da Consensus Economics, nel 2010 l’inflazione dei prezzi al consumo si collocherebbe intorno al 2 per cento.

A novembre e dicembre 2009 la Federal Reserve ha confermato l’intervallo-obiettivo per il tasso d’interesse sui federal funds compreso tra 0,0 e 0,25 per cento e ribadito l’intenzione di mantenere un orientamento fortemente espansivo per un periodo di tempo prolungato.

Grado di apertura del Paese al commercio internazionale ed agli investimenti esteri

Secondo i dati sull’import e l’export USA di beni pubblicati dall’US Department of Conmerce, nel 2009 gli Stati Uniti hanno importato merci per un totale di 1.558 miliardi di dollari, registrando un calo del 26% rispetto al 2008, e ne hanno esportate per 1.056 miliardi (-18% rispetto al 2008) con un disavanzo commerciale ridotto da 816 miliardi nel 2008 a 500 miliardi nel 2009. La buona performance delle esportazioni registrata nel 2007 e protrattasi per il primo semestre 2008, ha subito nel 2009 una forte battuta d’arresto, dovuta alla crisi economica globale.

L’export statunitense, che nel biennio 2007-2008 era cresciuto significativamente grazie al dollaro debole e all’incremento dei prezzi delle derrate alimentari destinate all’estero, e’ praticamente crollato. Così come l’import, che ha fatto registrare tassi negativi in tutte le grosse categorie merceologiche, incluse le materie prime ed i prodotti petroliferi con un tasso di crescita negativo “record” pari a -47,31%.

|INTERSCAMBIO COMMERCIALE U.S.A -Mondo |

|milioni di dollari |

| |2008 |2009 |Variazione % |

| | | |2008 -2009 |

|TOTALE IMPORT USA |2.103.641 |1.558.085 |-25,93% |

|TOTALE EXPORT USA |1.287.442 |1.056.895 |-17,91% |

|DEFICIT COMMERCIALE USA |-816.199 |-501.190 | |

IMPORTAZIONI

Relativamente alla bilancia commerciale statunitense di beni, la parte più rilevante delle importazioni rimane quella delle materie prime e dei prodotti petroliferi. Tale voce costituisce, da sola, il 30% del totale. Nel 2009 questa voce ha registrato il calo piu’ elevato con un meno 41% rispetto al 2008. Le altre importanti categorie dell’import sono rappresentate dai beni d’investimento (tra cui i macchinari per l’industria) e dai beni di consumo (tra cui l’abbigliamento), anch’essi in forte calo. Il segmento prodotti alimentari e bevande ha raggiunto un valore poco superiore agli 81 miliardi di dollari, con una riduzione percentuale dell’8,3%, minore rispetto ai tassi delle altre voci di import. Tra le cause per cui la domanda interna di beni provenienti dall’estero sia e` fortemente ridimensionata figura anche l’indebolimento del dollaro.

ESPORTAZIONI

RIGUARDO AI BENI ESPORTATI DAGLI USA, NEL 2009 SI REGISTRA UN FORTE CALO (-18%). TUTTE LE CATEGORIE MERCEOLOGICHE SONO IN DIMINUZIONE CON UN: -33% PER LE AUTOMOBILI E LE PARTI DI RICAMBIO, -24% PER LE MATERIE PRIME ED I PRODOTTI PETROLIFERI, -13% PER I PRODOTTI AGROALIMENTARI E BEVANDE E -7% PER I BENI DI CONSUMO. LE ESPORTAZIONI DI BENI DI INVESTIMENTO SONO DIMINUITE DEL 14,7%.

SALDO

IL DEFICIT COMMERCIALE STATUNITENSE SI E’ FORTEMENTE RIDIMENSIONATO NEL 2009 RISPETTO AL 2008, CON UN SALDO NEGATIVO DI CIRCA 500 MILIARDI DI DOLLARI RISPETTO AGLI 816 DEL 2008. QUELLO CHE HA INCISO MAGGIORMENTE E’ STATO IL FORTE CALO DELL’IMPORT DI MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI PASSATI DA UN SALDO NEGATIVO DI 391 MILIARDI DI DOLLARI AD UNO DI 165.

|INTERSCAMBIO U.S.A PER PRINCIPALI CATEGORIE MERCEOLOGICHE |

|milioni di dollari |

| |2008 |2009 |Variazione % e |

| | | |assoluta |

|TOTALE IMPORT USA |2.103.641 |1.558.085 |-25,93% |

|di cui: | | | |

|ALIMENTARI E BEVANDE |88.997 |81.585 |-8,33% |

|MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI |779.481 |461.109 |-40,84% |

|BENI DI INVESTIMENTO |453.743 |369.283 |-18,61% |

|AUTOMOBILI E PARTI |233.764 |159.977 |-31,56% |

|BENI DI CONSUMO |481.643 |428.409 |-11,05% |

|ALTRI BENI |66.013 |57.722 |-12,56% |

|TOTALE EXPORT USA |1.287.442 |1.056.895 |-17,91% |

|di cui: | | | |

|ALIMENTARI E BEVANDE |108.349 |93.998 |-13,25% |

|MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI |388.033 |296.330 |-23,63% |

|BENI DI INVESTIMENTO |457.655 |390.404 |-14,69% |

|AUTOMOBILI E PARTI |121.451 |81.626 |-32,79% |

|BENI DI CONSUMO |161.292 |150.029 |-6,98% |

|ALTRI BENI |50.662 |44.507 |-12,15% |

|SALDO |-816.199 |-501.190 |315.009 |

|di cui: | | | |

|ALIMENTARI E BEVANDE |19.352 |12.413 |-6.939 |

|MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI |-391.448 |-164.779 |226.669 |

|BENI DI INVESTIMENTO |3.912 |21.121 |17.209 |

|AUTOMOBILI E PARTI |-112.313 |-78.351 |33.962 |

|BENI DI CONSUMO |-320.351 |-278.380 |41.971 |

|ALTRI BENI |-15.351 |-13.215 |2,136 |

Per quanto concerne la destinazione geografica delle esportazioni USA, sempre nel contesto di un generale calo generalizzato, si rileva come ai primi tre posti nella graduatoria si confermano rispettivamente il Canada, il Messico e la Cina. Rispetto al 2008, le esportazioni verso la Cina sono leggermente diminuite, con 70 miliardi di merci esportate nel 2009. Si rilevano inoltre una rilevante diminuzione dell’export verso il Canada (-22%), il Giappone (-21,4%) e la Germania (-21%).

I principali fornitori degli USA nel 2009 sono stati la Cina, il Canada ed il Messico rispettivamente, con il 19%, il 14,4% e l’11% del totale delle importazioni statunitensi. La diminuzione dei beni esportati negli USA rispetto al 2008 è stato del 12% per la Cina, del 34% per il Canada e del 18% per il Messico.

|INTERSCAMBIO U.S.A PER PRINCIPALI PARTNER COMMERCIALI |

|Milioni di Dollari |

| |2008 |2009 |Variazione % |

| | | |08/09 |

|TOTALE IMPORT USA |2.103.641 |1.558.085 |-25,93 |

|di cui: | | | |

|CINA |337.773 |296.402 |-12,2 |

|CANADA |399.491 |224.911 |-33,8 |

|MESSICO |215.942 |176.537 |-18,2 |

|GIAPPONE |139,262 |95,949 |-31,1 |

|GERMANIA |97,497 |71.253 |-26,9 |

|REGNO UNITO |58.587 |47.486 |-18,9 |

|COREA DEL SUD |48.069 |39.235 |-18,4 |

|FRANCIA |44.049 |34.034 |-22,7 |

|TAIWAN |36.326 |28.375 |-21,9 |

|VENEZUELA |51.424 |28.094 |-45,4 |

|IRLANDA |31.347 |28.066 |-10,5 |

|ITALIA |36.135 |26.416 |-26,9 |

|MALESIA |30.736 |23.279 |-24,3 |

|ARABIA SAUDITA |54.747 |22.046 |-59,7 |

|INDIA |25.704 |21.176 |-17,6 |

|BRASILE |30.453 |20.074 |-34,1 |

|TOTALE EXPORT USA |1.287.442 |1.056.895 |-17,9 |

|di cui: | | | |

|CANADA |261.150 |204.728 |-21,6 |

|MESSICO |151.220 |128.998 |-14,7 |

|CINA |69.733 |69.576 |-0,2 |

|GIAPPONE |65.142 |51.180 |-21,4 |

|REGNO UNITO |53.599 |45.714 |-14,7 |

|GERMANIA |54.505 |43.299 |-20,6 |

|PAESI BASSI |39.719 |32.347 |-18,6 |

|COREA DEL SUD |34.669 |28.640 |-17,4 |

|FRANCIA |28.840 |26.522 |-8,0 |

|BRASILE |32.299 |26.175 |-19,0 |

|SINGAPORE |27.854 |22.279 |-20,0 |

|BELGIO |28.903 |21.630 |-25,2 |

|HONG KONG |21.499 |21.119 |-1,8 |

|AUSTRALIA |22.219 |19.597 |-11,8 |

|TAIWAN |24.926 |18.432 |-26,1 |

|ITALIA |15.461 |12.233 |-20.9 |

Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

LA CINA

Ormai da alcuni anni una parte consistente del deficit commerciale statunitense è attribuibile all’interscambio commerciale con la Cina che, nel 2009, si e’ confermata al primo posto nella classifica dei principali fornitori con oltre 296 miliardi di dollari. Pechino, nonostante la sua posizione di vantaggio e di leadership, ha comunque fatto registrate un forte decremento del suo export, con un -12,2% rispetto al 2008. Il deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti della Cina, che resta il piu’ grande in assoluto e che “pesa” per il 33% sul totale del deficit commerciale statunitense, si è quindi ridimensionato, passando dai -268 miliardi di dollari nel 2008 ai –227 del 2009. Nell’attuale clima di rallentamento della crescita mondiale, inclusa quella cinese, le azioni della nuova Amministrazione americana nei confronti di Pechino sono apparse improntate ad una ricerca di collaborazione, soprattutto a causa del fortissimo legame economico-commerciale che avvicina i due Paesi e che vede la Cina essere il principale creditore degli Stati Uniti d’America.

INVESTIMENTI ESTERI E GLOBALIZZAZIONE

IL FENOMENO DELLA GLOBALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA AMERICANA E MONDIALE SI E’ SVILUPPATO FORSE ANCORA IN FORMA PIÙ MARCATA NELL’AMBITO DEGLI INVESTIMENTI RISPETTO A QUELLO DEL COMMERCIO DI BENI. GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI – CHE A LORO VOLTA POSSONO ESSERE SUDDIVISI IN PROGETTI DI INVESTIMENTO GREENFIELD, CHE CONSISTONO NELLA CREAZIONE DI UNA NUOVA IMPRESA O NELLO SVILUPPO ED ESPANSIONE DI UN’IMPRESA GIA’ ESISTENTE, ED IN ACQUISIZIONI CROSS BORDER DI AZIENDE GIA’ ESISTENTI - DAL 2000 AL 2007 HANNO AVUTO UN VERO E PROPRIO BOOM. FORTE INCREMENTO CHE E’ STATO RESO POSSIBILE DALL’APERTURA DEI MERCATI E DALLA LIBERALIZZAZIONE DEI MOVIMENTI DI CAPITALI CHE HA PERMESSO DI EFFETTUARE TALI INVESTIMENTI SENZA MOLTE RESTRIZIONI.

Nel 2008, tuttavia, gli IDE hanno subito una forte battuta d’arresto a causa della grave crisi economica e finanziaria che ha colpito l’economia mondiale.

Secondo i dati rilasciati ad ottobre 2009 dall’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) nell’ultimo rapporto World Investment Report 2009, i flussi mondiali di investimenti diretti esteri, nonostante la crisi finanziaria fosse iniziata nella seconda meta’ del 2007, avevano registrato ancora una forte crescita con flussi in entrata che avevano superato i 1.800 miliardi di dollari ed un tasso di crescita pari al 30% rispetto al 2006, portando lo stock mondiale di IDE a quota 15.000 miliardi di dollari USA.

I dati relativi al 2008, resi noti sempre dall’UNCTAD, illustrano come la crisi abbia fatto ricadere i suoi effetti proprio sui dati degli IDE, con una contrazione dei flussi in uscita nel 2008 pari a circa il 13% (1.858 miliardi di dollari rispetto ai 2.147 miliardi del 2007). La ripresa e’ prevista solo per il 2010.

Gran parte di questi flussi mondiali di IDE, cosi’ come la loro crescita, sono ascrivibili alle fusioni ed alle acquisizioni transfrontaliere (cross border mergers & acquisitions). Nel 2007 queste erano aumentate notevolmente, superando i 1.600 miliardi di dollari in valore, con una crescita del 21% rispetto all’anno precedente. Ma, come gia’ rilevato sopra, nella seconda meta’ del 2007, il fenomeno ha subito un rallentamento e i dati per il 2008 mostrano un calo del 28% nelle M&A cross border per un valore di 1.184 miliardi di dollari.

La minore disponibilità di capitali finanziari, unitamente al calo della fiducia e alla sopravvalutazione delle aziende quotate in Borsa, hanno causato un rallentamento nelle operazioni di fusione e acquisizione.

Anche i progetti greenfield, secondo i dati fDi Markets, nel 2009 sono diminuiti notevolmente passando dai circa 16.000 del 2008 ai 13.670 del 2009.

Analizzando in maniera specifica gli IDE da e verso gli Stati Uniti, e quindi il grado di apertura del Paese agli investimenti esteri, e’ certamente possibile affermare che, secondo tutte le statistiche prese in esame, e anche nel quadro generalizzato di una crisi economica mondiale, gli Stati Uniti si confermano essere, oltre che il principale investitore a livello globale, anche il principale ricettore di investimenti dal resto del mondo. Cosi’ come si confermano ai vertici della classifica compilata dalla Banca Mondiale dei Paesi nei quali risulta piu’ agevole fare affari, collocandosi, ormai dal 2004, sempre al terzo posto su una graduatoria di 178 Paesi[1].

Secondo i dati rilevati dal Bureau of Economic Analysis dell’US Department of Commerce, il 2008 ha visto crescere le consistenze – lo stock – di IDE USA all’estero dell’8,4% cosi’ come sono cresciute dell’8% le consistenze di operatori esteri in USA. Un tasso di crescita comunque inferiore rispetto a quello registrato nel 2007 rispetto al 2006.

INVESTIMENTI DIRETTI STATUNITENSI ALL'ESTERO

Gli Stati Uniti, come appena evidenziato, restano il paese che investe di piu’ nel mondo al di fuori dei propri confini. Secondo le statistiche dell’UNCTAD, infatti, da ormai molti anni gli USA si attestano in prima posizione, sia in termini di stock (consistenze) di IDE all’estero, che in termini di flussi in uscita, seguiti da Paesi quali la Gran Bretagna, la Francia, la Germania ed il Giappone. Nel 2008, ad esempio, secondo le ultime statistiche del rapporto WIR 2009, gli Stati Uniti hanno generato flussi di IDE in uscita per 312 miliardi di dollari, pari al 17% del totale. In seconda posizione troviamo la Francia, con 220 miliardi di dollari investiti, pari al 12% del totale. Per quanto riguarda gli stock, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un dato da cui si rileva come gli USA detengano a livello mondiale la quota principale con 3.162 miliardi, pari al 19,5% del totale, nel 2008. Al secondo posto, con 1.511 miliardi, troviamo la Gran Bretagna, seguita dalla Francia con 1.397 miliardi.

Secondo i dati sui flussi di IDE nei paesi membri dell’OCSE, e sempre per l’anno 2008, gli USA, nonostante il calo generalizzato, hanno confermato di essere al primo posto per flussi di investimenti sia in entrata, come vedremo piu’ avanti in dettaglio, che in uscita con, rispettivamente, 320 miliardi di dollari in entrata (+16% rispetto al 2007) e 332 miliardi di dollari in uscita (-16,7% rispetto al 2007).

Anche prendendo in esame i dati sul numero dei progetti di investimento realizzati all’estero, si conferma ancora una volta l’assoluto primato statunitense con 2.907 progetti di investimento realizzati all’estero nel corso del 2009 e pari al 21% del totale, seguiti a distanza dalla Germania che ne ha realizzati 1.295 (9% del totale).

Passando invece ad analizzare i dati ufficiali del governo USA rilasciati dall’US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA) sempre per l’anno 2008, lo stock degli investimenti diretti effettuati dagli Stati Uniti all’estero risulta essere stato pari a 3.162 miliardi di dollari rispetto ai 2.916 miliardi di dollari del 2007, con una crescita dell’8,4%, che tuttavia, come gia’ rilevato, non riflette ancora gli effetti della crisi che si vedranno invece solo nei dati definitivi per l’anno 2009.

Nel 2008, invece, i flussi in uscita sono risultati essere meno del 2007 e pari a 312 miliardi di dollari rispetto ai 378 miliardi del 2007 (-18%). Questo dopo l’inversione di tendenza registrata nel 2006 rispetto al 2005, quando i flussi in uscita dagli USA erano stati di soli 15 miliardi.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEGLI INVESTIMENTI USA NEL MONDO

Nel 2008, lo stock di investimenti USA all’estero è aumentato in tutte le principali aree geografiche, con l’Europa che si è aggiudicata il 57% del totale (1.551 miliardi di dollari sui 2.791 totali) e con un incremento del 9% rispetto al 2007. L’Asia Oceania resta la seconda area geografica che detiene la quota maggiore di investimenti provenienti dagli USA con 492 miliardi di dollari di consistenze pari al 15,6% del totale.

TRA LE PRINCIPALI ECONOMIE DETENTRICI DI INVESTIMENTI DIRETTI USA, I PAESI BASSI GUADAGNANO IL PRIMATO RISPETTO AL REGNO UNITO, CON CONSISTENZE USA DEL VALORE DI CIRCA 443 MILIARDI DI DOLLARI (14% DEL TOTALE E +14% RISPETTO AL 2007). LA GRAN BRETAGNA, CON 421 MILIARDI DI DOLLARI E UN TASSO DI CRESCITA NEGATIVO (-0,8%), PASSA NEL 2008 IN SECONDA POSIZIONE, SEGUITA DAL CANADA (228 MILIARDI) E DALLE BERMUDA (166 MILIARDI). LA GERMANIA E’ AL NONO POSTO CON 111 MILIARDI DI DOLLARI (+10% RISPETTO AL 2007), MENTRE LA FRANCIA, CON 75 MILIARDI DI DOLLARI (PARI AL 7% DEL TOTALE DEGLI STOCK DI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI USA), SI COLLOCA AL QUATTORDICESIMO POSTO. L’ITALIA, COME VEDREMO IN MAGGIORE DETTAGLIO PIU’ AVANTI, DOPO UNA CRESCITA PARI SOLO ALL’1% TRA IL 2006 E IL 2007, CONFERMATA ANCHE PER IL 2008, SI COLLOCA IN 21MA POSIZIONE IN GRADUATORIA CON 28,7 MILIARDI DI DOLLARI DI INVESTIMENTI STATUNITENSI (PARI AL 7,2% DEL TOTALE).

LA CINA (ESCLUSA HONG KONG) SALE DI DUE POSIZIONI NELLA GRADUATORIA, PASSANDO DAL VENTUNESIMO POSTO CHE AVEVA NEL 2007 AL 18MO, CON 46 MILIARDI DI DOLLARI INVESTITI DAGLI STATI UNITI IN QUESTO PAESE ED UNA CRESCITA DEL 60%. E’ DA RILEVARE, OLTRETUTTO, CHE, SOMMANDO A TALE CIFRA QUELLA RELATIVA AGLI INVESTIMENTI USA EFFETTUATI A HONG KONG, IL TOTALE RISULTEREBBE ESSERE DI BEN 98 MILIARDI DI DOLLARI, FACENDO RISALIRE LA CINA ALL’11MO POSTO NELLA GRADUATORIA.

|INVESTIMENTI DIRETTI USA ALL’ESTERO |

|stock in milioni di dollari |

| | |2006 |2007 |2008 |

| |TOTALE |2.477.268 |2.916.930 |3.162.021 |

|1 |Paesi Bassi |279.373 |389.430 |442.926 |

|2 |Regno Unito |406.358 |424.612 |420.873 |

|3 |Canada |205.134 |233.971 |227.298 |

|4 |Bermuda |133.480 |162.286 |165.857 |

|5 |Lussemburgo |125.146 |153.639 |163.167 |

|6 |Irlanda |86.372 |114.876 |146.194 |

|7 |Isole Caraibiche Britanniche |84.817 |108.559 |139.290 |

|8 |Svizzera |102.022 |97.917 |123.358 |

|9 |Germania |93.620 |100.806 |110.784 |

|10 |Singapore |81.879 |94.810 |106.529 |

|11 |Australia |67.632 |83.346 |88.549 |

|12 |Messico |82.965 |91.259 |95.618 |

|13 |Giappone |84.428 |81.923 |79.235 |

|14 |Francia |63.008 |70.113 |75.040 |

|15 |Spagna |49.356 |66.621 |69.649 |

|16 |Belgio |51.862 |62.959 |65.054 |

|17 |Hong Kong |39.636 |50.199 |51.505 |

|18 |Cina |26.459 |28.579 |45.695 |

|19 |Brasile |33.504 |47.750 |45.500 |

|20 |Svezia |33.857 |35.120 |43.391 |

|21 |Italia |25.435 |26.731 |28.653 |

|22 |Sud Corea |27.299 |26.854 |27.673 |

Fonte: US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis(BEA)

IN TERMINI DI FLUSSI[2], INVECE, I DATI DEL BEA RILEVANO UNA DIMINUZIONE DEL 17,6% NEL 2008 RISPETTO AL 2007, CON 312 MILIARDI DI DOLLARI INVESTITI ALL’ESTERO (NEL 2007 ERANO STATI 378 MILIARDI). LA MAGGIOR PARTE DI TALI INVESTIMENTI HA CONTINUATO A CONCENTRARSI IN EUROPA, CON 180 MILIARDI DI DOLLARI NEL 2008 E PARI AL 58% DEL TOTALE (-23% SUL 2007). IN PARTICOLARE, SI RILEVA COME GLI STATI UNITI ABBIANO INVESTITO DI PIU’ NEI PAESI BASSI (53 MILIARDI DI DOLLARI, 17% DE TOTALE), NEL REGNO UNITO (22 MILIARDI DI DOLLARI, 7% DEL TOTALE), IN IRLANDA (22 MILIARDI DI DOLLARI) ED IN LUSSEMBURGO (15 MILIARDI DI DOLLARI). L’ITALIA SI E’ AGGIUDICATA NEL 2008 UN FLUSSO DI 1,9 MILIARDI DI DOLLARI DAGLI STATI UNITI.

DISTRIBUZIONE SETTORIALE DEGLI INVESTIMENTI USA NEL MONDO

GLI INVESTIMENTI STATUNITENSI SI CONCENTRANO PREVALENTEMENTE NEL SETTORE DELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA, CON OLTRE 512 MILIARDI DI DOLLARI, PARI AL 16% DEL VALORE DI TUTTE LE CONSISTENZE USA ALL’ESTERO A FINE 2008. FRA LE INDUSTRIE MANIFATTURIERE, PARTICOLARE RILIEVO ASSUMONO L’INDUSTRIA CHIMICA (3,4%), IL SETTORE DEI PRODOTTI ELETTRONICI E DEI COMPUTER (2,4%), I MEZZI DI TRASPORTO (1,6%). NEL 2008 C’È STATA UNA SIGNIFICATIVA CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI USA NEI SETTORI DEI PRODOTTI E COMPONENTI ELETTRICI (+27%), DELLA MECCANICA (+13,6%) E DELL’ELETTRONICA E COMPUTER (+10%).

|STOCK INVESTIMENTI USA PER SETTORE MERCEOLOGICO |

|IN MILIONI DI DOLLARI |

|  |2007 |2008 |%SUL TOT NEL 2008 |CRESCITA 07/08 %|

|TOTALE |2.916.930 |3.162.021 |100 |8,4% |

|INDUSTRIA ESTRATTIVA |143.430 |151.859 |4,8% |5,9% |

|INDUSTRIA MANIFATTURIERA |493.064 |512.293 |16,2% |3,9% |

|ALIMENTARI E BEVANDE |39.100 |41.802 |1,3% |6,9% |

|PRODOTTI CHIMICI E DERIVATI |102.678 |108.049 |3,4% |5,2% |

|METALLI E PRODOTTI IN METALLO |22.389 |24.038 |1% |7,4% |

|MECCANICA |32.397 |36.807 |1,2% |13,6% |

|ELETTRONICA E COMPUTER |69.159 |76.453 |2,4% |10,6% |

|PRODOTTI E COMPONENTI ELETTRICI |18.909 |24.095 |0,8% |27,4% |

|MEZZI DI TRASPORTO |58.768 |51.774 |1,6% |-11,9% |

|ALTRO |149.664 |149.275 |4,7% |-0,3% |

|COMMERCIO ALL'INGROSSO |154.780 |178.213 |5,6% |15,1% |

|SERVIZI DI INFORMATICA E TLC |114.578 |121.864 |3,9% |6,4% |

|BANCHE |127.047 |141.557 |4,5% |11,4% |

|ASSICURAZIONI, FINANZA |617.312 |634.046 |20% |2,7% |

|SERVIZI PROFESSIONALI |68.978 |81.242 |2,6% |17,8% |

|HOLDING |998.618 |1.128.538 |35,7% |13% |

|ALTRO |199.123 |212.409 |6,7% |6,7% |

FONTE: US DEPARTMENT OF COMMERCE, BUREAU OF ECONOMIC ANALYSIS (BEA)

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI NEGLI USA

Relativamente alle statistiche sugli investimenti in entrata, gli Stati Uniti si collocano ai vertici delle classifiche dei Paesi che godono di maggiore attrattivita’ e si mantengono altresì ai primi posti nelle graduatorie stilate dai vari organismi (tra cui Banca Mondiale, IMD, KPMG, Economist Intelligence Unit) relative alla apertura del Paese nei confronti di investitori esteri.

I dati UNCTAD rilevano che gli USA – anche per il 2008 - sono di gran lunga il Paese nel quale si concentra la piu’ alta percentuale di investimenti esteri – 19,5% in termini di stock e 16,8% di flussi. Secondo solo il Regno Unito con il 9% di stock ed il 6% di flussi.

Gli USA sono il primo Paese oggetto di operazioni di fusione e acquisizione (M&A) con il 23% del totale in valore, seguiti dal Regno Unito (14%) e dai Paesi Bassi (12,8%).

Tra i Paesi OCSE, gli Stati Uniti hanno mantenuto la leadership anche nel 2008 con 320 miliardi di flussi in entrata - peraltro in crescita rispetto ai flussi registrati nel 2007 quando erano stati pari a 276 miliardi di dollari, ed in controtendenza rispetto al calo generalizzato di tali flussi in entrata a livello globale che sono scesi al 35,5% nel 2008. Al secondo posto, sempre secondo i dati OCSE, si posiziona la Francia con flussi in entrata per 97 miliardi (-7%). La Gran Bretagna, con 96 miliardi di dollari (-48% rispetto all’anno precedente), ha perso la seconda posizione a vantaggio appunto della Francia.

I dati sugli IDE della fDI Markets confermano la leadership degli Stati Uniti come Paese che attrae piu’ progetti di investimento, con 1.220 progetti nel 2009 rispetto alla Cina, che lo scorso anno ne ha attirati leggermente meno (1.140), ed in controtendenza rispetto agli anni passati quando questo Paese era sistematicamente al primo posto nella classifica. Al terzo posto troviamo la Gran Bretagna con 1.032 progetti.

Per gli investimenti esteri in entrata, le statistiche ufficiali del BEA, dimostrano che il valore degli investimenti diretti negli USA per il 2008 e’ stato pari a 2.279 miliardi di dollari con una crescita dell’8% rispetto al 2007, quando tali investimenti sono stati pari a 2.110 miliardi di dollari e con un significativo rallentamento rispetto al 15% che era stato rilevato nel 2007.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI NEGLI USA

stock in milioni di dollari

|  |  |2006 |2007 |2008 |% 07/08 |% sul totale |

| | | | | | |2008 |

|  |TOTALE |1.840.463 |2.109.876 |2.278.892 |8,0 |100 |

|1 |Regno Unito |414.629 |426.545 |454.123 |6,5 |19,9 |

|2 |Giappone |204.020 |230.453 |259.569 |12,6 |11,4 |

|3 |Paesi Bassi |182.014 |208.177 |259.385 |24,6 |11,4 |

|4 |Canada |165.281 |207.925 |221.870 |6,7 |9,7 |

|5 |Germania |205.969 |214.506 |211.521 |- 1,4 |9,3 |

|6 |Svizzera |134.568 |153.277 |165.697 |8,1 |7,3 |

|7 |Francia |147.799 |160.116 |163.430 |2,1 |7,2 |

|8 |Lussemburgo |89.157 |120.524 |113.248 |- 6,0 |5,0 |

|9 |Australia |38.777 |50.233 |64.316 |28,0 |2,8 |

|10 |Ungheria |24.020 |45.032 |62.524 |38,8 |2,7 |

|11 |Spagna |13.969 |27.511 |38.662 |40,5 |1,7 |

|12 |Svezia |20.098 |42.129 |35.020 |- 16,9 |1,5 |

|13 |Irlanda |25.517 |32.679 |34.094 |4,3 |1,5 |

|14 |Isole Caraibiche Britanniche |28.367 |34.423 |21.604 |- 37,2 |0,9 |

|15 |Belgio |11.691 |23.663 |18.580 |- 21,5 |0,8 |

|16 |Italia |9.299 |13.291 |17.575 |32,2 |0,8 |

|17 |Sud Corea |9.459 |15.146 |15.632 |3,2 |0,7 |

|18 |Singapore |6.458 |11.707 |12.718 |8,6 |0,6 |

|19 |Finlanda |7.129 |5.413 |12.499 |130,9 |0,5 |

|20 |Bermuda |9.223 |4.697 |10.750 |128,9 |0,5 |

Fonte: Elaborazione ICE NY su dati US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA)

Il Regno Unito si conferma essere il maggior Paese investitore negli USA con 454 miliardi di dollari, pari al 20% del totale. Al secondo posto il Giappone, con 260 miliardi di dollari, pari all’11% del totale. I Paesi Bassi ed il Canada sono rispettivamente in terza e quarta posizione con l’11% ed il 9% del totale. L’Italia si colloca al sedicesimo posto con una quota pari allo 0,8% del totale.

In termini di flussi, gli investimenti esteri confluiti nel 2008 in USA sono stati pari a circa 316 miliardi di dollari, in aumento rispetto al 2007 (+17%), quando i flussi in entrata erano stati pari a 271 miliardi di dollari. Tale incremento ha avuto luogo nonostante la crisi economica e il significativo calo nelle transazioni M&A a livello globale del 2008, stimato essere pari al 30% rispetto al 2007.

Gran parte di tali flussi di investimenti in entrata, come gia’ evidenziato per i dati relativi agli stock, proviene dall’Europa con 206 miliardi di dollari investiti in USA nel corso del 2008 e pari al 54,5% del totale. Di questi, sono affluiti in USA 55 miliardi dal Regno Unito (+198% rispetto al 2007), 72 dai Paesi Bassi (+177%), 14 miliardi dalla Francia (+128%) e 72 miliardi dai Paesi Bassi (+178%). Per la Germania si conferma un tasso negativo con flussi di soli 5,8 miliardi nel 2008, pari a -42% rispetto all’anno precedente.

In relazione ai settori merceologici, infine, si rileva come gli investimenti esteri negli USA – in termini di stock - si concentrino prevalentemente nell’industria manifatturiera che detiene il 35% del totale delle consistenze pari ad un valore di 795 miliardi di dollari. Di questi, il comparto chimico assorbe il 10% con 218 miliardi di dollari. Altro settore merceologico rilevante nel quale si concentrano gli investimenti provenienti dall’estero negli USA è il settore bancario e assicurativo finanziario, con investimenti per oltre 368 miliardi di dollari nel 2008, pari al 16% del totale delle consistenze.

c) Andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali

INTERSCAMBIO COMMERCIALE USA/ITALIA.

Nella classifica dei 20 principali fornitori degli Stati Uniti per il 2009, l’Italia perde una sola posizione rispetto al 2008 e si colloca al 12mo posto, con un totale di oltre 26 miliardi di dollari di beni esportati rispetto ai 36 miliardi registrati nel 2008. Al forte calo delle esportazioni italiane in USA (-27%), si e’ aggiunto un leggero peggioramento della nostra quota di mercato, passata dall’1,72% nel 2008 all’1,70% nel 2009.

|IMPORTAZIONI USA dal MONDO |

|La classifica dei principali fornitori e la posizione dell'Italia |

|milioni di dollari |

|  |  |Quota di Mercato |Variaz.% |

|  |2008 |2009 |2008 |2009 |08/09 |

|Totale Mondo |2.103.641 |1.588.085 |100% |100% |-25,9% |

|1.Cina |337.773 |296.402 |16,06% |19,02% |-12,2% |

|2.Canada |339.491 |224.911 |16,14% |14,44% |-33,8% |

|3.Messico |215.942 |176.537 |10,27% |11,33% |-18,2% |

|4.Giappone |139.262 |95.949 |6,62% |6.16% |-31,1% |

|5.Germania |97.497 |71.253 |4,63% |4,57% |-26,9% |

|6.Regno Unito |58.587 |47.486 |2,79% |3,05% |-18,9% |

|7.Corea del Sud |48.069 |39.235 |2,29% |2,52% |-18,4% |

|8.Francia |44.049 |34.034 |2,09% |2,18% |-22,7% |

|9.Taiwan |36.326 |28.375 |1,73% |1,82% |-21,9% |

|10.Venezuela |51.424 |28.094 |2,44% |1,80% |-45,4% |

|11.Irlanda |31.347 |28.066 |1,49% |1,80% |-10,5% |

|12.ITALIA |36.135 |26.416 |1,72% |1,70% |-26,9% |

|13.Malesia |30.736 |23.279 |1,46% |1,49% |-24,3% |

|14.Arabia Saudita |54.747 |22.046 |2,60% |1,41% |-59,7% |

|15.India |25.704 |21.176 |1,22% |1,36% |-17,6% |

|16.Brasile |30.453 |20.074 |1,45% |1,29% |-34,1% |

|17.Nigeria |38.068 |19.128 |1,81% |1,23% |-49,8% |

|18.Thailandia |23.538 |19.085 |1,12% |1,22% |-18,9% |

|19.Israele |22.339 |18.745 |1,06% |1,20% |-16,1% |

|20.Russia |26.783 |18.221 |1,27% |1,17% |-32,0% |

|21.Paesi Bassi |21.123 |16.103 |1,00% |1,03% |-23,8% |

|22.Svizzera |17.782 |16.033 |0.85% |1,03% |-9,8% |

|Altri paesi |415.374 |299.572 |19,75% |19,23% |-27,9% |

Fonte Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

Nel 2009, nonostante il saldo attivo di 14 miliardi e duecento milioni di dollari a nostro favore, l’import USA dall’Italia e’ sceso di 27 punti percentuali, in linea con il calo dell’import statunitense dal resto del mondo.

Il confronto dell’interscambio commerciale con i principali concorrenti a livello europeo rivela che il totale dell’import USA dall’Italia nel 2009 – pari appunto a 26,4 miliardi di dollari – e’ stato comunque inferiore all’import di merci provenienti dalla Germania che, nel 2009, e’ stato di 71,3 miliardi (-27%). La Francia ha esportato negli Stati Uniti nel 2009 merci per un valore pari a 34 miliardi, con un calo del 22,7% rispetto al 2008.

erosione quota di mercato dell’italia

A fronte di una leggera ripresa registrata nel 2007, il biennio 2008-2009 ha visto l’Italia perdere alcune posizioni in USA in termini di quota di mercato. Un trend negativo che si registra ormai dal 2001 e che è certamente ascrivibile all’Euro più forte rispetto al dollaro e alla relativa debolezza dell’Italia nei settori più dinamici delle importazioni americane come quello informatico e quello delle nuove tecnologie.

ITALIA ed altri: Quota di mercato in USA

|Anno |ITALIA |Germania |Regno Unito |Francia |Spagna |Cina |

|2001 |2,09% |5,18% |3,63% |2,67% |0,46% |8,96% |

|2002 |2,09% |5,38% |3,51% |2,43% |0,49% |10,78% |

|2003 |2,02% |5,42% |3,40% |2,32% |0,53% |12,13% |

|2004 |1,91% |5,26% |3,15% |2,15% |0,50% |13,38% |

|2005 |1,85% |5,06% |3,05% |2,02% |0,51% |14,55% |

|2006 |1,76% |4,80% |2,88% |2,00% |0,53% |15,51% |

|2007 |1,78% |4,83% |2,91% |2,13% |0,54% |16,46% |

|2008 |1,72% |4,63% |2,79% |2,09% |0,53% |16,06% |

|2009 |1,70% |4,57% |3.05% |2,18% |0,50% |19,02% |

|Δ 2001-2009 |-0,39 |-0,61 |-0,58 |-0,49 |-0,04 |10,06 |

Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

L’EROSIONE DELLA PROPRIA QUOTA SUL MERCATO STATUNITENSE, SCESA DA UNA PERCENTUALE DEL 2,1% NEL 2001 ALL’1,7% DEL 2009, E' UN TREND CONDIVISO CON GLI ALTRI MAGGIORI PAESI EUROPEI, CHE SOFFRONO COME L’ITALIA PER LO SFAVOREVOLE TASSO DI CAMBIO DOLLARO/EURO. RISPETTO AI PRINCIPALI COMPETITORS DELL’UNIONE EUROPEA L’ITALIA HA PERALTRO PERSO IN MANIERA MINORE RISPETTO AL REGNO UNITO (-0,58%), ALLA FRANCIA (-0,49%) E ALLA GERMANIA (-61%), LA SPAGNA, AL CONTRARIO, HA VISTO CRESCERE LA PERCENTUALE DI EXPORT (+0,04). DA SOTTOLINEARE, TUTTAVIA, CHE LA SPAGNA ESPORTA MOLTO MENO DELL’ITALIA NEGLI USA: NEL 2009 L’EXPORT SPAGNOLO NEGLI STATI UNITI E’ STATO INFATTI PARI A MENO DI 8 MILIARDI DI DOLLARI, IN FORTE DIMINUZIONE RISPETTO AL 2008 (-29%).

Per il 2009 si e’ registrato un ulteriore, anche se leggero, peggioramento della quota di mercato italiana, passata dall’1,72% del 2008 all’1,70% del 2009.

Da segnalare che la Cina e’ stato il Paese che ha tratto il vantaggio maggiore dalla perdita registrata da parte degli altri Paesi esportatori. Con una crescita significativa della propria quota di mercato, passata dal 9% nel 2001 al 19% nel 2009, la performance cinese appare eccezionale. La crescita della Cina si è determinata anche a scapito degli altri Paesi asiatici, rispetto ai quali vi è stato un chiaro fenomeno di sostituzione diretta delle esportazioni.

D'altro canto, le statistiche sulle merci importate rilevate dalle dogane statunitensi, suddivise in base al criterio della provenienza territoriale, non rispecchierebbero il fenomeno della delocalizzazione produttiva, diffusosi nel corso del decennio passato tra le economie industrializzate. Tali dati non evidenziano, in particolare, le importazioni degli Stati Uniti dal resto del mondo, relative a beni prodotti in Paesi terzi, ma che fanno capo a gruppi e aziende americane (o anche europee ed italiane) che hanno delocalizzato la loro produzione in Paesi a basso costo di manodopera.

distribuzione settoriale dell’export italiano

L’import di merci italiane in USA nel 2009 si è concentrato, in ordine di importanza, nei seguenti comparti:

meccanica: 18,6%

moda: 13,1%

agroalimentare e vini: 10,8%

petrolchimica: 10,7%

casa/arredo: 4,6%

altro: 37,2%

|IMPORTAZIONI USA dall'ITALIA |

|Le principali categorie merceologiche |

|Milioni di dollari |

|  |  |  |Quota di mercato |

| | | |italiana |

|  |2008 |2009 |var. % |2008 |2009 |

| | | | | | |

|Totale |36.135 |26.416 |-26.90% |1,72 |1,70 |

| | | | | | |

|Meccanica |7.392 |5.338 |-27,78% |2,97 |2.63 |

|di cui | | | | | |

|Meccanica Strumentale |2.076 |1.357 |-34,63% |4,10 |3,60 |

|Moda |5.872 |3.752 |-36,11% |4,62 |3,52 |

|di cui | | | | | |

|Abbigliamento |1.519 |999 |-34,24% |2,08 |1,55 |

|Calzature |1.128 |778 |-31,68% |5,77 |4,40 |

|Gioielleria-Oreficeria |610 |183 |-69,95% |9,57 |8,50 |

|Agroalimentari & Vini |3.475 |3.109 |-10,55% |3,65 |3,59 |

|di cui | | | | | |

|Vini |1.294 |1.179 |-8,90% |28,00 |29,06 |

|Chimica e derivati del Petrolio |5.778 |3.056 |-47,12% |0,89 |0,81 |

|di cui | | | | | |

|Prodotti petroliferi raffinati |2.317 |966 |-58,28% |2,66 |1,84 |

|Chimica organica |1.040 |1.015 |-2,46% |1,99 |2,25 |

|Casa/Arredo |2.154 |1.327 |-38,40% |4,83 |3,77 |

|di cui | | | | | |

|Mobili |761 |509 |-33,08% |3,21 |2,70 |

|Altro |11.464 |9.835 |-14,21% |1,22 |1,32 |

|di cui | | | | | |

|Prodotti farmaceutici |2.026 |1.881 |-7,2% |3,87 |3,38 |

|Veicoli Terrestri |2.098 |1.335 |-41,9% |1,18 |1,02 |

|Macchine Elettriche |1.601 |1.284 |-19,8% |0,64 |0,60 |

|Ottica/Elettromedicali |1.214 |965 |-20,5% |2,12 |1,93 |

Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

A FRONTE DI UN CALO GENERALIZZATO REGISTRATO IN TUTTI I COMPARTI DELL’EXPORT MADE IN ITALY IN USA NEL 2009, LA MECCANICA HA VISTO UNA DIMINUZIONE DEL 27,8% RISPETTO AL 2008, RESTANDO COMUNQUE IN PERCENTUALE LA VOCE PRINCIPALE DELL’EXPORT ITALIANO NEGLI STATI UNITI CON CIRCA 5,4 MILIARDI DI DOLLARI DI MACCHINARI VENDUTI.

La moda, con 3,8 miliardi di dollari di export nel 2009, ha registrato un calo (-36%), che fa perdere all’Italia alcune posizioni rispetto al 2008, con una quota di mercato passata dal 4,6% al 3,5%.

Andando ad analizzare i sottosettori che compongono il comparto della moda, e’ da notare come l’export di gioielleria-oreficeria sia sceso di quasi il 70% rispetto al 2008. L’Italia ha tuttavia mantenuto una quota rilevante di mercato (8,5%).

L’export di calzature italiane in USA e’ in forte diminuzione: -32%.

Il comparto che ha fatto registrare il calo meno significativo nel corso del 2009 e’ quello dei prodotti agroalimentari e dei vini che ha raggiunto la cifra di 3,1 miliardi di dollari rispetto ai 3,5 del 2008 (-10,5%). La quota principale continua ad essere quella del settore vinicolo, con un export di 1,2 miliardi di dollari in valore ed un calo del 9% rispetto al 2008.

Nonostante i dati negativi, i margini di crescita dell’agroalimentare sono ancora molto elevati. Si calcola infatti che il mercato dei prodotti c.d. “Italian sounding” sia 10 volte quello dei prodotti autenticamente italiani. I nostri prodotti agroalimentari soffrono poi per il mancato riconoscimento americano delle Indicazioni Geografiche.

Il settore casa/arredo (che comprende i mobili, i marmi e le piastrelle, la rubinetteria, i prodotti per l’illuminazione e gli infissi) registra una significativa diminuzione (-38,4%). Gli USA hanno importato nel 2009 mobili per un controvalore di 509 milioni di dollari, registrando una diminuzione rispetto al 2008 del 33%. Si tratta dei riflessi negativi legati alla crisi del settore immobiliare e finanziario che ha pesantemente colpito il mercato americano.

Nella categoria residuale “altro”, che ha pesato per circa il 37% sul totale dell’import italiano nel 2009, sono ricompresi, tra gli altri, i prodotti farmaceutici, i veicoli terrestri, i motocicli e le biciclette, i prodotti della nautica e altro. Anche per queste categorie il dato registrato e’ negativo.

Vi sono infine prodotti italiani che hanno fatto registrare invece una percentuale di crescita del proprio export in controtendenza rispetto al calo generalizzato. Tra questi troviamo i panfili e le imbarcazioni da diporto (+29,7%), gli apparecchi elettrici per la telefonia (+14,8%), gli strumenti ed apparecchi elettromedicali: +60%.

alta tecnologia

Si ritiene interessante, anche in occasione dell’aggiornamento annuale del presente Rapporto, soffermarsi sui dati relativi all’interscambio commerciale tra Stati Uniti e Italia per i Prodotti a Tecnologia Avanzata (ATP – Advanced Technology Products) quali le biotecnologie, l’aerospaziale, l’ICT e l’elettronica, che da qualche tempo sono diventati oggetto di una analisi ad hoc. Si tratta, infatti, di settori che, pur non essendo tradizionali del Made in Italy, stanno sempre di piu’ assumendo rilevanza strategica per il nostro Paese. L’Italia puo’ infatti guadagnare una presenza e quote di mercato che, al di la’ dei valori assoluti di export, sono pero’ importanti per la sua competitivita’.

L’US Department of Commerce raccoglie e pubblica separatamente i dati relativi alle importazioni di tali prodotti, che hanno raggiunto nel 2009 un totale di 301 miliardi di dollari rispetto ai 331 miliardi del 2008, dato che corrisponde al 19% del totale delle importazioni americane.

|IMPORTAZIONI USA DI PRODOTTI A TECNOLOGIA AVANZATA |

|Milioni di dollari |

|  |Prodotti a Tecnologia Avanzata |TOTALE IMPORT USA |QUOTA ATP in % |

|  |2008 |2009 |2009 |2009* |

|Cina |91.392 |89.699 |296.402 |30.26 |

|Messico |40.326 |39.722 |176.537 |22,5 |

|Giapppone |26.713 |19.869 |95.949 |20,7 |

|Corea del Sud |16.392 |15.234 |39.235 |38,8 |

|Malesia |20.099 |14.900 |23.279 |64,0 |

|Irlanda |17.605 |14.451 |28.066 |51,5 |

|Canada |16.625 |14.263 |224.911 |6,3 |

|Taiwan |13.784 |12.131 |28.375 |42,8 |

|Germania |11.584 |10.401 |71.253 |14,6 |

|Francia |12.073 |10.177 |34.034 |29,9 |

|Gran Bretagna |10.758 |9.273 |47.486 |19,5 |

|Thailandia |8.055 |6.723 |19.085 |35,2 |

|Singapore |8.194 |6.564 |15.659 |41,9 |

|Israele |3.167 |4.603 |18.745 |24,6 |

|Belgio |2.891 |4.214 |13.781 |30,6 |

|Costa Rica |1.389 |3.430 |5.601 |62,2 |

|Svizzera |3.007 |2.793 |16.033 |17,4 |

|Filippine |3.304 |2.632 |6.797 |38,7 |

|Italia |2.862 |2.631 |26.416 |9,9 |

|Paesi Bassi |3.143 |2.503 |16.103 |15,5 |

|Altri |1.114 |14.469 |354.339 |4,1 |

|Totale |331.170 |300.681 |1.558.085 |19,3% |

* % di import di prodotti a tecnologia avanzata sul totale delle importazioni USA

Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

NEL 2009, GLI USA HANNO IMPORTATO DALL’ITALIA PRODOTTI PER OLTRE 2,6 MILIARDI DI DOLLARI, UNA CIFRA CHE HA RAPPRESENTATO IL 9,9% DEL TOTALE DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE NEGLI STATI UNITI, UNA PERCENTUALE IN CRESCITA RISPETTO AL 2008, QUANDO L’EXPORT TECNOLOGICO “MADE IN ITALY” AVEVA PESATO SUL TOTALE PER IL 7%. LA PERCENTUALE DI EXPORT TECNOLOGICO ITALIANO IN USA RIMANE ANCORA BASSA SE PARAGONATA A QUELLA DI ALTRI PAESI CONCORRENTI QUALI FRANCIA, GERMANIA, IRLANDA. QUEST’ULTIMA, IN PARTICOLARE, ESPORTA PRODOTTI TECNOLOGICI IN USA PER IL 51% DEL TOTALE, ANCHE SE E’ DA RILEVARE COME QUESTA CIFRA RIFLETTE GLI INVESTIMENTI E LE DELOCALIZZAZIONI PRODUTTIVE FATTE DAGLI STESSI STATI UNITI IN QUESTO PAESE DA QUALCHE ANNO.

La percentuale di prodotti tecnologici esportati dalla Gran Bretagna è anch’essa ragguardevole, attestandosi al 20% del totale dell’export britannico in USA. E lo e’ ancora di piu’ per la Francia, che arriva al 30%.

Anche per alcuni Paesi asiatici, si nota come una gran parte delle esportazioni negli USA sia rappresentata da prodotti a tecnologia avanzata: per la Malesia questa percentuale raggiunge, ad esempio, il 64%, mentre per la Cina è del 30%.

In particolare, per l’export italiano si nota come circa un terzo del totale sia rappresentato dalla voce aerospazio, che include aeromobili ed elicotteri, che conferma il know-how e la competenza italiana raggiunti in questo settore.

Nel 2009 le biotecnologie hanno fatto registrare un tasso di crescita positivo rispetto al 2008, con un export di 405 milioni rispetto ai 349 milioni del 2008.

|IMPORTAZIONI USA DI PRODOTTI A TECNOLOGIA AVANZATA dall'ITALIA |

|milioni di dollari |

|  |2008 |2009 |Quota 2009 in % |

|Biotecnologie |191 |195 |15,6 |

|Life Science |232 |211 |16,8 |

|Opto-Elettronica |16 |12 |1 |

|Hardware (informatica e tlc) |144 |131 |10 |

|Elettronica |246 |168 |13 |

|Flexible Manufacturing |128 |110 |9 |

|Materiali Avanzati |15 |7 |1 |

|Aerospazio |464 |420 |33 |

|Armamenti |2 |1 |0,1 |

|Tecnologia Nucleare |0,3 |0,3 |0,0 |

|TOTALE |1,439 |1.256 |100% |

Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce

A CONCLUSIONE DI QUESTA ANALISI SULL’INTERSCAMBIO COMMERCIALE TRA ITALIA E STATI UNITI, È INTERESSANTE RIPORTARE QUANTO EMERSO DA UNO STUDIO CONDOTTO DALLA FONDAZIONE MANLIO MASI IN COLLABORAZIONE CON LUISS LAB DAL TITOLO “LA SFIDA DELLA QUALITA’”. IL FUTURO DELLE AZIENDE ITALIANE SUI MERCATI INTERNAZIONALI”. LA RICERCA ILLUSTRA COME L’INDUSTRIA DEL MADE IN ITALY (I PRODOTTI DEI SETTORI TRADIZIONALI COME MODA, DESIGN, ARREDAMENTO E ALIMENTARE) ABBIA SAPUTO REAGIRE ALLA CRISI DEGLI ANNI SCORSI E ALLA CONCORRENZA DANDO MAGGIOR RISALTO LLA QUALITÀ DEI PRODOTTI. DAL 2000 AL 2008 LE ESPORTAZIONI ITALIANE SONO DIMINUITE IN QUANTITÀ MA AUMENTATE IN VALORE. CIÒ DIMOSTRA CHE LO SPOSTAMENTO SU PRODUZIONI DI MAGGIORE QUALITÀ È LA STRATEGIA VINCENTE PER LE AZIENDE ITALIANE CHE VOGLIONO AFFRONTARE I MERCATI INTERNAZIONALI. IN PARTICOLARE, NEGLI STATI UNITI LA QUALITÀ RELATIVA DELL’IMPORT ITALIANO È AUMENTATA MOLTO DI PIU’ DI QUELLA DEL RESTO DEL MONDO. FATTO UGUALE A 100 L’INDICE 2000, SUL MERCATO USA IL VALORE MEDIO UNITARIO DEL MONDO È SCESO A POCO PIU’ DI 90, QUELLO DEL MADE IN ITALY È SALITO A 125 CIRCA. UN RISULTATO CHE RIFLETTE L’INNALZAMENTO QUALITATIVO DEI PRODOTTI ESPORTATI DALL’ITALIA E ATTRIBUIBILE SIA AL RIPOSIZIONAMENTO DI MOLTE AZIENDE SU FASCE PIU’ ALTE, SIA AL COSIDDETTO “EFFETTO DEMOGRAFICO” PER CUI AZIENDE PIU’ EFFICIENTI ED INNOVATIVE HANNO RIMPIAZZATO L’USCITA DAL MERCATO DI IMPRESE NON PIU’ COMPETITIVE NEGLI STESSI SETTORI. SI PARLA DI UNA ITALIA DI “FORNITORI SPECIALIZZATI SU MISURA” CHE OPERA MAGGIORMENTE NEL COMPARTO DELLA MECCANICA STRUMENTALE MA ANCHE IN SEGMENTI NON TRASCURABILI QUALI LA SIDERURGIA, LA CHIMICA FINE, LA GOMMA E LA PLASTICA, I MATERIALI DA COSTRUZIONE.

Infine, non si può trascurare la crescente importanza acquisita negli ultimi anni dal commercio elettronico, che coinvolge ormai una parte sempre più rilevante di prodotti venduti sul mercato statunitense quali abbigliamento, elettronica, alimentari, cosmetici, arredamento, gioielleria ed articoli da regalo. Si stima che le vendite totali on line negli USA raggiungeranno nel 2012 i 334 miliardi di dollari, rispetto ai 174 miliardi del 2007. Di questi, le vendite di abbigliamento on line sul mercato statunitense hanno raggiunto gia’ nel 2007 un fatturato pari a 22,7 miliardi di dollari. E proprio per incontrare questo tipo di domanda e soddisfare le esigenze del consumatore statunitense, il Gruppo Armani ha aperto un canale di vendita in USA on line. Attraverso l’azienda italiana Yoox, che gestisce il sito , Emporio Armani e’ riuscito a raggiungere cosi’ un pubblico di consumatori molto piu’ ampio rispetto a quello raggiungibile attraverso la sola presenza fisica con negozi monomarca nelle maggiori citta’ USA. In USA vendono online altri marchi famosi del Made in Italy tra cui Prada (), Gucci () o anche Dolce e Gabbana. Marchi che sono anche acquistabili on line negli USA attraverso i siti dei grandi magazzini quali Nieman Marcus (), Nordstrom () o Saks Fifth Avenue.

Inoltre, secondo quanto riportato dalla stampa specializzata, Giorgio Armani ha lanciato lo scorso mese di novembre la piattaforma mobile per e-commerce tramite iPhone e Bleckberry. Una “evoluzione” del negozio online Emporio Armani nato nel 2007 negli USA, dove appunto sono partite le vendite sul web. Il fatturato online e’ assimilabile a quello di alcuni negozi off-line.

INVESTIMENTI BILATERALI

I dati relativi ai flussi di IDE bilaterali sono ripresi dal Bureau of Economic Analysis (BEA), e dalla Banca d’Italia[3]. Inoltre, vengono riportati alcuni recenti casi di acquisizioni, nei due sensi, avvenuti nel corso del 2008 e del 2009, riportati dalla stampa e rilevati dall’ICE di New York. Vengono altresì riportate alcune osservazioni dall’ultimo rapporto Italia Multinazionale 2008 realizzato a cura dell’ICE e del Politecnico di Milano, che riporta i dati al 1.1.2007.

Dallo studio dei dati si evince che tali flussi sono ben al di sotto delle loro effettive potenzialità.

INVESTIMENTI USA IN ITALIA

Stock di investimenti diretti dagli USA verso il mondo e verso l’Italia

| |2006 |2007 |2008 |

|IDE TOTALI dagli USA (mld dollari) |2.477 |2.917 |3.162 |

|IDE USA in ITALIA (mld dollari) |25,4 |26,7 |28,7 |

|QUOTA IDE USA IN ITALIA % |1% |0,9% |0,9% |

|Posizione dell’Italia in graduatoria |20 |20 |21 |

Flussi di investimenti diretti dagli USA verso il mondo e verso l’Italia

| |2006 |2007 |2008 |

|IDE TOTALI dagli USA (mld dollari) |224 |378 |312 |

|IDE dagli USA in ITALIA (mld di dollari) |2,9 |3,1 |1,9 |

|QUOTA IDE USA in ITALIA % |1,3% |0,8% |0,6% |

|Posizione dell’Italia in graduatoria |17 |17 |20 |

Principali paesi destinatari di investimenti USA

in Stock in miliardi di dollari

| |2006 |2007 |2008 |

|REGNO UNITO |406 |424 |421 |

|PAESI BASSI |279 |389 |443 |

|GERMANIA |94 |101 |111 |

|SPAGNA |49 |67 |70 |

|ITALIA |25 |27 |29 |

Fonte : Elaborazioni ICE New York su dati US Department of Commerce - BEA (Bureau of Economic Analysis)

Riguardo agli investimenti statunitensi nel nostro Paese, si conferma come, con una consistenza di 28,7 miliardi di dollari a fine 2008, l’Italia si aggiudichi meno dell’1% del totale, collocandosi - come gia’ accaduto nel biennio 2006-2007 – al ventesimo posto nella graduatoria dei Paesi che maggiormente attraggono investimenti dagli USA. Altri Paesi europei assorbono una quota molto piu’ consistente di tali investimenti. Oltre al Regno Unito, che mantiene la prima posizione in graduatoria con uno stock di 421 miliardi di dollari in investimenti statunitensi a fine 2008, la stessa Spagna ne detiene una fetta piu’ consistente rispetto all’Italia, pari a 70 miliardi di dollari.

Anche per quanto riguarda i flussi, la performance dell’Italia in termini di attrattivita’ di capitali statunitensi ha visto un peggioramento nel 2008 rispetto al 2007. Nel 2007, infatti, sono affluiti nel nostro Paese 1,9 miliardi di dollari, pari allo 0,6% del totale dei flussi in uscita dagli Stati Uniti, con un calo del 40%. I Paesi Bassi hanno ricevuto 53 miliardi (17% del totale; -48%), il Regno Unito 22 (7%; -10%), la Francia poco meno di 6 miliardi (1,9%; -41%) e, infine, la Spagna, 4,2 miliardi di dollari (1,4% del totale; -50%).

Il comparto che continua ad assorbire la più ampia quota di investimenti statunitensi in Italia (due terzi del totale) è quello dell’industria manifatturiera, con 11,7 miliardi di dollari investiti, che rappresentano il 41% del totale. Si conferma, poi, come la presenza americana in Italia sia concentrata nei settori della chimica, dell’elettronica e dei computer e della meccanica.

Il settore del commercio all’ingrosso e quello finanziario/assicurativo, rispettivamente con 3,2 miliardi e 3,4 miliardi di dollari investiti nel 2008, sono gli altri due comparti nei quali gli Stati Uniti effettuano investimenti rilevanti nel nostro Paese.

|INVESTIMENTI DIRETTI USA IN ITALIA PER SETTORE |

|Stock in milioni di dollari |

|  |2005 |2006 |2007 |% sul tot |crescita 06/07% |

| | | | |2007 | |

|TOTALE |24.528 |26.342 |28.408 |100 |+7,84 |

|Industria estrattiva |18 |22 |34 |0,1 |+54,6 |

|Industria manifatturiera di cui |10.167 |9.991 |11.451 |40,3 |+14,6 |

|Alimentari e bevande |826 |781 |1.111 |3,9 |42,3 |

|Prodotti chimici e derivati |2.711 |2.264 |2.514 |8,9 |11,0 |

|Metalli e prodotti in metallo |409 |405 |515 |1,8 |27,2 |

|Meccanica |704 |755 |576 |2,0 |-23,7 |

|Elettronica e computer |921 |1.069 |1.328 |4,7 |24,2 |

|Prodotti e componenti elettrici |521 |319 |245 |0,9 |-23,2 |

|Mezzi di trasporto |1.236 |1.488 |1.648 |5,8 |10,8 |

|Altro |2.839 |2.910 |3.515 |12,4 |20,8 |

|Commercio all'ingrosso |1.786 |3.045 |2.649 |9,3 |-13,0 |

|Servizi di informatica e tlc |2.743 |2.820 |3.792 |13,4 |34,5 |

|Banche |-75 |-61 |-42 |-0,1 |-31,2 |

|Assicurazioni, finanza |2.637 |3.021 |3.561 |12,5 |17,9 |

|Servizi professionali |2.606 |3.133 |1.020 |3,6 |-67,4 |

|Holding |2.844 |2.899 |3.076 |10,8 |6,1 |

|Altro |1.803 |1.473 |2.866 |10,1 |94,6 |

Fonte: US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA)

PASSANDO AD ESAMINARE LE STATISTICHE DELLA BANCA D’ITALIA (RELAZIONE ANNUALE) CHE RILEVANO LE CONSISTENZE DETENUTE DAGLI STATI UNITI NEL NOSTRO PAESE, SI NOTA COME QUESTE ABBIANO RAGGIUNTO NEL 2008 UN TOTALE DI 18,4 MILIARDI DI EURO, CON UN CALO, RISPETTO AL 2007, DEL 9%. SU UN TOTALE DI 229 MILIARDI DI EURO DETENUTI DA INVESTITORI ESTERI NEL NOSTRO PAESE AL 2008, GLI USA RAPPRESENTANO IL QUINTO INVESTITORE, CON UNA PRECENTUALE DELL’8% DEL TOTALE. PRIMA DEGLI STATI UNITI SI SONO CLASSIFICATI I PAESI BASSI, CON 58 MILIARDI DI EURO (25% DEL TOTALE), LA FRANCIA CON 32 MILIARDI DI EURO (14%), IL REGNO UNITO CON 25 MILIARDI DI EURO (11%) E IL LUSSEMBURGO CON 24 MILIARDI DI EURO (10,7%).

Secondo i dati della Banca d’Italia, gli USA hanno investito prevalentemente nell’industria manifatturiera (35% del totale), in particolare nel settore chimico e dei macchinari; seguono quello dei servizi assicurativi e creditizi.

Secondo i dati fDI Markets che rilevano i progetti greenfield nel mondo, nel 2009 gli USA hanno realizzato in Italia 25 progetti, la meta’ circa di quelli realizzati nel 2008 (52).

Dal 2003 ad oggi, sempre secondo le statistiche fDI, gli USA hanno realizzato in Italia 258 progetti ma e’ da evidenziare come la percentuale degli investimenti USA nel nostro Paese sia minima rispetto a quella effettuata in altri Paesi essendo pari solo all’1,3%. Il primo posto in graduatoria spetta alla Cina dove, nell’arco di questi anni, gli USA hanno realizzato oltre 2.500 progetti, seguita da India (1.966), Gran Bretagna (1.954), Francia (811), Canada (800), Germania (799). La Spagna si e’ aggiudicata in questo arco temporale un totale di 434 progetti.

Relativamente ai settori merceologici nei quali si sono concentrati gli investimenti statunitensi in Italia, una elevata percentuale si riscontra per i progetti legati al software, ai servizi di Information Technology ed ai Business Services (circa il 50% del totale con progetti di investimento che fanno capo ad aziende quali Microsoft, HP, IBM, Yahoo, e altri). Importanti sono stati anche gli investimenti realizzati nei settori Hotel&Tourism (Hilton, Marriott, Starwood, Best Western), Abbigliamento (Levi’s, Polo Ralph Lauren, Tom Ford, Guess, Abercrombie&Fitch), Servizi Finanziari (General Electric, Lehman Brothers, State Street).

Tra il 2008 ed il 2009 i piu’ importanti investimenti realizzati in Italia sono stati quelli della catena di alberghi Hilton, della VF Corporation, della New York Film Academy, della IBM, della 3Com, della Levi’s e della Abercrombie & Fitch.

Dal 2003 a tutto il 2009 i posti di lavoro creati in Italia sono stati circa 22.000 a fronte di investimenti totali per oltre 6 miliardi di dollari.

La regione d’Italia in cui si concentra la maggior parte di tali investimenti e’ la Lombardia (con 101 progetti), seguita dal Lazio (43) e dalla Toscana (13).

Gli Stati americani che hanno investito maggiormente sono stati: la California (con un totale di 59 progetti su 258), New York (43), Washington (15), Massachusetts (15), Illinois (11) e Connecticut (10).

Alla data del primo gennaio 2007 - secondo i dati riportati dall’ultimo rapporto Italia Multinazionale 2008 (Politecnico di Milano-ICE su Banca Dati Reprint) - in Italia erano presenti 962 IMN (Imprese Multinazionali) statunitensi pari al 24% del totale, confermando cosi’ la leadership degli USA nel nostro Paese rispetto alla presenza di IMN tedesche (707), francesi (459) e britanniche (301).

Sempre a inizio 2007, le imprese italiane partecipate da IMN statunitensi[4] erano 1.775 (5 in piu’ rispetto alle 1.770 dell’anno precedente), seguite dalla Germania, per la quale ne sono state registrate 1.192.

Le imprese a controllo statunitense in Italia, sempre secondo le statistiche della Banca Dati Reprint analizzate nel Rapporto, risultavano avere al 1.1.2007 oltre 254.000 dipendenti, per un fatturato di 110 miliardi di Euro all’anno.

I PRINCIPALI INVESTIMENTI AMERICANI IN ITALIA

Si ritiene poi utile, ai fini di una panoramica il piu’ completa possibile della presenza statunitense in Italia, fornire alcuni esempi concreti di aziende americane che hanno investito in Italia, sia mediante acquisizioni che attraverso investimenti produttivi. Successivamente verranno illustrati i casi di acquisizione piu’ recenti verificatisi nel biennio 2008-2009 e riportati dalla stampa specializzata.

Tra le aziende statunitensi presenti in Italia ormai da molti anni si ricordano:

nel settore alimentare: la Coca Cola - che ha recentemente ampliato il suo stabilimento in provincia di Verona, con un investimento di 50 milioni di Euro- la McDonald’s e la Kraft;

nel settore energetico: la Exxon-Mobil (Esso);

nel settore farmaceutico sono presenti: la Pfizer che ha stabilimenti in tutta Italia che danno lavoro a oltre 3.000 addetti, Bristol Myers Squibb, Abbot Laboratories, Johnson&Johnson ed Eli Lilly;

nel settore meccanico: la General Electric, che controlla al 100% la Nuovo Pignone di Firenze; la Whirlpool, che nel 1989 acquisto’ la Ignis e che e’ l’unica multinazionale americana ad aver basato le propie operazioni europee in Italia;

nel settore chimico: la Procter&Gamble e la Colgate-Palmolive;

nel settore informatico: la IBM e la EDS (Electronic Data Systems);

ed ancora: Altria (Philip Morris) e la Walt Disney che, a Milano, ha il suo quartier generale per tutta l’Europa con oltre 100 artisti che vi lavorano.

Come anticipato, ci sono state importanti operazioni di investimento (acquisizioni e progetti greenfield) da parte di soggetti USA in Italia nel corso del 2006 e del 2007.

Per il 2008, invece, si riportano i seguenti casi di aziende statunitensi che hanno effettuato investimenti nel nostro Paese:

La Genentech, una delle societa’ statunitensi biotech piu’importanti al mondo, ha sottoscritto un accordo con il Nerviano Medical Sciences (NMS), struttura di ricerca e sviluppo farmaceutico all’avanguardia in Europa con sede a Milano, per un contratto del valore di 310 milioni di dollari.

Un’altra maxi–alleanza tra Italia e Stati Uniti nel settore biotech e’ stata siglata nel mese di febbraio dalla statunitense AMGEN attraverso la sua controllata Amgen Italia e la Dompe’ Biotec. L’accordo prevede un investimento di 10 milioni di Euro per la creazione di un polo di riferimento per il settore della ricerca biotech in Italia.

ITT Corporation, conglomerata americana con oltre 40.000 dipendenti e attiva nel settore delle pompe idrauliche e dei sistemi di difesa, ha investito 15 milioni di Euro – destinati a diventare 100 milioni nell’arco di tre anni – per la creazione di un centro di ricerca e sviluppo a Barge, in provincia di Cuneo. Il centro di ricerca italiano della ITT, nel quale saranno impiegati 50 ingegneri, diventera’ l’unica sede di ricerca tra quelle europee della ITT.

La General Electric ha acquisito Interbanca ed e’ cosi’ entrata nel mercato dei servizi finanziari in Italia.

Il gigante farmaceutico Eli Lilly ha investito in Italia, a Sesto Fiorentino (Firenze), per la produzione di farmaci biotech (produzione di analoghi dell’insulina umana da DNA ricombinante). L’investimento e’ pari a circa 250 milioni di Euro e prevede l’assunzione diretta di oltre 650 persone.

Il fondo di private equity anglostatunitense MERCATECH, attraverso la sua controllata italiana Energia Futura, di Narni, investira’ circa 50 milioni di Euro per la riconversione di un sito industriale della Electrolux a Scandicci, in provincia di Firenze. Il progetto prevede la realizzazione di un impianto per la produzione di impianti fotovoltaici ed eolici che Energia Futura progetta e commercializza.

La nota azienda americana produttrice delle moto Harley-Davidson ha acquisito, per 70 milioni di Euro, la MV Agusta, uno storico marchio italiano di motociclette, unendo cosi’ due nomi storici delle due ruote.

Il gruppo statunitense EXPEDIA, operatore globale dei viaggi on line, ha acquisito la italiana VenereNET, societa’ che gestisce il portale specializzato nelle prenotazioni alberghiere via internet, per circa 200 milioni di euro.

La banca d’affari JP Morgan ha sottoscritto il 25% del capitale della azienda italiana Arena Surgelati per un investimento di 12,5 milioni di Euro.

Il fondo di private equity statunitense Carlyle, forse il piu’ importante al mondo, ha acquisito il noto marchio italiano di abbigliamento sportivo di lusso Moncler. Carlyle controllera’ il 45% del capitale dell’azienda con un investimento di oltre 200 milioni di Euro.

L’azienda americana Terex, quotata alla Borsa di NY e produttrice di macchine movimento terra, ha acquisito per 255 milioni di Euro la italiana Fantuzzi di Reggio Emilia, produttrice di gru e attrezzature per porti.

GE Capital ha acquisito la Interbanca per 1 miliardo di Euro.

Nel corso del 2009 sono state rilevate le seguenti operazioni:

Il colosso multinazionale dei servizi per networking e communication technology Cisco System ha inaugurato a Vimercate (Milano) il Center for Business Collaboration, un centro per lo sviluppo di nuove tecnologie in cui lavoreranno ricercatori italiani e non. La Cisco System ha gia’ investito in Italia, a Monza, dove gestisce un centro di ricerca con 200 scienziati.

Un fondo statunitense – Ya Global Investment – ha acquisito per 6,6 milioni di euro il 51% di Aq-Tech, una holding italiana che a sua volta controlla tre societa’ operative nel settore farmaceutico, Montefarmaco Italia (Milano), Sigmar Italia (Bergamo) e Sigea (Trieste).

L’azienda americana Premier Power Renewable Energy ha acquisito la Arco Energy, una societa’ italiana che realizza installazioni ad energia solare in tutta Italia.

Il gruppo Dolce Hotels & Resort ha annunciato un investimento di 46 milioni di Euro per la realizzazione, sulla Riviera del Brenta, del progetto Verve (Venice Escape River Vacation Experience) che prevede la costruzione di un museo della moda e della calzatura, di laboratori artigianali, di un centro stile per la ricerca, una promenade per lo shopping, oltre che di un hotel.

La societa’ di investimenti di Los Angeles, Aurora Capital, ha acquisito la Val Spa, una azienda di Lucca leader europeo nella produzione di componenti per refrigeratori di grandi dimensioni.

La System Logistics, una azienda emiliana di Fiorano che opera nel settore della automazione industriale, ha acquisito nel 2009 la Diamond Phoenix, una azienda localizzata nel Maine e specializzata negli integratori di sistemi che consentira’ alla System di completare la propria offerta nel comparto della logistica per tutto il Nord-America.

Il gruppo farmaceutico Eli Lilly ha investito oltre 250 milioni di Euro a Sesto Fiorentino, in Toscana, dove e’ stato inaugurato nel mese di settembre un nuovo campus industriale presso il quale si produrranno farmaci biotecnologici e dove verranno impiegate 450 persone altamente qualificate.

Nel mese di ottobre ha aperto a Milano il primo megastore di abbigliamento giovanile della famosa catena statunitense Abercrombie&Fitch.

Il fondo di private equity di New York, New World Capital, ha siglato un accordo con il fondo italiano Ambienta per realizzare investimenti nel settore delle energie rinnovabili.

Ma e’ in relazione ad alcuni casi di investimento nei settori ad alto contenuto scientifico e di conoscenza che vale la pena sottolineare come sempre maggiore rilevanza venga assunta dagli IDE in settori legati alla innovazione tecnologica ed alla Ricerca&Sviluppo. Gli investimenti esteri negli ultimi anni sembrano piu’ “immateriali” rispetto all’industria manifatturiera dei decenni scorsi e, secondo molti, oggi il futuro della crescita è la conoscenza, fatta di persone e di intelligenze.

A tale riguardo, in particolare, si cita una recente analisi dell’OCSE sugli investimenti diretti esteri in “proprieta’ intellettuali”[5]. Uno degli aspetti principali che emerge a seguito della ricerca condotta dall’OCSE è che cresce sempre di piu’ l’internazionalizzazione dei flussi di investimento in Ricerca & Sviluppo a livello mondiale. La globalizzazione sta infatti cambiando il panorama degli investimenti esteri con sempre maggiore importanza e rilievo attribuita appunto agli investimenti realizzati dalle multinazionali in attivita’ di Ricerca e Sviluppo. In particolare:

cresce la percentuale di attivita’ di Ricerca & Sviluppo svolta dalle multinazionali al di fuori del proprio Paese, attraverso societa’ affiliate oppure mediante outsourcing;

le grandi multinazionali in maniera crescente creano proprie affiliate in Paesi esteri con lo scopo di condurre attivita’ di Ricerca e Sviluppo localmente;

i settori tecnologici sono i piu’ attivi nell’internazionalizzazione delle attivita’ di R&S;

le location piu’ appetibili per lo svolgimento di attivita’ di R&S restano i Paesi che possono vantare eccellenze accademiche e un elevato standard educativo. I Paesi piu’ piccoli che godono di tali “attributi” hanno la piu’ alta percentuale di attivita’ di R&S controllate da operatori esteri. A tale specifico riguardo e’ da rilevare come il 30% delle attivita’ di R&S svolte in Italia sia controllato da operatori esteri. Una percentuale che nel 1995 risultava pari a zero e che dimostra come l’Italia sia diventata, nell’arco di un decennio, una meta appetibile di investimenti in Ricerca & Sviluppo. Sempre secondo le analisi dell’OCSE, la quota detenuta da operatori esteri in attivita’ di R&S in Germania e Spagna e’ del 28%, in Francia del 25%. Superano, invece, l’Italia in questa graduatoria l’Irlanda (con il 70% di attivita’ R&S detenute da operatori esteri), e quindi il Belgio, l’Ungheria, la Gran Bretagna ed i Paesi Bassi.

Gli Stati Uniti sono certamente il maggior investitore al mondo in Ricerca & Sviluppo. Secondo i dati rilevati dal Bureau of Economic Analysis (BEA), gli investimenti in Ricerca e Sviluppo realizzati all’estero da affiliate di multinazionali statunitensi nel 2007 (ultimo anno per cui sono disponibili tali statistiche) ha raggiunto la cifra di 35 miliardi di dollari rispetto ai 30 miliardi nel 2006, con una crescita del 17%. La maggior parte di questi investimenti si e’ diretta verso la Gran Bretagna, dove gli Stati Uniti hanno investito nel 2007 ben 6,5 miliardi di dollari (20% del totale), seguiti dalla Germania, con poco meno di 6 miliardi di dollari, dalla Francia, con 1,7 miliardi di dollari, dalla Svezia, con 1,6 miliardi di dollari. Significativi anche gli investimenti realizzati dagli USA in Cina nel 2007, pari a 1,1 miliardi di dollari, con un aumento del 33% rispetto al 2006 quando tali investimenti erano stati pari a 760 milioni di dollari.

Secondo quanto evidenziato, poi, nel rapporto Global R&D Funding 2010 redatto dalla societa’ di consulenza Battelle (), nel 2009 gli USA avrebbero investito in totale 24 milioni di dollari all’estero in “outsourcing”. Si tratta di una stima ricavata da un sondaggio fatto tra le aziende e che differisce dalla cifra che emerge da un rapporto della Booz&Co che indica, invece, investimenti per ben 80 miliardi di dollari effettuati all’estero da aziende USA in R&S nel 2008 su un totale di 146 miliardi investiti e pari a ben il 55% del totale investito da tali imprese in attivita’ di ricerca e sviluppo.

Sono dati significativamente contrastanti tra di loro e che riflettono un “vuoto” di rilevazione statistica che verra’ colmato grazie ad un recente progetto promosso dal BEA, insieme con il National Science Foundation (NSF), che prevede l’analisi e la rilevazione puntuale di tale tipologia di dati ed in particolare degli investimenti realizzati da aziende USA all’estero in attivita’ di Ricerca e Sviluppo. Le statistiche saranno disponibili a meta’ 2010 e con tale operazione le istituzioni americane si prefiggono l’obiettivo di dare appunto una misura dell’impatto che ha avuto la globalizzazione su quelli che sono gli investimenti in Ricerca e Sviluppo.

Per quanto riguarda, invece, l’Italia e gli investimenti esteri realizzati nel nostro Paese in Ricerca&Sviluppo da parte di operatori esteri, secondo una ricerca effettuata dal Centro Studi della Confindustria (su dati dell’Ufficio Italiano Cambi) emerge come la voce Ricerca e Sviluppo finanziata dall’estero della bilancia tecnologica italiana che registra incassi (esportazioni) e pagamenti (import) legati a varie tipologie di attivita’ (Servizi con contenuto tecnologico, Commercio in tecnologia, Transazioni in Marchi e Disegni e Ricerca e Sviluppo) è passata dal generare incassi (e quindi esportazioni) per il 18,4% del totale nel 1995 ad una percentuale del 25,9% nel 2006.

I dati BEA sugli investimenti in Ricerca e Sviluppo realizzati in Italia da affiliate di multinazionali statunitensi riflettono quanto gia’ evidenziato riguardo agli investimenti esteri in generale, e cioe’ la bassissima percentuale che il nostro Paese si aggiudica rispetto ad altri “competitors”. Nel 2007, infatti, gli USA hanno investito in Italia nel settore R&S (Ricerca & Sviluppo) circa 670 milioni di dollari, rispetto ai 1,7 miliardi di dollari investiti in Francia o ai 6 miliardi che si sono diretti verso la Germania. In Spagna, nel 2007, gli USA hanno investito in attivita’ di R&S 475 milioni di dollari.

La statistiche fDI relative ai progetti di investimento realizzati dagli USA in Italia per attivita’ legate alla Ricerca ed allo Sviluppo Tecnologico sono significativi. Dal 2003 ad oggi gli Stati Uniti hanno realizzato nel nostro Paese 15 progetti, per un investimento del valore di poco piu’ di 250 milioni di dollari e con 653 posti di lavoro creati in questo comparto. Tra questi investimenti segnaliamo, in particolare, quelli realizzati dalle multinazionali high-tech IBM, DuPont, HP, Honeywell, Microsoft e di cui piu’ avanti si forniscono alcuni esempi.

Resta da evidenziare come la fetta maggiore di tale categoria di investimenti ad altissimo valore aggiunto se la sia aggiudicata in questi anni l’India, con 106 progetti, pari al 18% del totale (584 progetti di investimento in R&S realizzati da aziende statunitensi dal 2003 a fine 2009) ed in crescita dal 2008 al 2009 di ben il 63%. Al secondo posto troviamo la Cina con 97 progetti (17% del totale) che pero’ ha fatto registrare, tra il 2008 ed il 2009, un tasso di decrescita del 17% con 10 progetti realizzati rispetto ai 12 del 2008.

L’Italia, con 15 progetti realizzati da aziende USA, si aggiudica il 10mo posto, dopo India, Cina, Gran Bretagna (51 progetti), Irlanda (33 progetti), Singapore, Francia (26 progetti), Canada, Corea del Sud, Israele (18). La Spagna e’ all’11mo posto con 14 progetti seguita dalla Germania che, in totale, si e’ aggiudicata 12 progetti, e dal Giappone (12).

Resta da evidenziare che tra il 2008 ed il 2009, ad esclusione della forte crescita registrata dall’India e di quella significativa della Gran Bretagna (+10%) e della Francia (+33%), per tutti gli altri Paesi gli investimenti USA in R&S hanno segnato il passo: Israele -33%, Irlanda -14%, Cina -17%, Canada -50%, Italia -33%.

Nonostante le statistiche non siano confortanti, alcuni esempi potranno fornire un’idea piu’ concreta della presenza statunitense in Italia nel settore Ricerca e Sviluppo, con alcune delle piu’ importanti multinazionali USA che hanno comunque scelto l’Italia come location dove condurre attivita’ di ricerca grazie ai talenti ed alle eccellenze espresse da alcune delle piu’ prestigiose Universita’ e parchi scientifici e tecnologici del nostro Paese.

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|Bristol Myers Squibb ha investito 150 milioni di dollari a supporto della ricerca condotta nel centro di Nerviano Medical Sciences, il |

|gia’ citato centro di ricerca privato italiano e leader nella ricerca onocologica. |

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|Sempre una delle piu’ importanti aziende farmaceutiche al mondo, la Shering-Plough, oltre ad avere investito in Italia in due |

|stabilimenti produttivi (a Lodi e ad Aprilia), dove impiega oltre 1.200 persone, ha un centro di ricerche presso il San Raffaele di |

|Milano. |

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|L’IBM ha in Italia numerosi centri di ricerca, a Roma e nel Mezzogiorno. Nel Software Lab di Roma, in particolare, è stato sviluppato |

|il software Tivoli, uno dei piu’ importanti software di ultima generazione, strumento ideato dalla IBM per le aziende di tutto il |

|mondo. Ancora la IBM, in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa, ha creato il Quantum Information Competence Center, il|

|primo centro italiano di informatica quantistica con l’obiettivo di esplorare le potenzialita’ e l’impatto dei computer quantistici e |

|lo sviluppo del software del futuro. |

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|Sempre la IBM ha in vigore numerosi accordi con atenei italiani. Attraverso l’IBM PhD Fellowship ha finanziato nel 2009 due borse di |

|studio per studenti del Politecnico di Milano e per quello di Torino per ricerche da condurre rispettivamente nel settore della |

|progettazione di green network e nella valutazione dei sistemi interattivi. |

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|La Microsoft ha in Italia importantissimi centri di Ricerca e Sviluppo, specificatamente a Trento e a Torino e, inoltre, collabora con |

|l’Area Science Park di Trieste attraverso un laboratorio di ricerca e sviluppo per l’IT. |

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|La Micron Technology, azienda statunitense leader nel settore dei semiconduttori di alta qualità, ha avviato un piano di potenziamento |

|del valore di 4,3 milioni di dollari della propria struttura di Avezzano, facendo cosi’ di questo paese abruzzese un vero e proprio |

|distretto di ricerca e sviluppo, oltre che di produzione. La Micron Technology e’ infatti gia’ presente ad Avezzano da molti anni con|

|uno stabilimento che produce semiconduttori e rappresenta un polo tecnologico di eccellenza mondiale per la produzione di wafer (dischi|

|di silicio) con tecnologia d'avanguardia. |

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|La Boeing ha realizzato un centro di ricerche nel settore aerospaziale in Campania, e precisamente nel distretto tecnologico Imast, |

|polo di eccellenza per lo studio di materiali polimerici. |

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|Nel 2007 la General Motors ha trasferito dalla Germania a Torino i laboratori europei sui motori diesel, collocandosi presso la |

|Cittadella del Politecnico di Torino. Un altro esempio di come oggi uno dei fattori di “attrattivita’” siano la ricerca e la |

|formazione, che hanno nelle universita’ uno dei loro capisaldi. |

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|CISCO SYSTEMS, multinazionale del software, ha un centro di ricerca a Monza dove impiega circa 200 tra scienziati e ricercatori. |

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|La INTEL, in partnership con STMicroelectronics ha creato la NUMONYX, una azienda di Agrate Brianza (MI) dove, in un centro di ricerche|

|con oltre 200 scienziati ed ingegneri, si porta avanti attivita’ di Ricerca & Sviluppo legata alla microelettronica e allo sviluppo |

|delle memorie per personal computer. |

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|L’istituto di ricerca di Charleston (West Virginia), MATRIC – Mid Atlantic Technology, Research & Innovation Center - ha aperto un |

|ufficio che gestira’ le attivita’ europee, all’interno dell’Insubria Park di Gerenzano, in provincia di Varese. La scelta della |

|location e’ stata dettata proprio dalla disponibilita’ di competenze e dall’eccellenza degli scienziati e dei ricercatori italiani. |

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|La DuPont ha effettuato un importante investimento nel 2008 a Pessina Cremonese, in provincia di Milano. Il progetto ha comportato una|

|somma investita dalla multinazionale USA di 12 milioni di dollari e l’impiego di 70 tra ricercatori e scienziati. |

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|La statunitense Micron Technolgy (vedi l’investimento gia’ realizzzato dalla stessa azienda in Abruzzo e di cui piu’ sopra) ha |

|acquisito nel febbraio 2010 una quota della gia’ menzionata Numonyx di Milano e pervede di arrivare al controllo del 100% del capitale |

|della societa’ italiana. |

FONDI DI INVESTIMENTO

Una ultima nota, poi, riguardo i fondi collettivi di investimento – fondi di Private Equity – che hanno assunto un ruolo importante nel panorama dei flussi di IDE a livello mondiale e che pero’, dopo la crisi finanziaria del 2008, hanno ridotto molto la loro attivita’. Ad ogni buon conto, si riportano di seguito le principali operazioni di acquisizione di aziende italiane da parte di fondi di private equity statunitensi:

Il fondo Blackstone ha acquisito, nel 2006, il parco divertimenti Gardaland.

Il Gruppo Carlyle, altro importante investitore statunitense con uffici a Milano, ha acquisito e poi rivenduto la Avio SPA (ex Fiat Avio) e possiede dall’ottobre 2007 il Palazzo del Tergesteo a Trieste, sul quale effettuera’ interventi di riqualificazione e recupero funzionale. Carlyle, oltre ad aver posseduto per molti anni Riello, azienda produttrice di impianti di riscaldamento, caldaie e bruciatori, ha acquisito il controllo della Moncler.

Il Gruppo Vestar, anch’esso con uffici a Milano, ha investito in Italia per circa 1,6 miliardi di Euro ed ha in portafoglio il marchio Cesare Fiorucci (salumi) e la Seves, societa’ fiorentina leader mondiale nel mercato dell’isolamento elettrico nel processo di generazione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica e nel segmento del mattone in vetro per l’architettura e l’arredo.

Il fondo Cerberus Capital Management, tramite la controllata Sports Brands International, ha avuto in portafoglio il noto marchio di abbigliamento sportivo FILA dal marzo 2003 e fino al marzo 2007, quando l’ha ceduto a FILA Korea.

Goldman Sachs controlla la Prysmian Cables & Systems (ex Pirelli Cavi), importante societa’ attiva nella posa dei cavi sottomarini che si e’ recentemente quotata alla Borsa di Milano.

Cornell Capital, altro fondo statunitense di investimenti, ha acquisito i Viaggi del Ventaglio per circa 70 milioni di Euro.

Il fondo Kohlberg Kravis Roberts & Co. (KKR) ha posseduto per 2 anni la FL Selenia, società produttrice di oli lubrificanti di Torino. La FL Selenia e’ stata poi rivenduta da KKR a PETRONAS, ente petrolifero del governo malaysiano.

Il fondo One Equity Partners (JP Morgan) possiede, in consorzio con altri 5 fondi, il 39% di Pirelli.

il fondo di San Francisco JH Partners ha acquisito nel 2007 il gruppo italiano La Perla (biancheria intima). Inoltre, dal dicembre 2005 e tramite la controllata Coraline, JH Parters possiede Frette, altra societa’ italiana di biancheria di lusso.

La nota azienda di abbigliamento Conbipel e’ stata acquistata dal fondo di private equity statunitense Oaktree nel settembre 2007.

Come gia’ evidenziato, la recente crisi dei mutui subprime e del mercato finanziario, nonche’ la recessione dell’economia globale, ha avuto un forte impatto negativo sull’attivita’ dei fondi di private equity statunitensi e non si prevede, per il futuro, una ripresa significativa.

Investimenti Italiani in USA e presenza italiana

Passando, poi, ad analizzare gli investimenti italiani negli Stati Uniti, vale forse la pena di riportare alcuni dati sintetici, di fonte ufficiale statunitense (BEA), che possono dare una misura di quanto l’Italia sia presente in questo Paese, anche rispetto ad altri concorrenti europei.

Stock di investimenti diretti dall’Italia in USA

| |2006 |2007 |2008 |

|Stock IDE dal MONDO in USA (mln $) |1.840.463 |2.109.876 |2.278.892 |

|Stock IDE dall’ITALIA (mln $) |9.299 |13.291 |17.575 |

|QUOTA ITALIANA stock IDE in USA |0,5% |0,6% |0,8% |

|Posizione in graduatoria dell’Italia |20 |18 |16 |

Flussi di investimenti diretti dall’Italia in USA

| |2006 |2007 |2008 |

|Flussi IDE dal MONDO in USA (mln $) |237.136 |271.176 |316.112 |

|Flussi IDE dall’ITALIA (mln $) |3.237 |5.288 |5.781 |

|QUOTA ITALIANA IDE NEGLI USA |1,4% |1,9% |1,8% |

|Posizione in graduatoria |15 |16 |13 |

Principali paesi investitori in USA

in Stock in miliardi di dollari

| |2006 |2007 |2008 |

|REGNO UNITO |415 |427 |454 |

|GIAPPONE |204 |230 |260 |

|GERMANIA |206 |215 |212 |

|SPAGNA |14 |28 |39 |

|ITALIA |9.3 |13.3 |17.6 |

Fonte:Elaborazioni ICE New York su dati US Department of Commerce - BEA (Bureau of Economic Analysis)

Rispetto al 2007, che aveva visto l’Italia passare dal ventesimo al 18mo posto nella graduatoria dei primi venti investitori USA in termini di consistenze, nel 2008, con uno stock di oltre 17,6 miliardi di dollari investiti negli Stati Uniti, il nostro Paese guadagna altre due posizioni e si attesta al 16mo posto. Investimenti che restano, tuttavia, pari solo allo 0,8% del totale delle consistenze detenute da investitori esteri in USA, tra cui il Regno Unito, con 454 miliardi, il Giappone con 260 mliardi, la Germania, con 212 miliardi, l’Olanda, con 260 miliardi, la Francia (75 miliardi). Anche la Spagna, con 39 miliardi di dollari di consistenze in USA, risulta avere una presenza molto piu’ significativa della nostra negli Stati Uniti.

In relaziona ai flussi l’Italia, con 5,8 miliardi di dollari investiti in USA nel corso del 2008, ha ulteriormente migliorato la sua posizione, raggiungendo una quota dell’1,8% del totale e passando in 13ma posizione. Anche in questo caso risulta evidente il distacco tra l’Italia e gli altri Paesi europei che investono in USA ed, in particolare, rispetto all’Olanda che ha generato flussi verso gli USA per 72 miliardi di dollari, con un incremento del 177% rispetto all’anno precedente, al Regno Unito con 55 miliardi di dollari (+197%), alla Svizzera (35 miliardi di dollari; +1800%) ed alla Francia (14 miliardi di dollari; +128%), e alla stessa Spagna con ben 13 miliardi di dollari confluiti da questo paese negli USA nel 2008.

Secondo i dati contenuti nella Relazione Annuale della Banca d’Italia, a fine 2008 lo stock di investimenti italiani in USA ammontava a 22,4 miliardi di Euro[6], pari al 7,7% del totale degli investimenti diretti italiani all’estero (291 miliardi di Euro). Rispetto al 2007, nel 2008 c’è stato un incremento del 20%. Gli Stati Uniti sono stati la destinazione preferita dagli investitori italiani dopo i Paesi Bassi (87 miliardi di euro; 30% del totale), la Spagna (36 miliardi di Euro; 12% del totale), la Francia (24 miliardi di Euro; 8,3% del totale), il Lussemburgo (18 miliardi di Euro; 6,3% del totale), seguiti da Regno Unito (14,4 miliardi di Euro; 5% del totale) e dalla Germania (15 miliardi di Euro; 5,2% del totale).

Relativamente ai settori produttivi, e sempre secondo i dati rilevati dalla Banca d’Italia, si nota come le consistenze italiane in USA si siano concentrate prevalentemente nella produzione industriale con il 29% del totale ed in particolare nella produzione di macchinari: 9,2%. Seguono i servizi, con particolare riguardo ai servizi al credito e le assicurazioni (29%).

Al di la’ delle discrepanze statistiche circa le consistenze italiane in USA che emergono da un confronto tra i dati ufficiali statunitensi, e quelli della Banca d’Italia, e` comunque certo che da un lato il nostro Paese continua a collocarsi – ormai da molti anni - ben al di sotto dei principali competitors europei, dall’altro gli investimenti italiani effettuati negli Stati Uniti hanno registrato un forte aumento. Se, secondo il Bureau of Economic Analysis, l’Italia si colloca solo al sedicesimo posto nella graduatoria dei primi venti investitori USA con uno stock di 17,6 miliardi a fine 2008, pari solo allo 0,8% del totale delle consistenze, tale dato rappresenta comunque un aumento del 32% - e dopo il gia’ consistente aumento del 42% registrato tra 2006 e 2007 - rispetto all’anno precedente. Anche dai dati della Banca d’Italia emerge un incremento delle consistenze italiane in USA del 20% nel 2008 rispetto al 2007.

Anche secondo i dati fDI (Financial Markets) che registrano i progetti di investimento greenfield, si rileva come la presenza italiana in USA sia di un certo rilievo. Dal 2003 al 2009, l’Italia ha realizzato 217 progetti di investimento negli Stati Uniti, che risultano essere al secondo posto come Paese di destinazione degli investimenti italiani all’estero dopo la Cina, che ne ha attirati 235. Dal 2003 al 2009 gli Stati Uniti si sono aggiudicati il 9% del totale degli IDE italiani all’estero, subito dopo la Cina, che ha “pesato” per il 10% sul totale dei 2.440 progetti di investimento realizzati dall’Italia al di fuori dei propri confini nel periodo considerato.

L’Italia, sempre secondo le statistiche di fDI, e’ il sesto Paese che registra una maggiore presenza negli Stati Uniti, dopo Gran Bretagna (871 progetti), Germania (735 progetti), Giappone (699 progetti), Canada (475 progetti) e Francia (405 progetti). Dopo l’Italia, al settimo posto, troviamo la Svizzera, con un totale di 194 progetti, la Spagna (187), la Svezia (182).

Nel 2009 gli investimenti italiani in USA sono stati, in totale, 51 - rispetto ai 43 progetti del 2008 – per un valore di circa 635 milioni di dollari ed in crescita (+19%). In Cina, invece, tra il 2008 ed il 2009, i progetti di investimento italiani sono diminuiti del 30%, passando dai 38 progetti del 2008 ai 27 del 2009.

I settori in cui si sono maggiormente concentrati gli investimenti italiani in USA nel corso del periodo 2003-2009 – sempre secondo i dati fDI – sono stati il settore del Tessile Abbigliamento, con il 34% del totale, che hanno riguardato prevalentemente l’attivita’ retail, ed il settore della meccanica strumentale (Industrial Machinery), con il 12% del totale con i progetti realizzati da Fiat, Brevini, Valvitalia, Finmeccanica, Leitner e altri.

Gli Stati americani che maggiormente vedono la presenza di aziende italiane sono New York (45 progetti), la California (23 progetti) e la Florida (20 progetti).

Da rilevare, infine, come i posti di lavoro che risultano essere stati creati negli Stati Uniti da aziende italiane, dal 2003 al 2009, sono oltre 18.000, per un valore stimato di oltre 4 miliardi di dollari.

I principali investitori italiani in USA (dati fDI) per numero di progetti realizzati sono la Fiat, Finmeccanica, ENI, Pirelli, Ermenegildo Zegna, Diesel, Prada, Bulgari, Brunello Cucinelli e Roberto Cavalli.

L’ultimo rapporto Italia Multinazionale 2008 (Banca Dati Reprint – Politecnico di Milano ed ICE pubblicato a gennaio 2009), infine, riporta al 1 gennaio 2007 la presenza di 2.012 imprese USA a partecipazione italiana (anche minoritaria). Tali aziende occupano negli Stati Uniti oltre 72.000 dipendenti ed hanno un fatturato di 26,3 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono il secondo Paese verso il quale maggiormente si dirigono i nostri investitori dopo la Francia (2.002 imprese a partecipazione ad inizio 2007).

Dal 2005, ad oggi si sono registrate numerose acquisizioni da parte di aziende italiane, grazie ad un dollaro sempre piu’ debole che, se ha penalizzato il nostro export, ha rappresentato un’opportunita’ irripetibile per le aziende italiane che hanno cosi’ potuto acquistare aziende USA con uno “sconto” pari al 30%. Secondo il Rapporto M&A KPMG Corporate Finance, nel 2008 l’Italia ha effettuato 23 acquisizioni negli USA per un valore di 7,7 miliardi di euro – 23 acquisizioni anche nel 2007 - confermando l’interesse a sfruttare le opportunita’ strategiche ed operative offerte dal mercato statunitense. Non sono stati resi disponibili i dati relativi alle acquisizioni italiane in USA per il 2009.

Riguardo gli investimenti italiani in USA, come gia’ fatto con quelli statunitensi in Italia, si ritiene utile entrare nel dettaglio e fornire un elenco di quelli piu’ significativi, che possono rappresentare meglio la presenza italiana in USA rispetto agli “aridi” dati statistici che invece li fotografano nel loro complesso.

Tra le aziende italiane da tempo presenti negli Stati Uniti con impianti produttivi o di grande distribuzione ricordiamo: la Fiat (Case New Holland), il Gruppo Autogrill, Beretta, Barilla (con due impianti produttivi), Pirelli Tire North America, Ansaldo Signal e Agusta Westland (entrambi Gruppo Finmeccanica[7]), Permasteelisa, Segafredo Zanetti, Panaria (piastrelle in ceramica) che ha acquisito la Florida Tile Industries, Marazzi, Luxottica, Bonfiglioli (componentistica meccanica), Caleffi (valvole meccaniche), Bracco, Dia Sorin, Panini (Torino).

Tra le acquisizioni effettuate da aziende italiane in USA nel corso degli ultimi anni, si segnalano:

L’ENI ha acquisito, con un investimento di circa 4,7 miliardi di dollari (3,6 miliardi di euro), la americana Dominion Group Resources, una delle maggiori compagnie petrolifere staunitensi con attivita’ di estrazione e produzione di petrolio nel Golfo del Messico. Inoltre, nell’aprile 2007 Eni ha acquisito il 70% del giacimento di Nikaitchuq, situato nell’estremo nord dell’Alaska.

La Lottomatica, (controllata dal Gruppo De Agostini) ha acquisito (2006) la societa` GTECH Holding Corporation di West Greenwich (Rhode Island) per circa 4,7 miliardi di dollari. La GTECH è una societa` leader a livello internazionale nelle tecnologie per giochi e servizi di intrattenimento.

Tenaris, societa’ italiana operante nel settore delle strutture per il comparto petrolifero, ha acquisito la texana Hydril, leader negli USA nella produzione di macchinari per il controllo della pressione utilizzati nelle estrazioni di petrolio, per 2 miliardi di dollari (1,7 miliardi di Euro).

Luxottica ha acquistato la Oakley per 2,1 miliardi di dollari (1,5 miliardi di Euro), aggiungendo il famoso marchio degli occhiali da sole ai precedenti marchi gia’ in portafoglio: Ray Ban e Sunglass Hut. Oakley è un marchio di prestigio e, con questa ulteriore importante acquisizione in USA, il gruppo Luxottica conta di passare da 4,7 miliardi di Euro di vendite nel 2006 a 5,7 per l’anno in corso.

Il Gruppo IFIL (Famiglia Agnelli) ha acquisito per circa 550 milioni di dollari (470 milioni di euro) il 67% del capitale della Cushman & Wakefiled, societa’ di New York leader nel mercato dei servizi immobiliari e specializzata in quattro principali aree di business: servizi di intermediazione, servizi finanziari, 'client solutions', consulenza. La Cushman & Wakefiled è presente in 55 Paesi, con 197 sedi e 11.500 dipendenti, e nel 2006 ha registrato un fatturato di 1,23 miliardi di dollari.

Campari ha acquistito l’80% di Cabo Wabo, tequila di qualità premium, da Sammy Hagar, fondatore della società, nonchè ex rock star degli anni ’80 e ’90. L’acquisizione, per un valore di 80 milioni di dollari, dà alla Campari accesso non solo al mercato messicano dei liquori (Cabo Wabo è prodotta in Messico) ma anche al principale mercato di vendita della tequila, gli Stati Uniti, dove il liquore è in cima alla classifica degli alcolici più venduti.

Zach System, societa’ attiva nella chimica fine del gruppo farmaceutico Zambon, ha rilevato per 65 milioni di dollari gli asset chimici del gruppo americano Ppg Industry, di Pittsburg.

E, ancora, la Interpump, Brembo, Industria Macchine Automatiche (IMA), Saes Getters, Atlantia, Autostrade, Mer Mec, il Gruppo Fontana, Pirelli, Autogrill, Graniti Fiandre, il Gruppo Valentino, Italcementi, Elsag Datamat hanno effettuato acquisizioni negli Stati Uniti.

Sempre nell’arco del passato triennio, poi, ci sono stati interessanti casi di investimenti produttivi diretti ed in particolare:

Enel (tramite la controllata ENEL North America) ha annunciato la costruzione in Kansas di un impianto per la produzione di energia eolica per un investimento di circa 400 milioni di dollari. Tale impianto, insieme ad un altro dello stesso tipo da realizzare in Canada, fa parte di un programma di investimenti complessivi in Nord America per un valore di 4 miliardi di dollari.

La Caleffi, azienda piemontese produttrice di valvole, ha realizzato uno stabilimento produttivo a Milwaukee nel Winsconsin.

Barilla, presente negli USA da ormai 10 anni, ha costruito un secondo impianto produttivo di pasta ad Avon (NY), per un investimento di 88 milioni di dollari, che va ad affiancare la produzione dello stabilimento di Ames, nell’IOWA. Barilla e` market leader in America nel settore pasta con una quota di mercato del 25%.

Florida Tile, controllata dal Gruppo Panaria, ha investito a Lawrenceburg in Kentucky con un impianto per la produzione di ceramiche per l’edilizia.

La Socotherm di Vicenza ha realizzato un impianto produttivo a Houston, nel Texas, per la produzione di tubi in acciaio e con un investimento di circa 30 milioni di dollari.

La NUVERA, societa’ attiva nelle energie rinnovabili, ha una sede in Massachussets dove produce e fa ricerca sulle celle ad idrogeno combustibile per motori ad idrogeno.

Nel 2008 ci sono state una serie di acquisizioni da parte di aziende italiane negli Stati Uniti, nonche’ l’avvio di alcuni progetti di investimento chen hanno rafforzato la presenza italiana in questo Paese. Tra le acquisizioni:

Mediaset, tramite la controllata spagnola Telecinco, ha acquisito per 32 milioni di dollari il 28% di CaribeVision, un canale americano diffuso tra le comunita’ latine di New York, Miami e Puerto Rico. Si tratta del primo investimento negli USA da parte di Mediaset.

Italcementi ha acquisito la societa’ di produzione di calcestruzzo Crider&Shockey, che opera nel Nord Virginia e che permettera’ al gruppo italiano di avere una maggiore integrazione verticale nel settore del calcestruzzo negli USA. L’acquisizione avrebbe un valore di circa 20 milioni di dollari.

La Bracco ha consolidato la sua posizione in USA attraverso l’acquisizione di E-Z-Em, uno degli operatori di riferimento a livello mondiale nella produzione di mezzi di contrasto e strumentazione medica per la radiologia gastrointestinale con 590 dipendenti e un fatturato di 138 milioni di dollari. L’acquisizione della E-Z-Em, societa’ quotata al Nasdaq, prevede un esborso di circa 240 milioni di dollari. La Bracco conferma quindi una presenza statunitense solida, partita nel 2001 con l’acquisizione della Acsit, azienda che produce sistemi avanzati di somministrazione per radiologia e cardiologia. Oltre all’acquisizione della E-Z-Em, la Bracco ha acquisito anche un quota di minoranza nella start-up Hlt ed ha inaugurato un nuovo stabilimento/laboratorio Acsit in Minnesota.

La Finmeccanica ha realizzato la sua prima grande acquisizione in USA con la sottoscrizione del 100% del capitale della statunitense DRS Technologies, societa’ leader nel settore dei servizi e dei prodotti elettronici integrati per la difesa per 2,8 miliardi di Euro. Finmeccanica si conferma cosi’ una delle aziende italiane con la piu’ importante e significativa presenza negli USA. Finmeccanica, tramite le proprie controllate in Pennsylvania, a New York, in Texas, California, New Jersey, Kansas, Virginia, Carolina del Nord e del Sud, svolge attivita’ per il Governo USA su programmi quali l’elicottero presidenziale US101 e l’aereo da trasporto tattico C-27J.

La trevigiana Nice, azienda italiana leader nella home automation, ha acquisito la texana Apollo Gate Operators di San Antonio, tra le piu’ importanti aziende produttrici di cancelli alimentati ad energia solare. L’acquisizione ha un valore di 13 milioni di dollari e, grazie ad essa, l’azienda italiana avra’ la possibilita’ di entrare in un mercato, quello USA, che vale oltre 800 milioni.

Il Gruppo Fincantieri ha acquisito per 120 milioni di dollari la Manitowoc Marine Group (Mmg), divisione costruzioni navali dal gruppo Manitiowoc sul lago Michigan con l’obiettivo di entrare nel mercato degli appalti USA per la difesa marina.

Ferretti, uno dei piu’ importanti produttori italiani di yacht di lusso ha acquisito marchi e attivita’ della statunitense Allied Richard Bertram Marine Group. Attraverso questa acquisizione il gruppo italiano avra’ a disposizione negli Stati Uniti, ed in particolare in Florida, una importante piattaforma distributiva: l’azienda americana possiede 9 centri di assistenza e vendita di motori yacht in Florida.

Il gruppo oleario molisano Colavita ha acquisito l’80% del network Profaci di New York, specializzato nella distribuzione di prodotti made in Italy, con un giro d’affari di oltre 100 milioni di dollari. L’operazione ha avuto un valore di 25 milioni di Euro con la partecipazione anche della Simest.

La Euroimpianti Spa, azienda vicentina attiva nei settori del packaging e della robotica, ha acquisto la statunitnese C&D Robotics, con sede in Texas.

Genextra, azienda italiana biotech, ha sottoscritto nello scorso mese di settembre un aumento di capitale della americana Intercept per circa 25 milioni di dollari con un controllo del 70% delle azioni della societa’ USA.

Stmicroelectronics, colosso italo-francese dei semiconduttori, ha acquisito la californina Genesis Microchip, attiva nella TV digitale, per circa 336 milioni di dollari.

Tra gli investimenti produttivi italiani in USA realizzati nel 2008, invece, si ricordano:

La Prysmian Cavi ha annunciato l’ampliamento del suo impianto produttivo in Nord America, ad Abbeville in South Carolina. L’investimento ammonta a 25 milioni di dollari.

La italiana Lumson, azienda produttrice di imaballaggi per l’industria cosmetica in provincia di Cremona, ha aperto una filiale commerciale negli Stati Uniti nello stato del New Jersey, ed avrebbe in programma di realizzare un investimento produttivo.

Il gruppo italiano Sogefi, leader mondiale nella componentistica per autoveicoli, e lo Stato della West Virginia, hanno annunciato l’espansione delle operazioni della Sogefi USA in WV con la realizzazione di un nuovo stabilimento per la produzione di filtri. Lo stato della WV supportera' finanziariamente l'investimento e la Sogefi investirà 7 milioni di dollari. Il nuovo impianto produrrà filtri per diesel e olii, destinati alla Ford Motor Co., Toyota, Nissan, Mercedes, BMW e Mazda. Il nuovo sito, che si prevede sarà operativo per la fine del 2009, affianchera' quello di componenti per sospensioni gia' operativo nel parco Industriale di Prichard, nell’area di Huntington, dal 2004, e aggiungerà 65 nuovi posti entro il 2010, ai 90 già attivi nella fabbrica per sospensioni. Il nuovo impianto, porta l’investimento totale della Sogefi in WV a circa 27 milioni di dollari.

La gia’ citata Brembo, una delle piu’ importanti aziende italiane attive nel settore automobilistico, e gia’ presente in USA in vari Stati americani, ha deciso di trasferire il proprio quartier generale per gli Stati Uniti (Brembo North America) nel Michigan, e precisamente a Homer. L’investimento della Brembo nel Michigan e’ stato anche favorito dagli incentivi fiscali che lo Stato ha garantito alla azienda italiana, un credito fiscale valutato per circa 3,5 milioni di dollari in 10 anni. La decisione di ampliare gli stabilimenti e di centralizzare la direzione tecnica e commerciale ad Homer e’ stata anche favorita dalla vicinanza con le piu’ importanti aziende automobilistiche presenti a Detroit.

Il GRUPPO FERFINA-CONDOTTE D’ACQUA, una delle piu’ importanti aziende italiane di costruzioni attiva in numerosi settori (infrastrutture) dopo una ventennale presenza in USA ha deciso, nel 2008, di rafforzare ulteriormente i propri investimenti, in particolare a Miami, attraverso la sua controllata Condotte America.

Finmeccanica, attraverso la sua controllata AgustaWestland di Filadelfia, ha inaugurato una nuova ala dello stabilimento produttivo dove verra’ assemblato l’elicottero biturbina AW139. Si tratta di un rafforzamento ulteriore della presenza del gruppo negli USA, che vanta oltre 2000 dipendenti (aprile 2008).

Una societa’ italiana, la H-Farm, incubatore di imprese con sede in Veneto, a Treviso (localita’ Ca’ Tron), ha aperto una sede a Seattle, negli Stati Uniti, la H-Farm USA, che avra’ l’obiettivo di facilitare l’ingresso delle aziende italiane sul mercato americano e viceversa. Si tratta di una presenza anomala di una azienda italiana negli Stati Uniti ma che rivela un importante aspetto: l’importanza della collaborazione nel capitale di rischio per la nascita di nuove imprese.

La Tecnospot di Brunico, azienda attiva nel settore fotovoltaico, ha aperto una sede in California.

Pirelli ha deciso di ampliare il proprio stabilimento produttivo di Rome, in Georgia, con un investimento di 15 milioni di dollari, ed ha inoltre stabilito un accordo con uno dei piu’ importanti gruppi attivi nella fotonica, la statunitense Cyoptics, per l’integrazione della Ptg Photonics (societa’ fotonica di Pirelli) in Cyoptics e per un investimento di circa 20 milioni di dollari.

La Funambol, azienda di consulenza italiana per l’avvio di progetti high-tech, ha aperto una sede a Redwood, in California, dove impiega circa 25 persone. Come la H-Farm, Funambol, con il suo Gymnasium, vuole essere una “palestra” per le strart-up hight tech italiane che intendono stabilirsi e reperire capitali di finanziamento nella Silicon Valley. Si tratta di un caso di particolare interesse, che testimonia una presenza italiana in uno dei settori piu’ innovativi e dinamici, e che permettera’ ai nostri ingegneri di dimostrare il loro valore proprio nella patria delle tecnologie piu’ innovative e dell’high-tech. Tale presenza, poi, potra’ generare a sua volta investimenti statunitensi in Italia, che garantirebbero lo svolgimento di attivita’ di R&S nel nostro Paese.

Parmacotto ha aperto a New York “Salumeria Rosi”, con un investimento di circa 5 milioni di dollari. Parmacotto intende investire ancora in USA e creare una rete di locali per la ristorazione italiana di qualita’.

La Euroimpianti di Schio (Vicenza) ha acquisito la texana C&D Robotics, che produce sistemi automatizzati per le aziende produttrici di prodotti agroalimentari e per l’igiene personale.

La Bracco ha effettuato un ulteriore investimento in USA attraverso la controllata Acsi che ha inaugurato una nuova sede in Minnesota e che conferma il grande potenziale e la fiducia della azienda italiana nei suoi investimenti in USA.

L’ENEL, tramite la sua controllata ENEL North America, ha completato un progetto eolico in Texas che vede l’impianto di 21 turbine eoliche montate su altrettante torri. Si tratta del primo di una serie di parchi eolici in USA che diverranno operativi nel corso del 2009. L’ENEL, con una presenza importante in USA, come gia’ evidenziato sopra, e’ stata attirata ad investire grazie soprattutto agli incentivi per le fonti rinnovabili e dalla possibilita’ di sfruttare il proprio know-how in un campo dove, con 20mila megawatt di impianti, vanta la leadership mondiale.

Nel 2009, l’investimento italiano in USA che ha naturalmente richiamato l’attenzione di tutti i media italiani e statunitensi, dando enorme risalto al nostro Paese, e’ stato quello della FIAT, che ha acquisito il controllo della Chrysler. L’acquisizione non ha tuttavia comportato alcun esborso monetario da parte della FIAT stessa che, in cambio del controllo dell’azienda USA, ha messo a disposizione la sua tecnologia ed il suo know-how. Con questo accordo la FIAT intende produrre auto verdi e motori ibridi negli Stati Uniti e agevolare l’approdo di alcuni modelli Alfa e Fiat, compresa la 500.

E la presenza della Fiat negli Stati Uniti potra’ certamente trainare anche altre aziende italiane ad investire nell’area di Detroit. Tra queste ci sarebbero la Comau e la Magneti Marelli.

La FIAT non e’ stata la sola azienda italiana a stabilire una presenza importante sul mercato statunitense, a dimostrare che la crisi finanizaria puo’ anche rappresentare una ottima opportunita’ di di investire per le aziende italiane in USA:

Natuzzi ha annunciato l’apertura del suo primo stabilimento produttivo negli USA dopo quelli in Brasile, Cina e Romania.

Il Gruppo Brevini, di Reggio Emilia, oltre a spostare il suo quartier generale in USA da Chicago a Munice, nell’Indiana, ha annunciato che intende realizzare uno stabilimento produttivo per ingranaggi per turbine destinate alla produzione di energia eolica, per un investimento stimato di 62 milioni di dollari.

Il Gruppo Carraro ha inaugurato un impianto di produzione di macchinari e parti per turbine a vento a Virginia Beach, in Virginia. L’investimento previsto e’ di 8 milioni di dollari e 35 posti di lavoro.

L’ENI, che ha gia’ realizzato acquisizioni di grande importanza in USA, ha stretto un accordo con l’M.I.T. di Boston con l’obiettivo di mettere in atto progetti di ricerca congiunti per lo sviluppo dei pannelli solari del futuro. Nei prossimi cinque anni l’ENI investira’ 50 milioni di dollari in questo accordo cercando nuove tecnologie per l’energia solare e non solo. Il protocollo di intesa con l’M.I.T. prevede anche lo studio di nuove tecnologie per la ricerca di nuovi giacimenti petroliferi e del metano sui fondali marini, la ricerca nel settore della cattura dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera, l’evoluzione in chiave sostenibile dei sistemi di trasporto su gomma e l’analisi sui cambiamenti climatici. Sara’ pero’ il solare l’area in cui il MIT ed Eni concentreranno le porprie energie congiunte nel quadro di un programma chiamato Solar Frontiers Research, che vede un investimento di 25 milioni di dollari da parte Eni per l’intera durata del programma.

Di nuovo l’ENEL, dopo l’eolico, continua a cresecere in USA nelle energie rinnovabili con la realizzazione di due centrali per la produzione di energia geotermica nel Nevada. Gli impianti sono stati costruiti utilizzando tecnologia italiana sviluppata dall’ENEL a Larderello, in Toscana, dove da moltissimi anni si sfrutta il calore dei gas sprigionati dal sottosuolo profondo per produrre energia elettrica.

Campari, dopo l’acquisizione della Cabo Wabo, ha comprato per 433 milioni di Euro (575 milioni di dollari) l’azienda USA produttrice di whisky Wild Turkey.

La Costech Int., di Milano, realizzera’ in Florida un impianto per la produzione di energia – gas e petrolio - da vecchi pneumatici con un sistema brevettato che permette di separare l’acciaio dalla gomma. Un altro esempio di eccellenza italiana nel settore delle energie rinnovabili.

La Tod’s (Diego Della Valle) e’ entrata nel capitale della catena di grandi magazzini Saks Fifth Avenue per un investimento di circa 30 milioni di dollari. La azienda italiana e’ il secondo investitore dopo il messicano Slim, con una quota del 5,9% del capitale nell’azienda statunitense.

Interessante, poi, l’investimento realizzato, sempre nel corso del 2009, dalla Firenze Seta Srl, che ha aperto “virtualmente” in USA una boutique on line per la vendita dei grandi marchi di lusso italiani – .

Reale e’, invece, il negozio Armani aperto sulla Fifth Avenue a New York il 18 febbraio, che ha visto un investimento da parte del designer italiano di circa 5 milioni di dollari.

ANSALDO e’ in fase di trattativa con la WESTINGHOUSE per la fornitura al Governo americano di tecnologie necessarie alla costruzione di centrali nucleari in USA di terza generazione.

La Pierrel, storica azienda farmaceutica con sede in provincia di Caserta ha acquisito per due milioni di Euro la statunitense Encorium (Penssylvania) che permettera’ alla Pierrel di entrare nel mercato americano.

La Siapi, produttrice di apparecchiature per la lavorazione dei contenitori in pet con sede in provincia di Treviso, ha aperto una sede per la distribuzione e vendita dei propri prodotti ad Atlanta, in Georgia.

E sempre ad Atlanta ha aperto nel 2009 la propria sede di vendita e di assistenza per gli USA la cremonese Tecnoweb, produttrice di macchine per fazzolettini umidificati.

La Finsomac, distributore vicentino di macchine utensili realizzate da Livio Campana, ha costituito, in partnership con la statunitense Venture USA, la societa’ Cy Laser con sede a Chicago. La Cy Laser si occupa di distribuire in tutti gli Stati USA le macchine da taglio per lamiere dotate di una tecnica rivoluzionaria (laser generato con fibre ottiche).

Lo studio di ingegneria Mecapron di San Mauro Torinese, specializzato nella progettazione e realizzazione di motori e trasmissioni auto, ha aperto un ufficio commerciale a Plymouth, nelle vicinanze di Detroit.

La societa’ farmaceutica Sigma Tau ha acquisito per 300 milioni di dollari l’americana Enzon, azienda produttrice di farmaci biotech, con sede a Bridgewater (New Jersey), quotata al Nasdaq.

Sempre sulla scia della Fiat, un’altra azienda italiana, la Meccanotecnica Umbra di Campello sul Clitunno (Perugia), specializzata in guarnizioni per le pompe degli impianti di raffreddamento, ha acquisito negli Stati Uniti una societa’ texana che controlla un impianto in Messico.

La Landi Renzo, societa’ italiana attiva nel settore dei sistemi alternativi di alimentazione gpl e a metano per autotrazione ha annunciato l’apertura di una filiale in California. La Landi Renzo Corporation USA si occupera’ di seguire il mercato statunitense e di monitorare le opportunita’ in vista dei progetti dell’amministrazione Obama per la riconversione delle flotte pubbliche all’alimentazione con gas naturale.

La Biocell di Busto Arsizio ha aperto una sede/laboratorio a Medford (Boston), dove attivera’ un servizio per la conservazione delle cellule staminali prelevate dal liquido amniotico delle donne in gravidanza.

La Weighpack di Goito, in provincia di Milano, ha aperto uno stabilimento produttivo in Virginia per il confezionamento dei farmaci.

La Lamborghini ha inaugurato a fine 2009, in partnership con la University of Washington e la Boeing, un centro sulla ricerca e sul design aerospaziale a Seattle.

Tali numerosi casi confermano, anche in un periodo di profonda crisi, il fermento e la vitalita’ delle aziende italiane, che, come gia’ e’ stato sottolineato, hanno potuto acquisire aziende USA grazie ad un dollaro particolarmente debole nei confronti dell’Euro. E’ da notare, infatti, come, oltre a casi di aziende importanti, anche le imprese medie e medio-piccole stiano finalmente scoprendo quanto è essenziale investire all’estero e che per crescere non basta piu’ solo esportare ma occorre sempre piu’ diventare multinazionali.

E non va trascurata la presenza italiana negli Stati Uniti di aziende che hanno investito grazie anche ad una partecipazione finanziaria della Simest, l’agenzia italiana che promuove gli investimenti italiani all’estero. Secondo l’ultimo bilancio Simest disponibile, al 31 dicembre 2008 quest’ultima aveva in portafoglio 15 partecipazioni in societa’ statunitensi insieme con aziende italiane tra cui si citano Poliform USA, Amplifon, Alenia North America, Emilamerica, Marangoni Tread North America.

Nel 2009, inoltre, la SIMEST ha approvato piu’ di 40 progetti negli USA, con uno stanziamento superiore a 80 milioni di Euro a fronte di investimenti complessivi per oltre 600 milioni di Euro.

A conclusione di questo “excursus” sulla presenza italiana in USA, si riportano i piu’ recenti casi di aziende italiane che si sono aggiudicate importanti commesse negli Stati Uniti:

Finmeccanica si è aggiudicata l’appalto per la fornitura del C-27J Spartan, aereo da trasporto tattico realizzato da Alenia Aeronautica in consorzio con Boeing per l’esercito e l’aviazione militare USA. La commessa prevede la fornitura di 207 aerei nell’arco di dieci anni per un valore stimato di circa sei miliardi di dollari.

Prysmian (ex Pirelli Cavi) si è aggiudicata una commessa del valore di 125 milioni di dollari per la realizzazione di un collegamento sottomarino tra Pittsburg, CA e San Francisco. La societa’ appaltatrice è la Trans Bay Cable, controllata dalla statunitense Babcock & Brown.

Eurotech si e’ aggiudicata attraverso la propria controllata USA Applied Data Systems (ADS), una commessa per il valore di 930mila dollari per la fornitura di nanoPC alla americana AutoMrak, produttrice di sistemi informatici per permettere ai disabili di votare.

La stessa Eurotech, sempre tramite la controllata ADS si è poi aggiudicata un appalto in USA del valore di 6 milioni di dollari per la produzione di un sistema funzionale al settore dei trasporti.

E, nel corso del biennio 2008/2009:

La Impregilo si è aggiudicata una commessa da 447 milioni di dollari a seguito di una gara indetta dalla Southern Nevada Water Authority (Snwa) che prevede la realizzazione di un articolato sistema di prelievo e trasporto delle acque del Lake Mead, uno dei piu’ grandi laghi artificiali del Nord America, situato a circa 30 chilometri a sud-est di Las Vegas (Nevada). L’obiettivo dell’opera è aumentare la fornitura di acqua per usi potabili e domestici dell’intera area urbana di Las Vegas. La Snwa è una societa’ pubblica che gestisce i servizi idrici per una popolazione di circa due milioni di persone.

La Gtech (Lottomatica) ha vinto una gara per la fornitura di servizi integrati alla Lotteria di New York per un valore stimato di 550mila dollari in sette anni.

La gia’ citata Eurotech (sede USA), ancora, si è poi aggiudicata una commessa per la fornitura di nanopc alla americana Dynavox del valore di 6 milioni e mezzo di dollari. I nanopc verranno utilizzati per permettere ai soggetti affetti da gravi patologie come l’autisno, la Sla, le paralisi o gli ictus di trasformare in parole anche semplici gesti, soffi o battiti di ciglia.

Il team composto dalla statunitemse Lockheed Martin e dalla italiana e-Geos (Telespazio, Finmeccanica) si e’ aggiudicato un contratto del valore fino a 85 milioni di dollari da parte della National Geospatial-Intelligence Agency (Nga) per la fornitura di dati, prodotti e servizi ottenuti dai satelliti CosmoSkyMed. Il contratto prevede che le immagini acquisite dai satelliti italiani Cosmo-Sky-Med saranno fornite da Lockheed Martin ed e-Geos alla Nga per sviluppare una vasta gamma di applcazioni richieste dal governo statunitense.

Individuazione delle aree di intervento

Valutazione della penetrazione commerciale dei prodotti italiani sul mercato locale

Il rafforzamento ed il consolidamento della presenza commerciale ed economica dell’Italia negli USA ha tra gli obiettivi prioritari:

1) l’incremento dell’attuale quota di mercato, nel 2009 posizionata all’1,7% del totale delle importazioni USA, dopo essere stata fino al 2003 al di sopra del 2%;

2) un più intenso flusso di investimenti diretti bilaterali, collaborazioni industriali, cessioni di know-how e scambi di tecnologia;

3) la valorizzazione della collaborazione scientifica, tramite il censimento e l’organizzazione della comunità scientifica italo-americana.

La quota di mercato dell’Italia, 12mo Paese fornitore degli USA, deve essere migliorata. Ciò significa che essa deve essere monitorata costantemente, ma soprattutto sostenuta con incisive azioni promozionali di ampio respiro per creare positivi contesti di riferimento per le imprese. Il saldo attivo della bilancia commerciale bilaterale rappresenta un segnale indubbio di una forte capacità di penetrazione commerciale delle aziende italiane ancora lontana dall’aver raggiunto il suo potenziale.

Allo stesso tempo, tale penetrazione risulta ancora abbastanza limitata ad una gamma di prodotti, che, per loro natura, risentono maggiormente dell’effetto prezzo generato dalle fluttuazioni dei corsi di cambio e del conseguente rischio di sostituzione con forniture da parte di Paesi con costo di manodopera piu’ basso.

Occorre pertanto allargare sempre più la gamma degli acquirenti del “Made in Italy”, indicando i fattori distintivi della qualità, dell’innovazione e del design come plus soprattutto rispetto ai prodotti di altri Paesi concorrenti dell’UE, oltre al Giappone, Cina, Corea del Sud e Taiwan.

Va perseguita una strategia volta ad ampliare la sfera territoriale delle iniziative per avvicinare sempre più i consumatori di aree meno raggiunte dai prodotti italiani (quali quelle del Southwest, Midwest e West degli USA, così come del North East), anche attraverso l’accesso a basi commerciali e distributive solide e durature in aree in forte crescita.

Effettuare operazioni di scouting commerciale e soprattutto promozionale in tali Stati non significa abbandonare la strategia di presenza commerciale e promozionale nelle aree di tradizionale presenza del “Made in Italy” (Stati dell’Est, Florida, California ed Illinois).

In un mercato maturo, ma non saturo, e fortemente concorrenziale, quale quello americano, gli esportatori italiani dovranno intensificare le iniziative di investimento “commerciale” e di “comunicazione” rafforzando quindi la propria presenza sul mercato con consolidate basi logistiche. Gli interventi mirati di promozione commerciale e gli strumenti messi a disposizione delle imprese italiane (es. L.394/81) sono finalizzati al raggiungimento di tali obiettivi. Data la vastità e diversità del territorio USA, la presenza aziendale stabile sul territorio è essenziale per una penetrazione capillare e continuativa e per il consolidamento e l’incremento delle quote di mercato acquisite.

Di notevole risalto - nella strategia tendente ad accrescere la presenza commerciale dell’Italia negli USA - è l’attività a sostegno della meccanica strumentale italiana che, pur con molte punte di eccellenza, ancora soffre nel confronto con alcuni partners dell’UE e soprattutto viene sempre più insidiata dalla concorrenza di Paesi, quali la Corea, Taiwan e la Cina. Il “Progetto Promozionale Meccanica Strumentale - Machines Italia ”, costituito da azioni di comunicazione e di marketing rivolte al mercato USA (oltre che a Canada e Messico), è un ottimo ed efficace strumento di intervento sui “decision makers” nell’acquisto di macchinario. Nuovi interventi di promozione della tecnologia italiana sono in fase di pianificazione e vedono la meccanica strumentale quale comparto di eccellenza e di punta dell’offerta italiana.

Nel corso del 2009, poi, nel quadro della Promozione straordinaria nei Paesi NAFTA voluta dal Ministero per il Commercio Internazionale, e avviata gia’ nel 2007, sono stati realizzati in USA eventi di immagine di forte richiamo, quali: la campagna stampa sui media statunitensi che ha gia’ visto quale testimonial d’eccezione dell’Italian Lifestyle l’attrice Isabella Rossellini, le azioni presso Department Stores e Centri Commerciali di fascia elevata, oltre ad una serie di azioni in collaborazione con i principali tramiti distributivi americani.

Valutazione degli investimenti diretti da e verso l’Italia

Il livello di investimenti reciproci e di collaborazioni industriali tra Italia e Stati Uniti appare certamente inferiore alle potenzialità esistenti, L’incremento dei flussi di investimento USA/Italia ed Italia/USA resta quindi tra i principali obiettivi di riferimento delle azioni messe in atto dalla Rete ICE e da quella diplomatico-consolare.

In particolare, la presenza di imprese e di investitori statunitensi in Italia va ulteriormente incentivata e promossa in linea con quanto realizzato gia’ da ormai qualche anno. L’ICE, attraverso i due Desk Investimenti presenti negli USA (a New York ed a Los Angeles), infatti, opera come “front office” sul territorio con l’obiettivo di stimolare l’interesse degli operatori statunitensi dei vari settori target nei confronti dell’Italia attraverso azioni di scouting messe in atto nelle occasioni di incontro e di networking cui prende parte in maniera diretta ed indiretta.

L’attivita’ che i Desk Investimenti dell’ICE di New York e di Los Angeles hanno condotto e continueranno a condurre in futuro al fine di attrarre investimenti dagli Stati Uniti in Italia, prendera’ forma in diverse tipologie di azioni quali innanzitutto la partecipazione ed eventi fieristici o convegni di grande richiamo - tra cui la fiera BIO 2010 che avra’ luogo a maggio a Chicago – in occasione delle quali, oltre alle attivita’ piu’ tradizionali, verranno altresi’ messe in atto azioni di scouting nei confronti degli investitori nei settori target delle bio e delle nanotecnologie. A completamento di tali eventi, il desk di New York partecipera’ attivamente ad eventi che, ancorche’ di minore richiamo, garantiscono tuttavia una visibilita’ all’Italia e alle eccellenze italiane in questi ambiti (bio e nanotecnologie). Tra questi eventi si ricordano la BIO CEO & Imvestor Conference, che si svolge ogni anno a New York nel mese di febbraio presso il prestigioso Marriott Marquis di Times Square, e la convention della New York Biotech Association, che ha luogo anch’essa a New York in primavera.

Tra le altre tipologie di azione messe in atto dai desk investimenti USA e volte ad attirare l’interesse degli investitori verso il nostro Paese, si ricorda la realizzazione e distribuzione a cura del desk di Los Angeles delle newsletter specializzate sulle bio e nanotecnologie (Bio e Nano Insider).

Anche gli IDE italiani in USA vanno altresi’ sostenuti ed incentivati per permettere alle nostre “multinazionali di nicchia” di conquistare efficienza produttiva e, soprattutto, di servire da vicino mercati e clienti sofisticati e dalle caratteristiche assai diversificate.

A tale riguardo l’ICE, in collaborazione con la rete diplomatico-consolare, sta pianificando una collaborazione con SIMEST, al fine di realizzare azioni di informazione diretta nei confronti delle aziende italiane sulle opportunita’ di investimento negli Stati Uniti e sui meccanismi di incentivazione messi in campo dai vari Stati per attrarre investimenti sul loro territorio. L’informazione sistematica alle aziende attraverso strumenti quali l’invio di una newsletter elettronica, l’aggiornamento della Guida agli Investimenti in USA per le aziende italiane, insieme con la possibilita’ di avere, come partner finanziatore, la stessa SIMEST, potranno certamente contribuire ad incrementare quella presenza italiana che, da un censimento informale realizzato dalla rete degli Uffici ICE in USA, ammonta a poco piu’ di 1000 aziende.

Valutazione delle potenzialità di cooperazione commerciale ed industriale nei settori ad alto contenuto tecnologico

Sempre maggiore attenzione dovrà essere rivolta alla promozione delle tecnologie italiane in USA attraverso lo sviluppo dell’internazionalizzazione delle imprese e delle innovazioni tecnologiche e attraverso lo scambio di studenti, ricercatori e professori universitari tra Italia e Stati Uniti.

Come evidenziato nell’analisi dell’interscambio commerciale, l’Italia ha molto terreno da recuperare in questo campo, in quanto l’offerta di tecnologie italiane risulta certamente poco conosciuta negli Stati Uniti, che vedono l’Italia ancora principalmente come un Paese produttore di design, moda e di prodotti del settore enogastronomico.

Gli Stati Uniti restano il Paese che non solo è leader nell’innovazione e nella ricerca, ma è capace di portare sul mercato e di commercializzare le tecnologie innovative sviluppate nei laboratori e nei centri di ricerca non solo statunitensi, ma di tutto il mondo.

Tra le iniziative messe in atto allo scopo di incentivare e sostenere la collaborazione scientifica e tecnologica tra Italia e Stati Uniti, vale la pena menzionare l’organizzazione da parte dell’Area Formazione Internazionale dell’ICE, in collaborazione con il desk investimenti dell’Ufficio di New York, di un evento di formazione per accademici e ricercatori interessati ad esplorare possibilita’ di cooperazione e finanziamento per progetti di ricerca tra i due Paesi. L’evento, dal titolo Cooperazione Scientifica Italia-USA –Esempi e Strumenti, si e’ svolto a Boston il 24 e 25 settembre scorsi presso la Northeastern University ed ha visto la partecipazione del Prof. Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Altro significativo esempio di azione di “sistema”, che ha sempre l’obiettivo di incentivare la collaborazione scientifica e tecnologica, lo scambio di ricercatori e scienziati tra Italia e Stati Uniti, nonche’ favorire il rientro in Italia dei talenti “esportati” in USA e’ la collaborazione instaurata tra ICE, Ambasciata e ISSNAF, la Italian Scientists and Scholars of North America Foundation che vede tra i suoi membri numerosi premi Nobel ed esponenti di primo piano della “diaspora” intellettuale italiana in USA.

POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO

Barriere tariffarie

Indagini antidumping e antisovvenzioni

Le azioni antidumping e antisovvenzioni condotte da parte americana nei confronti delle industrie italiane, con particolare riguardo ai settori della siderurgia, stanno sensibilmente diminuendo. In particolare risultano in diminuzione le indagini antisovvenzioni effettuate su alcune categorie di prodotti siderurgici italiani, anche a seguito delle privatizzazioni realizzate in questo settore e delle “sunset reviews” condotte in questi ultimi anni dalle autorita’ americane con il governo italiano.

Le “sunset reviews” sono revisioni quinquennali che, a differenza delle revisioni annuali attraverso le quali il Dipartimento per il Commercio da’ alle aziende esportatrici la possibilita’ di aggiornare i dazi compensativi a loro applicati, non comportano modifiche ai superdazi applicati alle singole aziende, ma servono unicamente a determinare se la loro revoca potrebbe condurre o meno a continuazione di danno all’industria nazionale. A seconda della determinazione a cui giungono le Autorita’ americane, i dazi compensativi vengono confermati oppure revocati. Si ricorda che in questi ultimi anni sono stati revocati, a seguito di sunset reviews, i dazi antisovvenzioni per vari prodotti siderurgici quali: acciaio magnetico a grani orientati, laminati piani in acciaio inox, strisce e fogli in rotoli di acciaio inox, tubi OCTG, barre di acciaio inox.

Un problema che rimane e’ quello della metodologia applicata dal Dipartimento per il Commercio (DoC) nel calcolare i margini di dumping da sanzionare. In base a tale metodologia, definita “zeroing”, infatti, nel computo della media ponderata annuale dei prezzi non vengono considerate le variazioni in aumento dei prezzi dei prodotti soggetti a dumping; tali variazioni in aumento vengono considerate uguali a zero anziche’ essere utilizzate nel calcolo della media ponderata annuale, determinando automaticamente un maggior margine sul dumping.[8]

Dopo un ricorso da parte dell’Unione Europea per 15 specifici casi di antidumping (di cui 5 italiani), il WTO ha definitivamente condannato, il 9 maggio 2006, gli USA per l’uso di tale metodologia ed il 27 dicembre 2006 il Department of Commerce ha pubblicato nell’US Federal Register una notice con la quale accettava di modificare il sistema di calcolo, ma solo relativamente alle indagini iniziali. Allo stato attuale non è prevedibile come e quando gli USA intenderanno modificare tale sistema anche per le relative revisioni amministrative.

Per quanto riguarda invece il settore della pasta, soprattutto in sede antidumping, il 6 agosto 2009, il Dipartimento del Commercio americano aveva prospettato, nella XII revisione amministrativa preliminare antidumping, l’aumento delle tariffe applicabili ai prodotti di alcune ditte italiane esportatrici di pasta, portandole a circa il 16%.

Si rileva che secondo i dati ICE e Dipartimento del Commercio le esportazioni di pasta negli USA nel 2009 si sono attestate a oltre 110 milioni di US.

In particolare, il metodo di calcolo americano per definire il dazio medio aveva portato ad un aumento dei margini di dumping a circa il 16 per cento per le ditte italiane incluse nella menzionata Revisione. Sulla scorta delle istruzioni ministeriali e in stretta collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e l’Associazione Pastai Italiani (UNIPI), l’Ambasciata d’italia in Washington ha effettuato azioni, presso le autorità americane, tese a considerare alcuni argomenti quali il mancato adeguamento del calcolo di differenti categorie di semola, nonche’ l’iniquità della campionatura di solo due aziende (anziche’ cinque coinvolte) che avrebbe portato di fatto ad una diminuzione del suddetto margine.

A seguito di tali interventi, il 9 febbraio 2010 il Dipartimento del Commercio ha riconosciuto gli argomenti esposti adeguando il calcolo della semola, che ha prodotto una media ponderata del 12,40%, pari a circa 4 punti percentuali in meno rispetto a quella preliminarmente calcolata.

Per quanto riguarda le antisovvenzioni, nella recente XII revisione amministrativa, il Dipartimento del Commercio americano ha diminuito sensibilmente la tariffa applicata a seguito del riconoscimento delle risposte al questionario da parte delle autorita’ italiane competenti.

Importazione di gioielli dall’Italia

I forti dazi applicati dalle autorita’ doganali americane (che vanno dal 5 al 13 per cento) hanno reso la gioielleria italiana sempre meno competitiva sul mercato USA, rispetto a quella proveniente dai Paesi asiatici. Cio’ ha prodotto, in questi ultimi anni, un sensibile e costante calo delle esportazioni italiane, mettendo fortemente in crisi il comparto.

L’Ambasciata italiana a Washington e’ piu’ volte intervenuta in questi ultimi anni presso le competenti autorita’ americane per ottenere una diminuzione dei dazi, ma purtroppo senza successo. Per ottenere tale diminuzione sarebbe infatti necessario modificare la tariffa doganale, cosa estremamente difficile nel sistema attuale, oppure, in alternativa, negoziare una nuova tariffa nell’ambito del rinnovo dell’accordo internazionale sul commercio (Doha Round).

Una terza soluzione e’ stata recentemente individuata da Federorafi per far fronte alle difficolta’ dei produttori italiani di gioielleria. Federorafi ha fatto introdurre in Congresso dal Rep. Tiberi (Ohio) un emendamento al prossimo “Miscellaneous Tariff Bill” per l’inclusione di una nuova voce nel capitolo 98 dell’Harmonized Tariff System, per permettere ai produttori stranieri di gioielleria - che acquistano la materia prima negli USA - di pagare i dazi doganali sul valore del prodotto finito meno il valore del metallo prezioso contenuto nel prodotto stesso.

Per favorire l’accoglimento dell’emendamento proposto, Federorafi ha chiesto il sostegno degli importatori e dei rivenditori di gioielleria italiana, oltre che del settore minerario americano. A livello istituzionale, l’operazione (di cui non si conosce ancora l’esito) e’ stata sostenuta dall’Ambasciata italiana in Washington e dagli Uffici ICE di New York e di Los Angeles.

Difesa degli interessi dell’industria manifatturiera del Corallo Rosso.

Gli Stat Uniti hanno richiesto l’inclusione nell’Appendice II della CITES i coralli rossi della famiglia Corallidae, in occasione della Conferenza delle Parti della Convenzione di Washington sulle specie di flora e di fauna minacciate di estinzione, che si terrà a Doha dal 13 al 25 marzo 2010.

Le autorita’ italiane hanno effettuato passi presso il Dipartimento dell’Interno (DoI-US Fish and Wildlife Service) e la NOAA per sottolineare l’importanza per il sistema economico italiano del settore della lavorazione del Corallo. Esso, infatti, rischia di essere pesantemente colpito dalla prospettata inclusione a causa dell’aggravio burocratico e del rallentamento delle transazioni commerciali insostenibili per le piccole imprese artigiane del settore.

I passi hanno confermato la rigidità della posizione della parte americana. Gli Stati Uniti sostiengono che l’eventuale inserimento non rappresenta un bando del commercio ma ha l’obiettivo di favorire l’attuazione di misure volte ad assicurare una raccolta sostenibile e un commercio legale del prodotto.

In caso di inserimento nell’Appendice II, gli USA si augurano che il nostro Paese possa assumere una posizione di leadership a livello europeo per avanzare proposte e rendere efficace il quadro legislativo internazionale anche in virtù dell’esperienza maturata nel settore dall’Italia (la Regione Sardegna ha emanato una legislazione sulla pesca che ha vietato i metodi di pesca non selettivi).

La decisione di inserire o meno il Corallo Rosso nell’Appendice II della CITES sarà presa in questi giorni nel corso della Conferenza delle Parti che terra’ a Doha (13-25 marzo 2010).

Barriere non tariffarie

Indicazioni geografiche e nomi semi-generici

La tutela delle Indicazioni Geografiche e dei nomi semi-generici che identificano i prodotti italiani rappresenta una problematica complessa, sulla quale la Commissione Europea è titolare del negoziato con gli USA in ambito multilaterale (Organizzazione Mondiale del Commercio) e transatlantico (negoziati UE-USA sul commercio del vino).

Pur nei limiti posti dalla competenza comunitaria in materia, in considerazione dell’importanza dell’esportazione dell’industria agro-alimentare italiana in USA, la rete diplomatico-consolare, d’intesa con l’ICE, segue con particolare attenzione la tutela delle Indicazioni Geografiche e dei nomi semi-generici di origine italiana. Ciò, anche con specifico riferimento alla problematica posta dalla diffusa presenza, sul mercato USA, di prodotti che utilizzano impropriamente nomi ed indicazioni geografiche italiane (cd “agropirateria”). Secondo stime di settore, solo 1 dollaro su 10 spesi in tali prodotti va effettivamente a produttori italiani. Negli USA i nomi più utilizzati sono: Chianti, Marsala, Asiago, Gorgonzola, Grana Padano e Parmigiano/Parmesan oppure piu` generiche ma non meno ingannevoli etichettature, come ad esempio “Italian Salami”, “Prosciutto Daniele” o “Italian sweet red onions”, “organic creamery parmesan cheese”. Ad utilizzare tali nomi sono spesso produttori locali di origine italiana. Le multinazionali alimentari per parte loro commercializzano prodotti definiti italiani ma in realta’ estranei alla nostra tradizione (come ad esempio “la mozzarella grattuggiata Italian style”).

La questione delle Indicazioni Geografiche e’ stata nuovamente sollevata da parte italiana nei confronti dell’US Department of Agriculture, del Department of Commerce e dell’USTR (United States Trade Representative) in occasione delle visite a Washington dell’ex Ministro per le Politiche Agricole Paolo De Castro (dicembre 2006), dell’ex Ministro per il Commercio Internazionale Emma Bonino (gennaio 2007), nonche’ dell’ex Ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani (febbraio 2007).

Dopo oltre venti anni di negoziazioni, il 14 settembre 2005 e’ stato concluso il negoziato sul vino tra Bruxelles e Washington. Il testo dell’Accordo, in forma di scambio di lettere fra l’Unione Europea e gli Stati Uniti sul commercio del vino, è allegato alla decisione del Consiglio del 14 Novembre 2005 (2005/798/EC). L’Accordo è stato firmato a Londra il 10 marzo 2006. Si è trattato di un accordo di “prima fase”, che impegnava le parti ad avviare nuovi negoziati entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore. La seconda fase e’ stata infatti avviata all’inizio di giugno dello stesso anno e prevedeva, tra l’altro, l’inizio delle trattative sulle Indicazioni Geografiche.

Gli elementi principali della prima fase dell’accordo sono stati i seguenti:

negli Stati Uniti alcune denominazioni di vini europei (Burgundy, Claret, Chablis, Champagne, Chianti, Malaga, Marsala, Madeira, Moselle, Port, Retsina, Rhine Wine Hock, Sauterne, Haute Sauterne, Sherry e Tokay), sono considerate semigeneriche. In virtù dell’accordo, il loro uso sarà limitato negli Stati Uniti, i quali si adopereranno per modificare lo status giuridico di tali denominazioni e riservarne l'uso sul mercato statunitense ai soli vini originari della Comunità;

sono accettate le pratiche enologiche esistenti negli Stati Uniti e non coperte da deroghe comunitarie, ma gli Usa potranno esportare i vini ottenuti in base a tali pratiche solo dopo aver modificato lo status giuridico dei nomi semigenerici. Le nuove pratiche enologiche degli Stati Uniti saranno valutate e accettate nell’Unione Europea soltanto se non saranno sollevate obiezioni. Non si tratta di un riconoscimento reciproco;

i vini comunitari sono esentati anche dalle prescrizioni statunitensi in materia di certificazione del 2004;

gli Stati Uniti e l’UE hanno convenuto di adoperarsi per risolvere eventuali contenziosi bilaterali attraverso consultazioni bilaterali informali anziché facendo ricorso a meccanismi formali di composizione delle controversie.

Il 20 dicembre 2006 e’ stato firmato dal Presidente Bush il “Tax Relief on Health Care Act 2006”, nella cui Section 422 e’ stato inserito il provvedimento relativo al cambiamento dello stato giuridico dei 17 nomi semigenerici. Con tale provvedimento, tuttavia, gli americani hanno “grandfathered” i COLAs (Certification of Label Approval) esistenti ed approvati fino al 10 marzo 2006, permettendo cosi’ ai produttori americani in possesso di COLA la continuazione dell’uso di tali nomi sia per il commercio sul territorio nazionale che in Paesi terzi, esclusi ovviamente gli Stati membri dell’Unione Europea. Le condizioni dell’accordo fra US e UE per il commercio del vino di fatto diventano applicabili unicamente alle richieste di COLAs introdotte al TTB (Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau) in data successiva al 10 marzo 2006.

Le trattative per la seconda fase dell’accordo si trovano ad un punto di stallo. Tra i numerosi temi in discussione figurano la richiesta da parte europea dell’eliminazione dei “grandfathered COLAs”, cosa politicamente inaccettabile per gli USA, e da parte di questi ultimi l’eliminazione dei sussidi al settore vitivinicolo europeo.

Sicurezza prodotti importati

A seguito delle recenti preoccupazioni sorte in connessione con le importazioni di prodotti “non sicuri” destinati all’alimentazione umana e animale, e di altri prodotti di consumo, l’Amministrazione americana ha creato un Interagency Action Plan on Import Safety ed un separato Food Protection Plan della FDA per affrontare il problema della sicurezza sia per i prodotti importati che domestici.

Per quanto riguarda in particolare l’alimentazione umana e animale (food and feed), entrambe regolamentate dalla FDA, una serie di misure potrebbero essere prese a breve termine (2008-2009), tra cui: tassa d’importazione, rinnovo ogni due anni della registrazione presso la FDA di tutti gli stabilimenti; certificazione obbligatoria per cibi ad alto rischio (sulla base degli stabilimenti o dei Paesi di provenienza), partecipazione a programmi volontari di certificazione che faciliterebbero il processo di importazione, indicazione in etichetta del Paese di origine, ecc.. E’ inoltre in preparazione un testo di legge che, tra l’altro, darebbe alla US Consumer Product Safety Commission (CPSC) l’autorita’ di bloccare le importazioni ogni qual volta avrebbe ragione di credere che il prodotto da importare non e’ conforme agli standard americani di sicurezza.

L’impatto degli eventuali nuovi provvedimenti sugli operatori economici europei e’ al momento strettamente monitorato dalla Commissione Europea.

Indicazione del Paese di origine (Country of Origin Labeling “COLA”)

Dal 30 settembre 2008 e’ entrato in vigore l’obbligo dell’indicazione del Paese di origine su una serie di prodotti, quali: carne di manzo e di vitello, di agnello, di maiale, di pollo e di capra, prodotti agricoli deperibili, ginseng, nocciole, noci pecans e macadamia (per i pesci di allevamento, molluschi e crostacei tale obbligatorieta’ e’ gia’ in vigore dal 2004). Il Country of Origin Labeling interessa tutti coloro che sono coinvolti nella fornitura e nella vendita al dettaglio dei suddetti prodotti.

Il mancato rispetto del disciplinare di produzione, da parte di alcuni produttori italiani che esportano negli USA, comporta la violazione della legge sull’etichettatura dei prodotti (COLA Conformity of Label Act). Tale normativa impone una conformità tra etichetta e prodotto in vendita che negli USA rappresenta la pietra angolare del sistema di tutela del consumatore.

Misure sanitarie e fitosanitarie

In materia agricola, numerose sono le barriere di carattere sanitario e fitosanitario. I maggiori problemi si riscontrano nel commercio di prodotti animali, tra cui il divieto d’importazione di carne bovina dall’Europa e di altri prodotti non cotti. Si pensava che gran parte di questi problemi sarebbero stati risolti con l’applicazione dell’Accordo Veterinario del 20 luglio 1999 attraverso il riconoscimento delle equivalenze degli standard sanitari, ma fino ad ora non si sono registrati reali progressi. Tale Accordo è in fase di rinegoziazione.

Per quanto riguarda i prodotti vegetali, gli USA permettono l’importazione soltanto di alcune categorie di prodotti ortofrutticoli dall’Italia (v.elenco prodotti e relativi trattamenti e requisiti richiesti in

Per approfondimenti sui principali programmi e attivita’ di competenza dell’APHIS in materia fitosanitaria, vedi

c) Ritorsioni commerciali – contenziosi in ambito wto

Difesa dell’acqua minerale italiana dall’imposizione di dazi proibitivi.

Il 15 gennaio 2009 il precedente Capo dell’USTR, Susan Schwab, ha notificato l’avvio della procedura denominata “carouselle” la quale prevedeva l’applicazione di dazi aggiuntivi (tra il 100% e il 300%) su una lista di prodotti europei, tra cui le acque minerali italiane. Il potere di applicazione di sanzioni da parte statunitense deriva da una decisione assunta dal Panel dell’OMC (1998) che stabiliva l’incompatibilità’ con lo statuto dell’organo ginevrino dell’embargo applicato dagli Stati membri dell’UE sulla carne americana contenente ormoni (hormone beef). In tale decisione era inoltre riportato che Washington avrebbe potuto applicare annualmente dazi per 117 milioni di USD su prodotti agro-alimentari europei.

Al fine di scongiurare la diretta applicazione delle sanzioni che avrebbero penalizzato fortemente le aziende esportatrici di acqua minerale italiana (esportazioni 2008 oltre 100 milioni di USD), l’Ambasciata d’Italia in Washington, oltre alle forti pressioni esercitate presso l’USTR, ha promosso un coordinamento interdipartimentale sia a livello interno sia a livello comunitario per convincere la Commissione Europea a riaprire le negoziazioni per l’aumento della quota di esportazione di carne non agli ormoni americana nel mercato UE.

A seguito di tali azioni, l’applicazione di tali misure e’ stata infine scongiurata grazie all’accordo raggiunto a Bruxelles tra US e EU lo scorso maggio, e confermato nel mese di agosto, sull’esportazione di carne bovina americana (free-hormone beef)

d) Violazioni delle norme sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale

Nell’esaminare le problematiche connesse ai diritti di proprieta intellettuale negli Stati Uniti, l’attenzione deve vertere su due aspetti che permeano le relazioni commerciali fra l’Italia e gli Stati Uniti e che costituiscono due questioni spinose: l’inserimento dell’Italia nello “Special 301 Report”, anche per l’anno 2009, ed il fenomeno ricorrente dell’Italian Sounding nel comparto agro-alimentare.

Lo “Special 301” e’ un rapporto redatto dall’Office of the US Trade Representative (USTR) che elabora i dati forniti dall’IIPA (International Intellectual Property Alliance), secondo quanto previsto da una serie di clausole contemplate nel Trade Act del 1974. Lo Special 301 prende in considerazione l’operato di vari paesi, 78 nella fattispecie, sotto l’aspetto normativo e giudiziario.

Lo scopo di questo rapporto e’ quello di identificare quei paesi che, per ragioni diverse, quali la mancanza di adeguati strumenti normativi oppure la carenza di misure di enforcement, non abbiano approntato un sistema di tutela idoneo a garantire i diritti di proprieta’ intellettuale a livello internazionale. Nello specifico, con riguardo al 2009, l’Italia figura nella “Watch List”, per le problematiche connesse alla pirateria (contraffazione dei prodotti multimediali), sia virtuale che effettiva.

Le motivazioni addotte da IIPA non sembrano tener conto dei passi concreti intrapresi dalle istituzioni italiane per combattere in modo capillare ed efficace la pirateria ed i prodotti contraffatti. Prove concrete delle misure adottate sono rinvenibili nel numero di sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza che si sostanziano intorno alle 4.000 azioni di enforcement, e che hanno dato risultati tangibili quali la confisca di 2 milioni di software copiati e di 853 computer. Di ulteriore rilevanza e’ anche il fatto che le dogane italiane abbiano contribuito in maniera determinante a contenere e combattere il fenomeno in Europa, eseguendo quasi il 30% del totale dei sequestri effettuati.

Il Governo italiano, nel 2008, ha reiterato il suo impegno a contrastare il dilagare di questi atti criminosi, realizzando una conferenza a Washington, DC, avente ad oggetto la divulgazione dei dati di enforcement dell’Italia. Nel corso di tale evento, presieduto dal Prof. Masi, Delegato italiano per la proprietà intellettuale, e dal Generale della Guardia di Finanza Poletti, e alla presenza di esponenti di spicco delle varie agenzie governative statunitensi, si e’ inteso dare un segnale inequivocabile del desiderio dell’Italia di uscire dalla “Watch List” e degli sforzi profusi in tal senso.

E’ da evidenziare che nell’ottobre 2008, gli Stati Uniti hanno provveduto ad emanare una nuova legge antipirateria, il cd. Pro-IP Act 2008, che prevede pene molto piu’ severe, ma della cui applicabilita’ reale si puo’ dubitare. L’Italia ha in programma nuove azioni di intervento contro la pirateria multimediale, che comunque non possono esimersi dal tenere conto delle vigenti leggi sulla privacy, che pongono dei vincoli oggettivi alle attivita’ investigative delle autorita’ di polizia. Fra le proposte normative in Italia, si vuole menzionare il “Pachetto Scajola”, che prevede anch’esso pene piu’ gravose a carico di contraffattori e pirati informatici e che e’ gia’ stato approvato dalla Camera dei Deputati. Le raccomandazioni pubblicate dall’IIPA relative allo Special 301 del 2009 ribadiscono che il nostro Paese rimane all’interno della “Watch List”.

TUTELA DEL MARCHIO E DELLE PRODUZIONI TIPICHE

L’assenza del riconoscimento di istituto giuridico da parte degli Stati Uniti alle indicazioni geografiche per i prodotti del comparto agro-alimentare, o quanto meno la mancanza di un sistema di reciprocita’ tra la normativa comunitaria e quella statunitense e’ causa di una spinosa questione tra USA e UE, che prende il nome di Italian Sounding. Trattasi, cioe’, di quel fenomeno di contraffazione imitativa che negli Stati Uniti colpisce i prodotti italiani del comparto agro-alimentare, anche se protetti da indicazioni geografiche o denominazioni di origine secondo la normativa UE, e provoca un danno economico ai produttori italiani.

Il problema non riguarda, pero’, soltanto le evocazioni imitative dei prodotti italiani, che danno luogo sovente ad una distorsione del mercato, ma anche una sostanziale differenza nel “catalogare” lo stesso prodotto: cosi’ alcuni prodotti italiani, noti perche’ espressione del legame tra tipicita’, territorio e processo di lavorazione, negli Stati Uniti sono definiti generic o semi-generic. Inoltre, proprio il non riconoscimento di alcune peculiarita’ esclusive del prodotto, che ne costituiscono la componente di valore, contribuisce alla dimunizione del valore stesso del prodotto sul mercato. E’ opportuno segnalare che alcuni prodotti italiani DOP come il formaggio ASIAGO, non hanno ottenuto il riconoscimento del Certification Mark da parte dello USPTO (US Patent & Trademark Office), che equivale alla forma di tutela ottenuta come prodotto a denominazione d’origine protetta.

Gli Stati Uniti, anche nei contesti internazionali, come i negoziati del Doha Round, si oppongono alle richieste europee in tema di indicazioni geografiche e al concetto stesso di indicazioni geografiche protette, perche’ considerato contrastante con il loro sistema dei “trademarks”. D’altro canto, nella stessa Unione Europea la difesa delle indicazioni geografiche nei contesti internazionali e’ un argomento considerato prioritario soltanto da alcuni Paesi Membri, in particolare quelli mediterranei.

In tal senso, se una soluzione di natura giuridica appare lontana, si ritiene utile per lo meno un’azione informativa sulle aziende italiane dell’agro-alimentare sulla tutela dei propri prodotti. Al riguardo, il Desk per la tutela della Proprieta’ Intellettuale, attivo presso l’ufficio ICE di New York da oltre un anno, ha provveduto a mettere a disposizione degli operatori la normativa locale sulle indicazioni geografiche, debitamente tradotta nella lingua italiana. Questo perche’ gli Stati Uniti, pur non riconoscendo alle denominazioni d’origine un inquadramento legislativo a se’ stante, proteggono il valore intrinseco del marchio, per cui e’ sempre raccomandabile procedere alla registrazione dello stesso. Il Desk ha, inoltre, prodotto anche una guida pratica sul sistema di Proprieta’ Intellettuale per informare su costi, tempi e procedure per la concessione di marchi, brevetti e copyright.

POSIZIONAMENTO DELL’ITALIA PER CONCESSIONE DI MARCHI E BREVETTI NEGLI STATI UNITI

Dalla lettura dei dati ufficiali pubblicati annualmente dell’USTPO (U.S. Patent and Trademark Office), che e’ l’organismo statunitense delegato alla concessione di brevetti e marchi, si deduce un discreto posizionamento dell’Italia nel riconoscimento di tutela di attivita’ inventive negli Stati Uniti.

Dati statistici sui brevetti richiesti e concessi dall’USPTO a richiedenti stranieri

2004-2008

Fonte: USPTO

|Domande depositate presso l’USPTO per la concessione di brevetti |

|(2008 n.d.) |

|Paesi |2004 |2005 |2006 |2007 |

| | | | | |

|Totale |160.764 |191.060 |209.601 |187.976 |

|Giappone |63.543 | 73.250 | 76.940 | 79.725 |

|Germania |16.394 | 21.598 | 22.263 | 23.535 |

|Rep. Corea Sud | 13.388 | 16.643 | 21.963 | 23.589 |

|Taiwan |17.703 | 17.933 | 21.165 | 20.447 |

|Canada |9.035 |  9.114 | 10.243 | 10.788 |

|Regno Unito |6.679 |  8.603 |  9.127 |  9.185 |

|Francia |5.618 |  7.515 |  7.228 |  8.204 |

|Olanda | 2.291 |  3.637 |  4.098 |  4.249 |

|R.P. Cina(*) | 1.708 |  2.330 |  3.838 |  4.422 |

|Italia |2.792 |  3.685 |  3.691 |  3.832 |

(*) i dati non riguardano Hong Kong

|Brevetti registrati presso l’USPTO |

|Paesi |2004 |2005 |2006 |2007 |2008 |

| | | | | | |

|Totale |89.258 |80.245 |87.014 |89.759 |78.137 |

|Giappone |37.734 |34.079 |36.482 |36.658 |35.847 |

|Germania |11.623 |10.502 |10.083 |10.256 | 9.794 |

|Taiwan |7.376 | 6.311 | 7.356 | 7.569 | 7.424 |

|Rep. Corea Sud |4.590 | 4.811 | 5.835 | 6.882 | 8.410 |

|Regno Unito |4.047 | 3.744 | 3.978 | 4.100 | 3.882 |

|Canada |3.980 | 3.368 | 3.743 | 3.974 | 4.052 |

|Francia | 3.846 | 3.355 | 3.542 | 3.757 | 3.683 |

|Italia |2.009 | 1.706 | 1.817 | 1.791 | 1.890 |

|Olanda |1.619 | 1.268 | 1.504 | 1.594 | 1.670 |

|Australia |1.079 | 1.091 | 1.413 | 1.493 | 1.485 |

L’Italia si posiziona dopo Germania, Inghilterra, Francia ed Olanda ed e’ fra i Paesi europei che hanno inoltrato maggiori richieste per l’anno 2007. Dal 2004 al 2007, il nostro Paese registra un incremento di domande di deposito da 2.792 del 2004 fino a 3.832 del 2007.

Tuttavia, il dato effettivo sui brevetti concessi fa recuperare due posizioni all’Italia, che si attesta all’ottavo posto. In particolare, laddove si analizzino le informazioni relative a ciascuna categoria, si evince con chiarezza che il settore delle biotecnologie continua ad evidenziarsi come quello di punta, seguito dai composti organici, dalle lavorazioni di resina sintetica e gomma, nonche’ dai componenti elettronici e dai semiconduttori. Non a caso, fra le societa’ che hanno ottenuto il maggior numero di brevetti rilasciati dall’USPTO si riscontrano la Stmicroelectronics (il terzo produttore indipendente al mondo di semiconduttori), la C.R.F. Societa’ Consortile per Azioni (societa’ attiva nel campo delle nanotecnologie), la Pirelli Pneumatici, la Micron Technology (polo tecnologico di eccellenza mondiale per la produzione di dischi di silicio). Degno di nota, peraltro, e’ anche l’affermarsi di altre realta’ imprenditoriali quali la Campagnolo S.R.L., un’azienda di componenti da bicicletta che, parallelamente all’evoluzione tecnologica e stilistica, ha seguitato a brevettare nuove invenzioni e migliorie delle stesse, cosi’ come a rinnovare i propri loghi e marchi, adeguandoli alle nuove esigenze e rendendoli piu’ rispondenti ai tempi.

Per quanto attiene alle richieste di registrazione e alla effettiva concessione di marchi italiani negli Stati Uniti, sempre con riguardo al periodo preso in esame, si evidenzia un aumento delle registrazioni (come desumibile dalla tabella di cui sotto) che posiziona il nostro Paese al sesto posto fra quelli stranieri, ma con un incremento di concessioni che lo avvicina alla Francia e segnala un trend positivo in materia di protezione della titolarita’ e dell’uso di marchi commerciali italiani.

Dati statistici sui marchi richiesti e concessi dall’USPTO a richiedenti stranieri

2004-2008

Fonte: USPTO

|Domande depositate presso l’USPTO per la concessione di marchi |

|Paesi |2004 |2005 |2006 |2007 |2008 |

| | | | | | |

|Totale |46.832 |60.995 |71.551 |84.072 |60.052 |

|Germania |6.466 |8.146 |9.896 |11.455 |12.686 |

|Canada |7.365 |7.730 |8.337 |9.127 |9.614 |

|Regno Unito |5.4332 |6.273 |7.557 |9.431 |9.463 |

|Francia |2.427 |4.555 |4.843 |5.460 |6.254 |

|Giappone |4.239 |4.824 |4.705 |5.258 |4.764 |

|Svizzera |2.093 |3.346 |3.687 |4.692 |4.772 |

|Italia |1.577 |2.894 |4.057 |4.912 |4.395 |

|Australia |1.845 |2.204 |2.593 |3.685 |3.164 |

|Olanda |1.088 |1.725 |2.133 |2.367 |2.618 |

|R.P. Cina (*) |594 |1.246 |1.784 |2.364 |2.262 |

(*) i dati non riguardano Hong Kong

|Marchi registrati presso l’USPTO |

|Paesi |2004 |2005 |2006 |2007 |2008 |

| | | | | | |

|Totale |25.485 |19.968 |27.592 |27.798 |25.229 |

|Germania |2.996 | 2.583 | 3.866 | 3.708 | 4.674 |

|Canada | 3.187 | 2.917 | 3.562 | 3.168 | 4.396 |

|Regno Unito | 2.234 | 1.777 | 2.384 | 2.246 | 3.136 |

|Giappone |2.010 | 1.821 | 2.197 | 2.216 | 2.941 |

|Francia |1.642 | 1.360 | 2.055 | 2.046 | 2.638 |

|Italia |967 |   899 | 1.542 | 1.693 | 2.281 |

|Svizzera |1.078 |   932 | 1.427 | 1.345 | 1.953 |

|Australia |775 |   709 | 1.030 | 1.076 | 1.609 |

|R.P. Cina * |  358 |   364 |   697 | 1.020 | 1.601 |

g) Problematiche relative agli investimenti esteri nel Paese

POLITICA PROMOZIONALE E PROPOSTE OPERATIVE DI INTERVENTO CONGIUNTO

Mappatura delle iniziative di sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo che la rappresentanza diplomatico-consolare e l’ICE intendono realizzare nel corso del 2010

Rinviando al Piano Promozionale ICE per un’elencazione dettagliata delle iniziative che verranno realizzate nel 2010 per il mercato statunitense - tra cui numerose azioni di comunicazione, missioni di operatori in Italia, seminari ed altre tipologie di intervento - si fornisce qui di seguito un breve elenco delle principali iniziative previste nei diversi settori di competenza della rete degli Uffici ICE in USA.

Partecipazione di una collettiva di oltre 250 aziende alle due edizioni della fiera Fancy Food che si svolge a New York nel mese di luglio, e sulla costa ovest nei mesi invernali. Si tratta della fiera piu’ importante per il settore agroalimentare e che vede la realizzazione da parte dell’Ufficio ICE di New York, responsabile per il settore, di un padiglione Italia sempre molto apprezzato dai visitatori.

La partecipazione, per il settore della moda e delle calzature, alla prestigiosa Fashion Week di New York, oltre che a numerose altre iniziative di grande impatto.

La promozione del settore delle piastrelle in ceramica in USA, sempre di competenza dell’ICE di New York, prevede la partecipazione, con l’ormai noto marchio Ceramic Tiles of Italy, ed in stretta collaborazione con Confindustria Ceramica, alla fiera Coverings che si svolgera’ a Orlando, ed alla Convention annuale dell’American Institute of Architects (Miami, giugno 2010).

Per il comparto dell’artigianato e degli articoli da regalo – di competenza dell’ICE di Atlanta - e’ prevista la realizzazione di una missione di operatori USA al Macef di Milano e la partecipazione alla New York International Gift Fair di agosto.

Nell’ambito del comparto delle macchine movimento terra e dei macchinari per l’agricoltura, l’ICE di Atlanta ha in programma la partecipazione al convegno FEMA-FEWA ad Atlanta, nel novembre 2010, alla convention AED & Condex Show di San Diego (gennaio 2010) ed alla fiera World of Concrete (Las Vegas, Nevada, 12-14 febbraio) con una collettiva di aziende italiane.

L’Ufficio ICE di Chicago, responsabile per il settore della meccanica strumentale, partecipera’ all’IMTS 2010 (International Manufacturing Technologies Show (Chicago, 8-13 settembre 2010) ed alla ISSA/Interclean North America 2010 (Chicago, 7-9 ottobre). Ancora, sempre a favore delle macchine e macchinari, verranno organizzate azioni promozionali alla AAPEX 2010 (Automotive Aftermarket Products Expo) di Las Vegas (2-5 novembre 2010).

ICE Chicago, poi, organizzera’, a supporto del settore legato all’editoria ed alla diffusione della lingua italiana, l’intervento alla ACTFL, American Council on the Teaching of Foreign Languages in programma a San Diego il 20 e il 22 novembre ed alla Book Expo di New York (maggio 2010).

Per il private label, invece, e’ prevista, sempre a cura del’ICE di Chicago, la partecipazione alla PLMA 2010 (Private Label Manufacturing Association expo) a Rosemont, Chicago, dal 15 al 17 novembre.

Per la promozione della nautica da diporto e della cantieristica navale, cosi’ come del contracting alberghiero, settori seguiti dall’ICE di Miami, verranno organizzate le partecipazioni collettive di aziende italiane alla fiera Seatrade (Miami, marzo), al Fort Lauderdale Boat Show (ottobre, Fort Lauderdale) ed all’Hotel, Motel & Restaurant Show (New York, novembre).

Per il comparto della gioielleria l’ICE di Los Angeles ha in programma, oltre alla organizzazione di missioni di operatori USA ad eventi in Italia, tra cui Valenza Gioielli e Oroarezzo, la partecipazione al JA Jewelery Show di New York (ottobre 2010 e marzo 2010).

Per quanto riguarda i materiali da costruzione ed il settore lapideo, sono previsti –dall’ICE di Los Angeles- la partecipazione alla Stonexpo di Las Vegas (ottobre 2010), alla fiera Coverings di Orlando (27-30 aprile 2010), ed alla convention dell’AIA di Miami (10-12 giugno 2010).

Sempre Los Angeles, responsabile per il settore cicli e motocicli, partecipera’ alla Interbike 2010 (Las Vegas, settembre 2010) ed alla Dealerexpo 2010 di Indianapolis (13-15 febbraio 2010).

L’ICE di Los Angeles, sosterra’ la filmografia italiana al Sundance Film Festival (Park City, Utah, gennaio 2010) ed all’America Film Market di Santa Monica (novembre 2010) mentre, per il settore farmaceutico, e’ prevista la partecipazione alla Informex di San Francisco, (febbraio 2010). E’ prevista altresi’ una presenza italiana alla fiera NAB 2010 del settore ICT che si svolgera’ a Las Vegas dal 20 al 23 aprile 2010.

Per i settori innovativi delle bio e nanotecnologie l’ICE di Los Angeles ha in programma la partecipazione alla piu’ importante fiera a livello mondiale per il biotech, la BIO 2010, che si svolgera’ a Chicago a maggio 2010. Per le nanotecnologie, poi, e’ prevista la partecipazione di importanti aziende e centri di ricerca italiani alla NSTI Nanotech 2010 di Anaheim, California (giugno 2010).

Individuazione di eventi congiunti da svolgere con il concorso degli Uffici economico-commerciali, degli Uffici ICE, degli Addetti Scientifici e degli Istituti di Cultura e delle Camere di Commercio Italiane all’estero

I singoli eventi promozionali vengono organizzati secondo una logica complessa e integrata, nella quale i momenti di natura commerciale, culturale, turistica e scientifico-tecnologica sono da considerare nel loro insieme, in modo da presentare il “Sistema Paese” nella sua articolazione e ricchezza di proposte e attrattive.

Per tale ragione, i diversi soggetti che operano sul territorio USA nel campo della promozione (Uffici Consolari, Istituti di Cultura, ICE e ENIT) sono stati invitati a concentrare le singole iniziative, anche per una maggiore ottimizzazione delle risorse disponibili, ricercando sempre la possibiltà di realizzare sinergie ed eventi che rappresentino al meglio la ricchezza del Made in Italy.

Valutazioni conclusive

La crisi finanziaria ed economica ha purtroppo avuto un forte impatto sulle esportazioni italiane negli USA. Nel 2009 l’export italiano in USA e’ infatti diminuito in maniera significativa, passando dai 36 miliardi del 2008 ai 26 miliardi di dollari del 2009 (-27%).

Le importazioni dall'Italia sono diminuite in linea con il crollo dell’import USA dal mondo (-26%) e la quota italiana del mercato americano è in costante diminuzione: dal 2,09% del 2002 all' 1,7% del 2009. Storie di successo di investimenti italiani non alterano un dato ancora insufficiente per quanto riguarda la presenza di nostri impianti produttivi. A fronte di tale situazione, possono formularsi le seguenti considerazioni:

gli Stati Uniti - con un reddito nazionale superiore ai 14.250 miliardi di dollari ed un mercato interno di oltre 300 milioni di persone, con reddito medio annuo di 44 mila dollari - sono e restano di gran lunga la principale economia al mondo. L'America resta un mercato di fondamentale importanza strategica per dimensioni, centralità nel sistema economico globalizzato e capacità di traino nei modelli di consumo rispetto al resto del mondo. Al contrario, la relativa debolezza del Dollaro rispetto all'Euro può aprire nuove opportunità di investimento negli USA da parte anche dei nostri piccoli e medi imprenditori.

L’erosione della nostra quota di mercato è imputabile a fattori oggettivi, ma indica anche una debolezza strutturale del nostro mix esportativo. Se da un lato, infatti, va tenuto presente l’inevitabile impatto prodotto dall’irrompere sul mercato americano della Cina e dell’India, e l’effetto sul nostro comparto esportativo della rivalutazione dell'Euro sul Dollaro, occorre al contempo intervenire per riqualificare le nostre esportazioni nei settori a più alto contenuto tecnologico, ove minore risulta la concorrenza dei Paesi a basso costo.

Una politica di investimenti produttivi negli USA resta una strategia vincente per presidiare il mercato e seguire il prodotto anche nelle fasi di distribuzione e assistenza al cliente. Ciò vale in particolare nei settori a più alto contenuto tecnologico (i successi conseguiti nel settore aerospaziale con impianti produttivi a Charleston, Filadelfia e Jacksonville ne sono il maggiore esempio) nei quali la produzione in impianti “americani” diviene spesso necessaria anche per superare le crescenti barriere protezionistiche, ma anche per l’impatto politico positivo che esso produce nei confronti dell’Amministrazione e del Congresso USA in termini di “job creation”.

L’Ambasciata - attraverso i propri Uffici consolari e gli Istituti di Cultura - in raccordo con la rete ICE (oramai integrata con quella consolare), l’Enit e le Camere di Commercio, continua a realizzare uno stretto coordinamento tra i soggetti che operano nel campo dell’internazionalizzazione del Sistema Italia. Tale azione potrà trarre sicuro giovamento da un maggiore raccordo con le Regioni che, grazie al rapporto diretto con il territorio, costituiscono un referente importante per le aziende piccole e medie. Un più incisivo coordinamento consentirà di accrescere l’impatto dei singoli interventi promozionali e di evitare la dispersione di risorse.

A seguito del positivo svolgimento dell’importante missione, organizzata in stretta collaborazione tra Ambasciata d’Italia e ICE, compiuta negli Stati Uniti dal Ministro Scajola lo scorso settembre-ottobre, si è tenuta a Washington la prima riunione di sistema (gennaio 2010). Tale riunione ha rappresentato un significativo momento di riflessione compiuto con tutti i rappresentanti degli enti statali operanti sul territorio americano. Essa ha consentito di riaffermare la volontà di promuovere con rinnovate azioni promozionali e missioni mirate, l’eccellenza italiana in tutti i suoi settori quali quello energetico, la green economy, i trasporti e la bio-tech.

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[1] Doing Business 2010,World Bank

[2] I flussi consistono in utili reinvestiti e in investimenti in conto capitale.

[3] Le discrepanze tra i dati ufficiali statunitensi e quelli della Banca d’Italia sono ascrivibili a diversi sistemi di rilevazione

[4] Imprese a partecipazione estera (per origine geografica dell’investitore principale (nazione)

[5] International Investment and Intellectual Assets – OECD Investment Newsletter – June 2007 – Issue 4.

[6] La cifra che riporta invece il BEA relativa alle consistenze italiane in USA e’ di 15,5 miliardi di dollari.

[7] AgustaWestland, appartenente al gruppo Finmeccanica, ha propri stabilimenti a Philadephia presso i quali dal 2006 costruisce gli elicotteri AB139. Il Gruppo Finmeccanica produce negli Stati Uniti aerei ed elicotteri con stabilimenti in vari Stati, da Charleston in South Carolina, alla California al Kansas alla Pennsylvania, con una presenza industriale forte di 2.000 addetti.

[8] Per una maggiore comprensione del concetto di “zeroing”, si ritiene opportuno riportare il seguente esempio. Poniamo che una società straniera venda il suo prodotto sia sul mercato nazionale che su quello statunitense. Per sei mesi l’anno, la società vende il prodotto a $10 sul mercato nazionale e a $8 sul mercato USA e negli altri sei mesi venda il prodotto a $8 sul mercato nazionale e a $10 sul mercato USA. In media, nell’arco dell’anno, il prodotto costa $9, tanto sul mercato nazionale che sul mercato USA. Di conseguenza non ci dovrebbe essere alcuna maggiorazione di dazio. Con il metodo dello “zeroing’, invece, le Autorità americane considerano la differenza del prezzo di vendita nei primi sei mesi come dumping, e quindi applicano una maggiorazione di dazio di $2, mentre nella seconda parte dell’anno assegnano alla variazione in aumento del prezzo un margine di dazio uguale a 0 (invece di - $2). Così, invece di fare una compensazione fra il sottoprezzo ed il sovrapprezzo, con il metodo applicato negli USA la media del margine di dumping dei dodici mesi risulterà uguale a $1. Di conseguenza, le Autorità americane applicheranno a quel determinato prodotto una maggiorazione di dazio di $1.

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